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Due note di Adriano Sofri
Sulla sinistra, la libertà e le elezioni europee

Due vecchie note sulla sinistra la libertà e le elezioni europee
(inviato da Pietro Lauro)


Ven 21.30  30/05/2009          
Ripubblico due note (del 22 e del 28 marzo scorsi) in cui si argomentava per esteso la posizione che ho richiamato a proposito dell'equivoco che mi ha attribuito l'invito a votare Sinistra e libertà. Per chi, avendovi interesse, non le abbia lette allora, e per chi voglia rileggere, per continuare più motivatamente la discussione.

La sinistra, la libertà e le elezioni europee
domenica 22 marzo 2009
La corposa serie di interventi che ha velocemente seguito l'invito a discutere di sinistra e libertà ha un po' spiazzato la mia intenzione originaria. E anche frainteso, ma fruttuosamente. Avevo parlato di sinistra e libertà con le minuscole solo per distinguere dal motto appena presentato dalla coalizione elettorale di socialisti verdi sinistra democratica vendoliani e altri, che va di necessità maiuscolissimo, come tutti gli slogan. Gli interlocutori, che hanno preceduto il mio svolgimento -fb è infatti velocissimo, e si è continuamente sorpassati, e qui sta il bello rispetto allo scrivere su un quotidiano o su un mensile o in un libro o su un muro (la scrittura di fb è la più vicina alle cose scritte sull'acqua, come il nome di Keats sulla sua tomba alla Piramide, o almeno sulla sabbia che l'acqua viene a cancellare: naturalmente, la velocità non depone sempre per la solidità del pensiero, ma è un buon allenamento, e la prontezza di riflessi quando non diventa un espediente serve a tenersi al passo, e per ripensarci su c'è ancora tempo)- quegli interlocutori hanno invece qui sotto trattato più impegnativamente maiuscole e minuscole, in modi diversi e anche contraddittori. Possono avere ambedue una nobiltà, naturalmente, ed è il contesto a deciderne: benché una piccola preferenza alle minuscole vada accordata, dopo tanto scialo retorico di maiuscole sussiegose. Il dio delle piccole cose va con la minuscola, e anche le piccole virtù di Natalia Ginzburg. La libertà è minuscola, se la si veda scritta intinta nel sangue su un muro di cella -"Muoio per la libertà"- o maiuscola impressa da una mano nera di carbone su un foglio del Giornalino di Gian Burrasca -"Moio per la Libertà". Nella coalizione ex-arcobaleno (più o meno) appena imbastita, Sinistra e Libertà vanno maiuscole, come si deve alla propaganda, e alla comodità di abbreviarle in una sigla, SL. Parliamo dunque un po' di questa ennesima supposta novità politica.
Intanto, alle elezioni europee di giugno lo schieramento di centrosinistra e di sinistra arriverà, grazie alla proporzionale, con un pulviscolo di liste paragonabile a quello che fu già micidiale per le penultime elezioni politiche e la rovina del governo Prodi. Ci sarà il PD, naturalmente: al quale io faccio ancora un'amara fiducia, e senza una tenuta del quale non è pensabile in un futuro ragionevole alcun riscatto dagli odierni fasti della destra. Ci sarà il partito di Di Pietro -in senso stretto, partito patrimoniale e personale- il quale ha fatto fortuna grazie alla incredibile ingenuità di Veltroni che lo associò al PD contraddicendo l'intenzione proclamata di "correre da soli", e intanto rifiutò di associare i socialisti e prese i radicali solo come ospiti nelle liste proprie. Di Pietro, che senza quel regalo da nababbi probabilmente non avrebbe raggiunto il quorum e sarebbe restato fuori dal Parlamento, si sbrigò a mancare agli impegni e parassitò metodicamente i passi falsi o i passi mancati del Pd. Il suo partito, che considero un esemplare tipico di caudillismo populista, benché abbia raccolto un numero crescente di persone che non si trovavano più a loro agio o che non trovavano più posto nella distribuzione del Pd, infilza i fianchi della crisi del Pd come i picadores infilzano le loro banderillas nei fianchi del toro fino a umiliarlo e istupidirlo. Non so considerarlo nè di sinistra né devoto alla libertà. E' prevedibilissimo che raccolga una quota crescente di suffragi di elettori disgustati dal Pd e arrabbiati, o persuasi che dopotutto, magari in quel modo becero, Di Pietro sia uno che "le canta chiare". L'Italia dei Valori trarrà qualche suffragio anche dal composito schieramento incitato da Grillo, e che patrocinerà liste civiche nelle sole elezioni amministrative. Di Grillo penso che alcune delle cose che sostiene siano giuste, altre stimolanti, ma che il tono con cui le sostiene lui e lascia che le echeggino i suoi seguaci è così sbagliato da pregiudicarne il pregio (lo dico sommariamente per chi ha sollecitato qui un'opinione). I radicali di Pannella, del cui contributo alla vita pubblica italiana e internazionale faccio un gran conto, e che hanno leader di formato come Emma Bonino, sono stati a loro volta così miopi e distratti e messi al bando che non vedo come possano fruttuosamente partecipare alle elezioni europee. Così, dopo essere rientrati corposamente e fortunosamente nel parlamento con nove fra senatori e deputati, grazie a un'accoglienza estorta al Pd e a un concorso di circostanze elettorali come la disfatta dell'estrema sinistra, i radicali saranno per la prima volta estromessi dal parlamento europeo, che pure è per loro la tribuna più importante, anche con una rappresentanza ridotta, come nella legislatura che si chiude, all'osso di due deputati, Pannella e Cappato. Poi sarà presente la lista della mezza Rifondazione residua, non so in quale alleanza con quale Pdci. E appunto la coalizione di Sinistra e Libertà. Più le altre piccole avventure attratte dalla vanità, dalla (incerta) prospettiva del rimborso a chi tocchi il 2 per cento, dal piacere del disturbo. Ora, sebbene io non veda francamente in Sinistra e Libertà se non un cartello elettorale, nei suoi gruppi dirigenti l'eredità di una responsabilità pesantissima nella caduta e soprattutto nello sputtanamento irreparabile dell'alleanza che ha fatto sprofondare il governo Prodi, e una irresistibile mania alla divisione pratica in nome di sbandierate nuove unità teoriche, e ancora un narcisismo incontrollato e una volontà di conservazione della propria piccolissima rendita, penso che bisogni auspicare che riesca a raggiungere il quorum necessario del 4 per cento per rientrare nel parlamento europeo e nel gioco politico. Penso oltretutto che il Pd se lo sia meritato. Nelle scorse elezioni politiche, l'appello di Veltroni al voto utile -sincero, senz'altro, Veltroni ci credeva, fin troppo- è stato di fatto raccolto da una parte importante dell'elettorato di sinistra cosiddetta "radicale". L'affondamento delle sue sigle ha in realtà attenuato e occultato la portata della sconfitta del centrosinistra in genere e del Pd in particolare. Solo che dopo il Pd non ha ripagato affatto l'investimento "governativo" nel voto utile che la base di sinistra aveva fatto nelle elezioni, e tanto meno si è occupato di parlare a quell'altra consistente parte della base "di sinistra" che si era astenuta per malcontento ed esasperazione. La espulsione dal parlamento nazionale della sinistra "estrema" (e dei verdi, ridotti a una fazione striminzita e familista) era un sacrificio alto e significativo, purché venisse ricompensato da un'attenzione e una riconoscenza, un riconoscimento, da parte del Pd, che invece è sembrato ignorarlo, e offrire piuttosto la faccia del cedimento alle estorsioni teodem e al rialzo dipietrista. Quella "base" sarà ora ancora più largamente indotta all'astensione e al ripudio, o alla sirena della presunta intransigenza dipietrista, o all'occasione di un qualche recupero della costellazione di Sinistra e Libertà: dalla quale, se non altro per il nome che si è data, c'è forse da sperare in qualche resipiscenza rispetto alla vanesia irresponsabilità della stagione del governo Prodi. Se la sua scomparsa non fosse definitivamente sancita dalle europee, e se i suoi responsabili smettessero di essere irresponsabili, e per cominciare compissero davvero una seria riflessione sulla pazzia senza precedenti del modo di stare dentro il governo Prodi (quando il Berlusconi che oggi trionfa era ridotto a brontolare contro la frode elettorale, e la partita si giocava per intero con gli autogol della maggioranza, dal dipietrese De Gregorio a Mastella fino ai famosi uomini di principio, come quel bravo Turigliatto, sui cui principii è arrivato il governo delle impronte ai bambini zingari, dei medici delatori, della nutrizione forzata universale, delle ronde e dell'ottimismo) allora forse un ingrediente di una sinistra riformatrice e libertaria e ragionevolmente unitaria e un po' più disinteressata sarebbe recuperato alla partita italiana. Questo è il possibile canovaccio di una discussione su Sinistra e Libertà. Quanto a quella su sinistra e libertà, alle cose già dette da tanti qui sotto ho allegato dei miei vecchi testi, per chi ne avesse voglia.

Lettera a Giulia (e a Riccardo ) Nencini
Sabato 28 marzo 2009.
Cara Giulia Nencini, chissà se tu, che hai vent’anni, hai orecchiato la famosa domanda di Stalin: “Quante divisioni ha il Papa?” Stalin, che era un orribile tiranno e credeva solo ai brutali rapporti di forza, voleva sapere quante divisioni militari avesse il Papa, e dunque voleva dire che, disarmato com’era, il Papa era insignificante. I tiranni sono anche fessi, come mostra il fatto che, benché Stalin sia morto malamente ma nel suo letto, i suoi eredi sovietici abbiano pagato molto caro il coraggio di un Papa disarmato come Giovanni Paolo II. Ora: quante divisioni ha la sinistra in Italia? Nessuna divisione militare, grazie al cielo: Berlusconi può dormire fra due guanciali. Ma può dormire fra quattro guanciali se si mette a contare quante divisioni aritmetiche ha la sinistra. Ieri leggevo in cronaca fiorentina un comicissimo (senza volere) articoletto che elencava i concorrenti di sinistra alle elezioni comunali imminenti: Ornella De Zordo per la lista cittadina “Perunaltracittà”; Valdo Spini per la lista civica “Insieme per Firenze”; “Rifondazione comunista non sosterrà De Zordo né Spini e non è chiaro se presenterà la candidatura dell’ex parlamentare Mercedes Frias”. Trema l’accordo fra Rifondazione e PdCI. Il PdCI è spaccato sull’accordo con Renzi (vincitore delle primarie del PD). La Sinistra anche. Eccetera. Comico, ho detto: farsesco, anche.
Ora, la Sinistra e Libertà cui è impegnato il tuo ottimo padre –che sarà ancora migliore dopo essersela vista così brutta- vanta per l’appuntamento europeo un accordo unitario fra socialisti (guidati appunto da tuo padre Riccardo), i fuorusciti dai Ds alla fondazione del PD, con Mussi e Fava, i Verdi, la quasi metà di Rifondazione guidata da Vendola e non so più chi ancora. E’ facile vedere che l’altra faccia dell’accordo “unitario”, che è per ora essenzialmente un rispettabile ma labile espediente elettorale, è quella di una precedente frantumazione tragicomica. Quando le cose vanno in pezzi, si può radunarle per incollare i cocci, o per spazzarle insieme nella pattumiera. Quando Berlusconi, la sera, davanti al caminetto, chiede a Bondi: “Quante divisioni ha la sinistra?”, Bondi gli risponde: “Molte, moltissime...”, e tutto nel salotto di Arcore è lusso e voluttà. Perché ci sono tante divisioni? C’è il retaggio di un passato. I socialisti hanno più ragioni di tutti di restar affezionati al loro passato, e anche di ricordarsi di che cosa gli ha fatto una parte del Pci, peraltro sempre più vecchia ed esigua, nella burrasca di Tangentopoli. Però pesa, almeno quanto una fedeltà, o una prigionia, al passato, l’impulso all’autoconservazione di leader, mezzi leader e apparati che non hanno voglia di fare altro o non hanno altro da fare. Questa autoconservazione prende a pretesto cose solenni come i principii, i programmi, la purezza e il rigore. Con una doppia ipocrisia. Una, più sgradevole e piccina, è l’incoerenza spettacolosa fra i principii retoricamente enunciati e la vita effettivamente vissuta. Il comunismo, per esempio, è un “dio che è fallito”: ma chi non ne vuole ancora registrare fallimento e bancarotta dovrebbe almeno perseguirlo nell’ambito più concretamente realizzabile, quello del personale modo di vivere. I politici di professione che si chiamano comunisti non danno l’impressione di una esistenza personale coerente con quel proclama. Purezza di principii e programmi è un pretesto, o tutt’al più una infantile illusione. Le visioni del mondo, le utopie e i programmi possono essere preziosi e numerosi e diversi quante sono le persone che vi si dedicano, ma è giusto dedicarvisi nella società, nei luoghi di lavoro e di studio, nel volontariato, nelle stesse relazioni private, dove si cambia un po’ il mondo e si cambia, poco o molto, se stessi. Ma la questione del governo è un’altra cosa. Al governo si concorre, e, una volta che si sia vinto, si va non a realizzare i propri programmi massimi, le proprie utopie, le proprie intransigenze personali. Si va ad attuare e proteggere un programma comune, limitato per necessità, compromissorio anche, ma molto migliore, o almeno molto meno peggiore, del governo promesso dall’altra parte politica. Dunque l’impegno politico deve prima di tutto riabituarsi a un disinteresse personale e di gruppo, e poi adeguarsi a una specie di doppia temperatura: quella alta, e in certi momenti bruciante, dell’impegno diretto, militante, nella società, e quella più tepida, più sfebbrata, del consenso della maggioranza e della responsabilità di un paese. Il contrario della scena indecente cui abbiamo assistito durante il governo Prodi, e che non a caso ha eccitato negli italiani non semplicemente una delusione e un distacco politico, ma un vero rigetto umano. Nella politica legata alla questione del governo bisogna subordinare la propria piccola percentuale e la rendita parassitaria che ne deriva –piccolo potere, vanità soddisfatta, finanziamenti pubblici, neanche tanto piccoli- all’interesse comune, alla conquista della maggioranza e alla sua coesione. Questa è la ragione forte, inesorabile, per auspicare un partito grande e davvero unitario, l’auspicio che stava dietro il Partito Democratico, e gli sta ancora dietro, sebbene si sia fatto così tardi, e l’entusiasmo abbia sempre più ceduto al disincanto o anche al rigetto. Ma non è una partita chiusa. Avrai visto anche tu la “ragazza” Debora (in realtà è una donna di 38 anni, quasi il doppio dei tuoi) cantare a Franceschini una canzone che non ti sembrerà diversa dalla tua. Ce ne sono tante, di persone così, nel PD: la gran maggioranza.
Non entrando nel PD, o uscendone, gli “intransigenti” hanno favorito il suo sabotaggio ad opera di fazioni burocratiche e personalità clericali e si sono condannati alla scomparsa dal parlamento italiano. Il PD ha avuto, per inettitudine o per una ingiustificatissima boria da grande partito, il torto di non aprirsi a un’area sociale e politica di sinistra che la lezione della rovina dell’alleanza di governo e del “voto utile” scelto da gran parte dell’elettorato avrebbe potuto restituire a un impegno più leale e lucido. Questo non è successo, e già era stato grave che il PD offrisse, contraddicendo se stesso sull’ “andare solo”, a Di Pietro l’apparentamento elettorale, e lo negasse ai socialisti e, ospitalità a parte, ai radicali. Dunque la coalizione di Sinistra e Libertà ha ragioni dalla sua, e bisogna augurarle di farcela, e io glielo auguro. Ma non certo perché la (difficile) eventualità che ce la faccia a superare il 4 per cento e a guadagnarsi i suoi due o tre o quattro parlamentari europei diventi il punto di partenza di una ricostruzione della sinistra riformatrice e libertaria che crescerà, come la ricottina della favola, fino a dare un governo riformatore e libertario all’Italia. La necessità di rimettersi insieme, di licenziare senza buonuscita notabili di mezza tacca e di vanità intera, di rifarsi la faccia dopo averla persa agli occhi di tanti italiani, compresi quelli generosamente di sinistra, resterebbe comunque. Se no, avanzerà in Italia un pluralismo fatto di una maggioranza autoritaria e forcaiola e una minoranza forcaiola e autoritaria. Questo è un gran problema per tuo padre. Ancora di più per te. Perciò auguri e saluti dal tuo

Adriano Sofri




Inserito sabato 6 giugno 2009


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