Grovigli, ingorghi e intoppi: altro che nodi!
L’insieme dei luoghi che compongono il territorio merita rispetto. I luoghi non vanno soffocati con interventi che, fra l’altro, di moderno hanno ben poco. Se si vuole velocizzare il traffico e inquinare di meno, perché al posto dei tunnel e degli assi di scorrimento e penetrazione, non si punta a un trasporto pubblico fatto di binari efficienti e puliti?
Domina una ostinata tendenza, quella di usare il territorio per far concludere affari a qualcuno, e non piuttosto come sarebbe opportuno, per utilizzarlo responsabilmente, nelle sue qualità, nei suoi valori e nelle sue possibilità. È assai deprimente constatare come tutto venga ridotto a merce, travisato, sfigurato e buttato via, per il beneficio di pochi, a scapito di tutti. È questo il problema, soprattutto nell’intricato argomento delle infrastrutture stradali. Anziché puntare, come si dovrebbe, a una pianificazione adeguata nella quale si considerino le varie identità locali, si opta per procedere per compartimenti separati, isolati, confusi e disorganici. A che servono tanti piani a sé stanti (“Piano della mobilità”, “Piano delle opere pubbliche”, “Piano del verde”, “Piano dell’agricoltura”, “piano ferroviario”, “Piano industriale”, “Piano del commercio” Piano de quello e Piano de quell’altro e tanti altri sfornati a iosa), se ciascuno di essi non è coordinato con gli altri? Cessa di esistere il concetto stesso di pianificazione, e per ogni nodo che si pensa di sciogliere, se ne formeranno tanti altri, sempre più difficili da districare e sempre più congestionanti. E così si finisce col dilapidare risorse ed energie all’unico scopo, oltretutto manco efficace, di dipanare quei nodi che dovrebbero essere evitati. Un vero cane che si morde la coda. In questa rassegna di Piani disarticolati e annodanti, risalta evidente quello della mobilità, nel quale si predilige e si impone regolarmente la scelta perentoria del trasporto individuale ed esclusivamente su gomma. Che senso ha questa categorica e perversa propensione per un'unica tipologia di trasporto? Forse perché è più efficiente? No! Forse perché è più rispettosa per l’ambiente? No! Forse perché è la meno costosa? No! La verità è che la si sceglie con il sordido intento di far incassare sempre di più ai soliti noti, e ai soliti ignoti. Lo sappiamo bene dove vadano a parare certe “metodologie”: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Sarebbe molto più ragionevole e redditizio predisporre non già una spropositata serie di Piani, ma un unico Piano in cui convergano e convivano tutti i vari saperi, coerentemente coordinati. Tornando al dolente argomento delle infrastrutture viarie, è innegabile di come, allo stato attuale dei Piani disorganici, in qualsiasi tipo di strada la circolazione vada, comunque e ovunque, fuori controllo. Mezzi pesanti, tir, furgoni, camion dominano incontrastati. Qua non si respira più. Se ben ricordate per lungo tempo le merci venivano trasportate su ferrovia, e le cose funzionavano egregiamente: i binari che entravano e uscivano dalle fabbriche erano predisposti per un trasbordo di merci vantaggioso e pulito. Poi, per una ottusa logica di speculazione, fu abbandonato il trasporto su ferro per favorire il trasporto su gomma, con conseguente SMOG, TRAFFICO, RUMORE, STRESS, SCARSA QUALITA’ della VITA e tumori vari. Per non parlare dei ricorrenti incidenti, spesso anche mortali. Tra i tanti nodi, ve n’è uno tristemente famoso: l’annoso, cronico, problematico, cosiddetto “Nodo di Collestrada”. Il fine dichiarato di snellire il traffico è un pretesto per espandere la già abnorme e caotica area commerciale. I decantati progetti del nodo si risolveranno inevitabilmente non in una forma di adeguato riassetto della mobilità, ma piuttosto in un’autentica iattura per tutti. Vogliamo proprio che la città continui a gonfiarsi oltre misura fino a scoppiare? Queste bizzarrie infrastrutturali sono figlie dell’antiquata logica dell’espansione a tutti i costi, costi peraltro salati da far paura; una mostruosità che non fa che contribuire a dequalificare il nostro patrimonio ambientale e naturale, unico e irripetibile. L’insieme dei luoghi che compongono il territorio merita rispetto. I luoghi non vanno soffocati con interventi che, fra l’altro, di moderno hanno ben poco. Se si vuole velocizzare il traffico e inquinare di meno, perché al posto dei tunnel e degli assi di scorrimento e penetrazione, non si punta a un trasporto pubblico fatto di binari efficienti e puliti? Se non facciamo questo, dove vogliamo andare a parare? Dov’è finita la nostra innata capacità di osservare, di comprendere i valori insiti del dove ci troviamo? Stiamo progressivamente cancellando sia l’identità dei luoghi, sia il nostro legame con essi. Chi ci dà il diritto di devastare indiscriminatamente la fertile campagna e il centro storico di Collestrada con il suo bosco? Sminuire il valore di un sito di interesse comunitario come quello della vicina Ansa degli Ornari sarebbe un autentico delitto. Senza dimenticare l’immenso valore del “mare di Perugia”, il Tevere. Sarà quindi proprio sulla mobilità che si giocherà il futuro della città e delle relazioni umane. Sarà solo con una schietta programmazione organica che riusciremo a costruire un “dopo auto” che promuova un modo adeguato e proficuo di vivere la città, dal centro alla periferia. Si parla di nodi, ma sarebbe più opportuno chiamarli “grovigli”. Quando il nodo è un sistema, un metodo, un meccanismo, è utile e reversibile, nel senso che può essere sia mantenuto costante, e sia sciolto, dipanato all’occorrenza. Il nodo è ricorso, e ricorre sovente nelle attività artigianali, marinaresche, alpinistiche, campestri e in ogni dove. Quello di Collestrada dovrebbero chiamarlo “groviglio”, un groviglio dei più inestricabili, un vero cappio al collo, che più si stringe e più strangola.
Mauro Monella
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