Quell'ultima partita a carte
"L'ultima partita a carte" di Mario Rigoni Stern sembra il racconto fatto intorno al fuoco del camino dal “vecchio sergente” a familiari, nipoti e amici
"L'ultima partita a carte" di Mario Rigoni Stern sembra il racconto fatto intorno al fuoco del camino dal “vecchio sergente” a familiari, nipoti e amici più cari non tanto della guerra ma dei suoi anni giovanili nella guerra: dalla Francia, l’Albania, la Grecia, la Russia fino a un lager tedesco. Pare quasi di sentirla la voce calma e calda di Mario raccontare il doloroso e sconfinato calvario che subirono gli italiani per le follie di un regime totalitario che portò un paese in una guerra destinata alla sconfitta già prima dell’inizio del conflitto stesso come si intuisce dal racconto. Un piccolo volume che ha un suo definito valore nell’ambito del suo percorso letterario. Utile per comprendere che cosa effettivamente avvenne nella seconda guerra mondiale e cosa subirono i soldati prigionieri di un’assurdità raccontata e scritta da chi l’ha vissuta in pieno perché “dopo sessantaquattro anni, è giusto ricordare questi ragazzi nella loro e mia ingenua ignoranza, e nelle fantasie e nei sogni che accompagnavano in quei giorni”. Ricordi di guerra che grazie alla sensibilità dell’autore diventano testimonianza collettiva di rara efficacia, perché le persone che rievoca nel suo raccontare sono esse stesse parte attiva di un racconto in cui s’incontrano momenti di poetica solitudine nella quale “sembrava che le stelle emettessero un suono” che ogni tanto il giovane Mario si fermava ad ascoltare e dentro il quale il “pensiero si perdeva” ed altri, troppi, dolorosi con la morte sempre presente anche quando “porgeva i bicchieri con i quali brindavamo”. Orrori di una guerra sempre pronti ad affiorare come i corpi dei morti durante il disgelo nella campagna di Russia. Raccontati con umiltà da un protagonista di quei fatti senza mai indulgere nella retorica e nell’ideologia politica, ma con l’intento a distanza di tanti anni di continuare a capire e la volontà che non si dimentichi quanto il regime fascista fosse fondato sulle menzogne e come onore e patria fossero parole vuote in bocca ai gerarchi dette per ingannare ignari soldati vittime di un inutile sacrificio. Mario Rigoni Stern ha fatto in modo che ciò che era dentro di lui non svanisse con lui ma rimanesse scritto nei suoi libri di guerra. “L’ultima partita a carte” è un libro semplice eppure non superficiale, testimonianza di un uomo che ha vissuto intensamente e con umanità “una guerra così orribile che mai le stelle videro nel loro esistere”. Un testo attraversato dalla tristezza che il Sergente Mario Rigoni Stern ha provato in quegli anni di guerra e dalla pietà provata per tutta la vita verso i suoi commilitoni che sentiva di dover riportare a casa. Umanità e tristezza rese evidenti da quanto si disse con zio Toni durante quell'ultima partita a carte a Torino: “zio,-gli dissi,- vedrai che finirà presto. Quando noi arriveremo in Russia sarà già tutto finito. Mi guardò in silenzio. Sussurrò: - ragazzo, tu parti perché sei un soldato. Ti auguro solo di tornare”. Il Sergente Mario è tornato “a baita”, prima ha dovuto subire l’internamento in un lager tedesco dove ha percepito con chiarezza che lui e gli altri “lì rinchiusi” erano “uomini liberi” e non i loro carcerieri e nell’avviarsi verso la fine della sua vita ha potuto dire “sono più quelli che ho salvato di quelli che ho ucciso”.
Vanni Capoccia
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