Margherite, basilico e cacao
Non sarebbe niente male se all’arte del fornello si ispirasse anche il governo della città, che purtroppo attualmente è tutto fuorché un’arte: la ricetta è sempre la stessa: “C’è un’area libera? Sfruttiamola sfornando condomìni, supermercati, parcheggi
Tre preziose specie vegetali ricche di proprietà nutrizionali e terapeutiche: margherite, basilico e cacao. Un cuoco geniale sarebbe in grado di destreggiarsi a perfezione con questi tre ingredienti, separati o amalgamati che siano, giungendo a sfornare succulenti, aromatici e gustosi manicaretti. La stessa creatività che viene applicata nell’arte culinaria potrebbe essere adoperata, -perché no?- in ogni campo come elemento strategico, formativo, innovativo, al fine di ottenere un risultato appetibile. Non sarebbe niente male se all’arte del fornello si ispirasse anche il governo della città, che purtroppo, però, attualmente è tutto fuorché un’arte; infatti, vi prevale una monotonia di intenti priva di ogni colore, sapore e odore. La ricetta è sempre la stessa: “C’è un’area libera? Sfruttiamola: come? Sfornando condomìni, preferibilmente popolari; supermercati estesi e strabocchevoli, polverosi e maleodoranti autoparcheggi.” Questa espansione sconcertante e incontrollata sottrae a Perugia ogni identità e vocazione verso un adeguato, conciliante e rispettoso disegno. Le tre preziose essenze, cioè margherite, basilico e cacao sono associabili e rappresentative di tre luoghi del nostro territorio, potenziali punti di forza di una economia non scompensata, ma equilibrata. I tre luoghi sono Ponte San Giovanni, Monteluce, Fontivegge, dove dominano enormi ingozzate edilizie che ci fanno masticare amaro. Ponte San Giovanni: da piccolo paese, costituito da poche case, raccolte attorno al ponte vecchio, è finito per diventare “piccola metropoli”, un ininterrotto conglomerato spalmato da Collestrada a Balanzano. Passiamo alla cosiddetta “Nuova Monteluce”, quella che si estende oltre l’antico portale della ex casa delle Clarisse, e dell’ex Policlinico. Il tutto è immerso in uno scotto rimescolaticcio muffoso, degno del più spaventevole menu “horror”, popolato da schiere di zombie strabordanti dalle griglie del sottostante parcheggio. C’è poi anche Fontivegge dove la così chiamata “rigenerazione urbana”, frase assai di gran moda, ha impastato un abnorme riempimento, che ha sconvolto irreparabilmente l’autentica vocazione della stazione, deliziosa ciliegina su quella torta che è la vera porta di ingresso e di uscita della città. A chi è rivolto questo racconto? Non tanto ai concittadini, i quali sanno intuire opportunamente le potenziali qualità dei vari luoghi, ma piuttosto ai “babbiosi” burocrati, esperti di organizzazioni di s.a.s. (spazi affari sporchi), che da cinquant’anni operano chirurgicamente per snaturare, rendere irriconoscibile, impoverire il volto della nostra Perugia. Chi è così sprovveduto da ritenere positiva una grande abbuffata come quella che ci stanno propinando, capace solo di innescare bolle immobiliari e surplus abitativo? Invece del solito bollito, non sarebbe stato meglio realizzare progetti in armonia sia col territorio, sia con i cittadini? Sarebbe come il cacio sui maccheroni. A Ponte San Giovanni servono le margherite, che potrebbero essere coltivate nelle aree ex Margaritelli ed ex De Megni: un vasto campo fragrante su cui organizzare un’economia inesauribile e redditizia, basata sulle molteplici applicazioni di questa perla floreale. Analogo metodo si potrebbe adottare per la Nuova Monteluce, dove, dopo il palese fallimento, si sta predisponendo un ulteriore piano industriale scevro di idee. Quanto starebbe meglio un gran campo di basilico. Sarebbe un sogno organizzare tanti ristorantini basati sulle innumerevoli ricette di questa erba regale peraltro legata all’antica tradizione del luogo. La nostra cara Monteluce potrebbe assurgere a caso nazionale: da ex ospedale a luogo curativo per il benessere di corpo e anima. Quanto a Fontivegge, luogo collegato al mondo tramite la felice intuizione della produzione e distribuzione del cioccolato perugino, potrebbe tornare alla sua vocazione di vero centro propulsivo. Come? Riconvertendo la via del Minimetro in una via del cioccolato, con i suoi magici effluvi che stupiscono l’olfatto. Non esiste un piatto più forte di questo. Ponte San Giovanni, Monteluce, Fontivegge: tre potenziali, moderni e redditizi “Giardini della salute”, che non certo inventiamo noi, ma che furono già in uso un millennio fa e che avrebbero tuttora le carte in regola per garantire un futuro che sia autenticamente sostenibile, e non di facciata. Dobbiamo svegliarci dal torpore, non c'è che dire. Una bella tazza di caffè forse non basterà, ma potrà rivelarsi utile per infonderci quel pizzico di carattere in più, il tanto sufficiente per riprendere voce e invertire l'ipnotica tendenza che ci impone di assistere passivamente al proliferare delle brutture in atto. Monteluce nuova Ponte San Giovanni con il progetto di nuovo "Municipio"
Mauro Monella
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