Arredo urbano da asporto
È possibile invertire il dilagare della perdita di valore del volto della città, e della sua identità? Se si prosegue con l’indifferenza, no, ma se si opta per una vera politica attiva che punti al rispetto e alla tutela della specificità dei luoghi, allora sì
Arredo urbano: perché una volta era importante e ora non lo è più? Il motivo è evidente: perché una volta era strutturale all’impianto della città, quindi un tutt’uno con piazze, strade, edifici e accompagnava l’evolversi della città stessa. L’arredo urbano esprimeva la dimensione artistica e figurativa della città, attraverso le varie componenti che permettevano l’uso pubblico, degli spazi collettivi, cioè tutte le forme elaborate e inserite in maniera appropriata in ogni contesto, pensate e realizzate in modo che fossero consone alla natura del luogo a cui erano destinate. Oggetti apparentemente uguali ma diversificati dalla creatività dell’artigiano: stiamo parlando di balaustre in ferro, colonnine lapidee , panchine, lampioni, cestini, ma non solo, parliamo anche delle composite pavimentazioni di vie, brutalmente asfaltate, e delle facciate, prima elegantemente ornate e poi banalizzate e private dei propri connotati. I colori sintetici si sono sostituiti agli intonaci a calce con colori naturali, pvc e alluminio hanno sostituito i materiali tradizionali, come ferro e legno. Le belle insegne dei negozi, un tempo artistiche e persino dipinte a mano, sono state soppiantate da banali luci abbaglianti, accecanti. L’antica insegna era lì per invitare il passante, non per aggredirlo. Non dimentichiamo poi altre strutture integranti, come edicole, statue, e tanti elementi scolpiti (fiori, testine, grifi. Da non trascurare i pozzi con relative vere, e le suggestive scalinate. Variegate forme di arredo che esprimevano la grande vocazione della città all’espressione artistica, e scandivano il passo del camminatore/visitatore a mo’ di libro aperto con valenza didattica. Un arredo urbano fatto di piccole e grandi cose che meriterebbero attenzione, di chi amministra la città e anche dei privati cittadini. Un’espressività ormai inquinata da troppe sovrapposizioni estranee (segnaletiche e cartellonistica invasive o superflue, cavi, scatole, cabine , inseriti in maniera oscena e opprimente). A questa sovrabbondanza di strutture improprie e malmesse che ormai monopolizzano la vista, si accompagna di pari passo la spoliazione metodica di quegli elementi di arredo cittadino che da sempre hanno rappresentato il rilievo, il chiaroscuro, la tridimensionalità, la plasticità degli spazi e della dimensione figurativa. È possibile invertire il dilagare della perdita di valore del volto della città, e della sua identità? Se si prosegue con l’indifferenza, no, ma se si opta per una vera politica attiva che punti al miglioramento dell’ambiente cittadino, nonché al rispetto e alla tutela della specificità dei luoghi, allora sì. Il modello di riferimento ce l’abbiamo, è quello espresso per secoli dall’attività artigianale, che creava e manuteneva incessantemente. La sfida è stimolante, sia per la città storica sia per la città contemporanea, ma nella città contemporanea occorre individuare i disegni e i materiali appropriati per l’individualità del carattere del luogo. Un esempio da evitare è quello di sradicare, trasferire dei colonnini lapidei tipici della città storica, per abbellire a mo’ di modernariato l’ingresso di una polisportiva in quel di Borghetto di Prepo. Scongiurare questi atti omologanti e omogeneizzanti, ahimè fin troppo diffusi, non è difficile, anzi è possibile: le risorse non mancano, né mancano gli spazi adeguati, e l’arredo tornerebbe in tal modo a contribuire in maniera basilare alla riconquista, alla resurrezione della passione per la città.
Mauro Monella
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