Quel rosonaro di Montluce, come la sapeva lunga!
Coloro che hanno escogitato “ad arte” e realizzato la “Nuova Monteluce”, ivi compresi i commissari del concorso di idee, i tanti operatori culturali, i rappresentanti dell’università e delle istituzioni locali l’avranno mai decifrato il vocabolario del rosone “monteluciano”? Hanno in pratica assunto a modello le vecchie zone ghettizzanti e marginali della città. Tutto è ridotto a una orrifica e desolante sequenza di obsoleti edifici che guardano una piazza di ferree e maleodoranti griglie
Siamo a Ferragosto: grande festa tradizionale nel quartiere di Monteluce, con la piazza gremita di cittadini lieti di potersi incontrare. Indubbiamente le sorelle francescane, prime abitanti del luogo, scelsero un posto sopraffino per coltivare il loro orticello baciato dal sole. Sole che si rispecchia nel rosone collocato sulla facciata a scacchi bianchi e rosa della chiesa. Il rosone (nome che deriva da “rota ”e non già “rosa”) scandisce col suo orientamento la rotazione quotidiana dell’astro del giorno che lascia poi il posto all’astro della notte, la luna. In giro si vedono rosoni di ogni foggia, ma questo di Monteluce è proprio fatto apposta per un “Monte di luce”. Chi sarà stato mai l’autore di questa mirabile opera, il “rosonaro” di turno? Non sappiamo chi sia, eppure il messaggio che ci ha affidato è chiaro, universale e perpetuo: richiama ai sette pianeti antichi circoscritti nel cerchio del sole. Una semplice composizione geometrica che allude all’armonia intesa come elevazione naturale collettiva. Un “ruotone”, una grande ruota illuminante che invita ciascuno di noi a riflettere e a scegliere responsabilmente tra le proprie azioni. Parliamoci chiaro: non c’è nessuno che dichiari di essere contrario al rispetto del cosmo, della natura, dell’ambiente, dei luoghi, ma si continua a cementificare, gassificare, distruggere ovunque e comunque. Coloro che hanno escogitato “ad arte” e realizzato la “Nuova Monteluce”, ivi compresi i commissari del concorso di idee, i tanti operatori culturali, i rappresentanti dell’università e delle istituzioni locali l’avranno mai decifrato il vocabolario del rosone “monteluciano”? Eppure, ha perfino una voce, la quarta vocale “o”, ripetuta otto volte in crescendo, a mo’ di richiamo: - oooooooOh! -. Anziché proteggere e indirizzare verso uno sviluppo salubre, hanno provveduto a “predicare bene e razzolare male”. Hanno in pratica assunto a modello le vecchie zone ghettizzanti e marginali della città, un tempo denominate “coree”, come quella situata lungo via Eugubina, poco prima di Cava della Breccia. La “Nuova Monteluce”, scaturita da una ingiustificabile frammentazione che si ha l’ardire di definire “riqualificazione urbana”, è l’esempio più eclatante di un processo di “rigenerazione degenerante” senza fine. Una deleteria iniziativa immobiliare che ha ucciso un luogo dotato di tutte le vocazioni possibili per poter fungere da Paradiso terrestre in città. Tutto è ridotto a una orrifica e desolante sequenza di obsoleti edifici che guardano una piazza di ferree e maleodoranti griglie. Un inospitale, anonimo deserto destinato purtroppo a proliferare. Un deserto che preclude ogni ritorno di umanità rappresentativa e vitale: le voci di persone d’ogni età tra rinfrescanti cocomeri e bancarelle di vario genere, “semari” e “bibitari” compresi, sono purtroppo condannate all’estinzione. Dov’è l’assunzione di responsabilità finalizzata a un bene per le generazioni a venire? Un bambino che ha la sventura di nascere in siffatto contesto come potrà esprimersi scrivendo lo svolgimento di un tema dal titolo: “racconta il luogo dove abiti”? Quel rosone di Monteluce, quanto potrebbe contribuire alla nostra emancipazione e assunzione di responsabilità, se fosse adeguatamente preso in considerazione! Buon ferragosto !
Mauro Monella
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