3 aprile 1980, con Burri e Beuys l'arte si mostrò a Perugia
Quel giorno alla Rocca Paolina era presente l’Arte. Poi l’Arte se ne andò. Rimasero gli uomini con i loro piccoli pensieri e i loro alternanti umori
Il 3 aprile 1980 in una Perugia che cullandosi nel suo passato non brillava per la presenza dell’arte contemporanea l’arte decise di manifestarsi in un luogo sotterraneo e scuro, aspro e duro come la Rocca Paolina. Lo fece nella sua essenza profonda priva di tempo e senza “ismi”. Quel giorno alla Rocca Paolina era presente l’Arte. Per mostrarsi utilizzò Beuys così bisognoso di pubblico, lavagne e soprattutto della parola, e Alberto Burri che ha sempre ed esclusivamente parlato attraverso le sue opere circondate dal silenzio. E mentre Beuys parlava, scriveva, disegnava nelle lavagne davanti al pubblico nella “Cannoniera” della Rocca Paolina, Burri assisteva in uno spazio più defilato al montaggio della sua grande stele di ferro nero che, nell’oscurità della spazio scelto, sembrava un misterioso obelisco arrivato da un altro mondo o l’armatura di un inquietante guerriero extraterrestre. Era il “Grande Ferro r. p. 80”, un cretto di ferro che con le sue larghe e profonde scanalature anticipava nella cittadella sommersa dei Baglioni il labirinto di sentieri bianchi del “Cretto di Gibellina” che verrà realizzato sulle macerie della città distrutta dal terremoto. Al termine dell’incontro Beuys, giustificandosi, disse agli organizzatori che era venuto per un dialogo mentre aveva fatto un monologo. Invece il dialogo c’era stato e profondo tra lui, Burri, il pubblico, la parola nelle “Lavagne” il silenzio del “Grande Ferro r. p. 80”. Poi l’Arte se ne andò. Rimasero gli uomini con i loro piccoli pensieri e i loro alternanti umori. E se degli amministratori di Perugia pensarono di poter utilizzare la scultura di Burri donata alla città per un avvenimento sulla pace; Burri che non gradì mandò degli operai a riprendersi il suo cretto che ora, senza la r e la p di Rocca Paolina, si trova a Palazzo Albizzini con il nome di “Grande Ferro, 1980”. Dopo, passata la rabbia, donò a Perugia il “Grande Nero” cinetico che si trova anche lui alla Rocca Paolina.
Vanni Capoccia
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