Il vivere stanco di Clito Maremmani
Era un uomo solo ed esacerbato. Stati d’animo che emergono con chiarezza nei suoi versi
Leggere il nome di Clito Maremmani (Castiglion del lago 1939 – Perugia 1972) nel “Calendario civile della città di Perugia”, ricordare un suo libretto di poesie “Vivere stanca” e andare a cercarlo è stato un tutt’uno.
Opuscolo spartano, stampato nel 1970 da Brenno Tilli. In quarta di copertina Clito, insegnante di materie scientifiche, scrive d’avere studiato anche a causa di “condizioni fisiche inadeguate a qualsiasi lavoro manuale”. Limitazioni che incidevano anche nella sua vita relazionale. Negli anni intorno al ‘68 la sinistra viveva in gruppo, ma lui anche allora era un uomo solo ed esacerbato. Stati d’animo che emergono con chiarezza nei suoi versi, dov’è chiara una forma di nichilismo che non concede a Clito, e a chi legge, una pausa emotiva: Sono come una caverna rivolta a tramontana, come un cobra deserto, io stesso non sono con me! Sono un masso spigoloso lanciato in verso opposto al moto assurdo del mondo: ho i fianchi tutti piagati per gli urti… E si procede così, poesia dopo poesia. Tra intime dichiarazioni di sofferenza, solitudini, sbandierato desiderio di morte, identificazioni politiche verso eroi perdenti: Spartaco, Guevara e Trotsky il rivoluzionario teorico della rivoluzione permanente il cui nome: Lev Davidovic, calpestato dalla mostruosità della storia la giustizia della storia - presto o tardi non importa - lo farà sfolgorare di nuovo come un tempo, alto come una stella.
Vanni Capoccia
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