Da Ventotene a Renicci di Anghiari
Il libro di Paolo Pasi, Antifascisti senza patria: la storia dei confinati anarchici dopo Ventotene
E' il venti agosto 1943, una corvetta della Regia Marina: la nave degli anarchici e degli “slavi” abbandona il confino di Ventotene, l'isola che guardata dall'alto ha la forma di un cavalluccio marino, per una destinazione del centro Italia Motina frazione di Renicci. Il governo Badoglio ha già provveduto che ad alcuni confinati venisse restituita la libertà. Per primi è toccato ai federalisti del gruppo di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, e ai repubblicani poi, scaglionati, sono partiti il gruppo dei socialisti con Sandro Pertini e i comunisti con i loro dirigenti Pietro Secchia, Mauro Scoccimarro, Luigi Longo, Giuseppe Di Vittorio, Giovanni Pesce , Camilla Ravera e Umberto Terracini. Di tutti il libro di Paolo Pasi, scrittore e musicista, racconta il confino di Ventotene ma il suo lavoro “Antifascisti senza patria” (edizioni elèuthera € 16), cura in particolare la storia di un gruppo di anarchici e di “slavi” detti così per il cognome staniero che, guardati con sospetto, anche dopo la caduta di “pasta e fagioli”, questo l'appellativo del duce tra i confinati, il governo Badoglio destinerà ancora nel campo di concentramento di Motina. Qui molti moriranno di fame come dice Giuliano Donati un abitante della zona dal racconto di suo padre “Gente che tentava di sfamarsi con le ghiande e moriva di dissenteria”. Di questo “campo”, un appezzamento di diciassette ettari e mezzo di querceto, in grado di ospitare all'epoca cinquemila persone, adesso che non c'è più, quasi, nessuna traccia, diventa ancora più importante raccontare il vissuto. Di Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e del loro “Manifesto di Ventotene” sappiamo come venga celebrato spesso a vuoto da molti europeisti improvvisati. Di Sandro Pertini il Presidente che fumava la pipa ci piace ricordare quando a Milano ebbe modo di incontrare il funzionario dello Stato Marcello Guida rifiutandosi di stringergli la mano. Era lo stesso Guida , allora giovanissimo direttore del confino a Ventotene. Paolo Pasi con queste preziose pagine ci tiene a fare la presentazione di Alfonso Failla 37 anni, anarchico, con all'attivo, all'epoca dei fatti che raccontiamo, tredici anni di confino. Era infatti nato il 30 luglio 1906 a Siracusa. Mario Mantovani tipografo milanese. Umberto Tommasini, triestino di professione fabbro, a Ventotene gestisce la mensa degli anarchici, ha conosciuto la prima guerra mondiale. Alberto Colini, 62 anni,artista poliedrico,futurista che rifiuta la retorica della guerra. Jaìme Rebassa calzolaio autodidatta diventato giornalista e dirigente sindacale. Enrico Zambonini, detto Fain, ha combattuto in Spagna. Nel trasferimento da Ventotene a Renicci decide di non voler più tornare in un campo di concentramento e alla stazione di Arezzo rifiuta di proseguire, si fa arrestare e sceglie la prigione. Emilio Canzi, anarchico piacentino che combattendo a Barcellona diviene un esperto militare. Liberatosi raggiunge Piacenza e diviene comandante di un'intera zona partigiana. Giovanni Domaschi detto Giobatta è ricordato per le leggendarie evasioni da Lipari e dal carcere di Messina, Tornato a Verona continua la lotta ma catturato finisce i suoi giorni a Dachau il 23 febbraio 1945. I tre fratelli Mario, Carlo e Ferruccio Girolimetti , antifascisti e ferventi anarchici di S. Arcangelo di Romagna, a Ventotene aprono una bottega di ciabattini, tornati a S. Arcangelo organizzano la lotta partigiana. Emilia Buonacosa anarchica che ha combattuto in Spagna da Ventotene è trasferita al campo di Fraschette d'Alatri. Curava sempre la sua parrucca da quando a diciotto anni la sua folta capiglatura era rimasta impigliata in una macchina mentre lavorava in fabbrica. Grazie a Paolo Pasi per aver restituito la memoria a questi “antifascisti non conformi”.
di Maria Luisa De Filippo e Giorgio Filippi
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