I COMITATI PER LA TUTELA DEL TERRITORIO ED UNA PROPOSTA DI LEGGE LIMITATIVA
Tratto dal foglio informativo dell'associazione Le Vie della Salute n.12 - maggio 2009
Il dr. Giovanni Vantaggi
ci segnala la seguente problematica sollevata da Fabiano Strovigli
(stroveglifabiano@gmail.com)uno
degli animatori del comitato di Fermo contro l'inceneritore che
alcuni vorrebbero costruire in quella zona. L'allarme è stato dato
da Legambiente con bollettino news del 13 marzo 09.
Se andrà in porto la
proposta di legge nr 2271 presentata alla Camera dei Deputati (per
scaricare il testo della proposta cliccate su:
http://www.camera.it/_dati/lavori/stampati/pdf/16PDL0022030.pdf)
I Comitati e le
Associazioni avranno rischi talmente elevati ad opporvisi, che solo
degli eroi faranno ricorso giudiziario contro le opere a grave
impatto ambientale.
Si tratta di una proposta
di modifica alla legge esistente (già di per se limitativa, si veda
l’articolo di Giorgio Nebbia che segue) secondo la quale
Associazioni e Comitati cittadini regolarmente costituiti hanno la
facoltà ad agire in giudizio o nei ricorsi contro eventuali opere
come i rigassificatori, i termovalorizzatori, i corridoi ferroviari,
le centrali a biomasse, elettrodotti, autostrade, discariche,
INCENERITORI.
Questa proposta di legge
sostanzialmente dice che: se chi ha fatto ricorso dovesse aver agito
in mala fede o semplicemente è soccombente in giudizio, verrà
condannato alle spese legali, giudiziarie ed al risarcimento del
danno per il ritardo cagionato. La relazione abolisce pure: "...la
facoltà sospensiva del tribunale amministrativo regionale (TAR). Il
previsto snellimento delle procedure non permetterà più che sia il
TAR a decidere se un’opera si debba fare o meno. Con le nuove norme
verrebbero accorciati i tempi per il ricorso contro le decisioni del
commissario straordinario delegato. MA IL CANTIERE, NEL FRATTEMPO
PROSEGUIREBBE NEI SUOI LAVORI. SUCCESSIVAMENTE SE IL RICORRENTE
DIMOSTRASSE DI AVERE RAGIONE OTTERREBBE UN INDENNIZZO".
Insomma i lavori si
faranno comunque e se il territorio ne subirà danno verrà
corrisposta una compensazione economica. Ne deriva che sarà
possibile ricorrere alla giustizia solo se si avrà la possibilità
di affrontare economicamente il complesso percorso. C’è il rischio
che la democrazia si svuoti, che il territorio di fatto venga gestito
esclusivamente da logiche imprenditoriali e finanziarie.
IL DIRITTO DI DIFESA DEL
TERRITORIO
di Giorgio Nebbia,
tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 14 aprile 2009
Si racconta che in tempi
antichi il principe incoraggiasse, o addirittura pagasse,
l'opposizione perché sapeva, lui che era un principe saggio, che era
opportuno che ci fosse qualcuno che lo avvertisse quando compiva
degli errori. A questo pensavano coloro, ed io fra questi, che
sostennero l'opportunità della presenza, nell'ambito del Ministero
dell'ambiente istituito dal primo governo Craxi, di una sede in cui
potessero far sentire la loro voce le associazioni ambientaliste, che
da molti anni esercitavano una attiva e critica contestazione delle
azioni che compromettevano l'ambiente, la natura e la salute.
Nella legge 349 del
luglio 1986, che istituiva tale nuovo Ministero, fu inserito un
articolo 13 che stabiliva che le associazioni ambientaliste
qualificate per la loro attività e per la presenza nel territorio,
facessero parte del consiglio nazionale dell'ambiente. All'articolo
18 di tale legge era stabilito che le associazioni riconosciute
potevano intervenire nelle denuncie dei fatti lesivi dell'ambiente e
potevano fermarli anche ricorrendo ai tribunali amministrativi
regionali (TAR). Per comprendere l'importanza di questa pur
parziale conquista va ricordato che era stata la contestazione
ecologica a denunciare, dagli anni sessanta del Novecento in avanti,
gli inquinamenti dell'aria, delle acque e del mare, le fabbriche
inquinanti, l'abuso dei pesticidi e dei detersivi non biodegradabili,
a fermare opere giustamente ritenute e rivelatesi nocive, come
centrali elettriche, raffinerie di petrolio, centrali nucleari,
stabilimenti petrolchimici, fabbriche di bioproteine, depositi di
scorie radioattive, eccetera.
Questa protesta aveva
così salvato centinaia di migliaia di vite umane che altrimenti
sarebbero state compromesse da agenti tossici, radioattivi,
cancerogeni. Protesta sgradevolissima per molti imprenditori, per
amministratori pubblici e per lo stesso governo che hanno spesso
ridicolizzato e cercato di mettere a tacere questi "disturbatori".
Col passare degli anni la contestazione si è affievolita e sono
avanzate energicamente le politiche ispirate a togliere vincoli alle
imprese, agli inquinatori e speculatori; così la legge 186 è stata,
a varie riprese, svuotata di molti contenuti nel 2001 e, soprattutto,
col cosiddetto testo unico sull'ambiente del 2006.
Poco dopo un decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri (alla fine del mandato del II
governo Prodi) datato 8 aprile 2008 stabiliva che potevano essere
coperti dal segreto di stato gli impianti civili per produzione di
energia ed altre infrastrutture "critiche" e che nei luoghi
coperti da segreto di stato le funzioni di controllo ordinariamente
svolte dalle aziende sanitarie locali e dal Corpo nazionale dei
vigili del fuoco sarebbero state svolte da autonomi uffici. Il che
significa che, per decisione del Presidente del Consiglio, un
inceneritore avrebbe potuto essere considerato infrastruttura
"critica" e quindi coperto dal segreto di stato e che i
controlli sulle esecuzioni e sulle emissioni di fumi inquinanti
avrebbero potuto essere demandati alle forze armate e i risultati
resi inaccessibili alle popolazioni interessate.
Più recentemente, nel
gennaio 2009, la legge 28 gennaio 2009 n. 2 all'articolo 2 prevede
che per le opere pubbliche ritenute prioritarie per lo sviluppo
economico del territorio possono essere nominati commissari
straordinari con poteri sostitutivi delle amministrazioni
interessate. Ma neanche questo bastava per mettere a tacere
l'opposizione ecologica che anzi si è fatta più vivace nella
protesta contro un numero crescente di nuove iniziative, dalle
discariche di rifiuti, agli inceneritori, sia pure ribattezzati
eufemisticamente termovalorizzatori, a nuove fabbriche inquinanti. La
protesta nel nome della salute e dell'ambiente ha utilizzato allora
l'ultima possibilità rimasta dalla legge originale, il ricorso ai
TAR che talvolta hanno ritenuto fondate le denunce delle associazioni
e dei movimenti di difesa dell'ambiente.
Per mettere ulteriormente
il bavaglio all'opposizione il 10 marzo 2009 un gruppo di 134
deputati ha depositato alla Camera un disegno di legge che toglie
anche questo diritto di protesta. Secondo i proponenti molte
associazioni ricorrono ai TAR per far sospendere opere pubbliche e
private, ritenute dannose per l'ambiente e la salute, con motivazioni
"pretestuose"o per "egoismo territoriale", per
non volere vicino casa propria una centrale o un inceneritore che
potrebbe danneggiare piccoli interessi locali, egoistici, appunto. Se
la protesta è ritenuta non motivata l'associazione è punita ai
sensi del codice civile con le sanzioni previste per chi agisce con
malafede o colpa grave. Se è ritenuta motivata le opere vanno avanti
lo stesso e l'associazione sarà indennizzata. Quale giudice
stabilirà se la protesta contro un inceneritore che potrebbe causare
danni alla salute fra anni, è pretestuosa e fatta in malafede ?
Erano pretestuose le proteste contro la cava di amianto che avrebbe
causato centinaia di tumori ai lavoratori e alle popolazioni vicine,
ma solo dieci o venti anni dopo?
Con il nuovo disegno di
legge nessuno potrebbe fermare la costruzione di una strada in zona
franosa o che altera la circolazione delle acque, la costruzione di
edifici destinati a crollare al primo terremoto. Un Parlamento e un
governo che avessero a cuore l'interesse del paese, il "bonum
publicum", dovrebbero incoraggiare e ascoltare la protesta di
chi, talvolta proprio perché vive in un territorio e ne conosce
caratteri e vincoli, chiede di "non fare" opere o
interventi che possono danneggiare l'ambiente e la salute. E' certo
che occorre costruire strade e fabbriche e merci, perché questo
risolve problemi umani, aiuta a unire paesi lontani, a rendere
migliore la vita e talvolta l'ambiente e la salute, ma occorre
vigilare perché molte opere e interventi nascondono delle trappole
da cui è poi difficile uscire.
A mio modesto parere la
contestazione ecologica è come il gallo sul tetto: vede le prime
luci dell'alba del giorno che sorge --- il sorgere di nuove
attenzioni e nuovi diritti civili --- e canta e sveglia chi dorme
nella casa e che è disturbato perché vorrebbe continuare a dormire.
Quanto più si cerca di soffocare la protesta, tanto più vivace si
fa questa protesta che alla fine vince quando è in gioco il diritto
alla vita e alla salute.
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