I numeri dell'eurocioccolato
Cose perugine che però vanno anche oltre: i numeri così, dati a caso, possono forse servire a drogare una parte di opinione pubblica, ma procurano danni seri alla fiducia generale degli uni con gli altri
Dice il "patron" di Eurochocolate che quest'anno c'è stato "il dieci, dodici per cento in più di visitatori rispetto allo scorso anno". Da dove arrivi il dato non si sa. Così come non è stato mai chiarito da dove e come possano piovere, nei dieci giorni di Eurochocolate, "50 milioni" su Perugia, come lo stesso patron aveva proclamato prima dell'inizio di Eurochocolate di quest'anno. Due considerazioni. La prima è che i numeri così, dati a caso, possono forse servire a drogare a mezzo stampa una parte di opinione pubblica, ma procurano danni seri alla fiducia generale degli uni con gli altri, perché in parecchi si faranno domande sulla provenienza del dato e trarranno le loro conclusioni e da domani si fideranno ancor meno del prossimo. La seconda: un evento superficiale come Eurochocolate non può che fondarsi sul gigantismo dei numeri per rimanere in vita. Tolti appellativi e aggettivi roboanti e neologismi: "boom", "invasione", "chocogolosi", resta assai poco di una manifestazione che, andando al cuore della cosa, non è che un appalto gratuito del centro storico di una città, per dieci giorni, a un imprenditore che trae il suo guadagno da un'idea che è redditizia solo per lui. L'inseguimento del "record" - reale, documentato, immaginato o inventato per darlo in pasto alla stampa poco importa - è la condanna di Eurochocolate, scatola vuota, per rimanere in vita. La prima domanda, che come la seconda va molto al di là di Eurochocolate, è: a cosa servono le scatole vuote? La seconda: sarà il caso di cominciare a pensare di liberarsene (della dittatura delle scatole vuote, dico, ché Eurochocolate sparirà per consunzione)?
Fabrizio Marcucci
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