Gramsci, una nuova biografia
La vita del dirigente comunista, dell'intellettuale, del prigioniero politico: comprendere le ragioni della sconfitta era per lui l'unico modo di continuare l'opera della rivoluzione
Angelo D'Orsi, Gramsci, una nuova biografia (Feltrinelli euro 22) C'è quella volta che in Alto Adige con il figlioletto Delio vorrebbe insegnargli a catturare le lucertole, ma il paesaggio è innevato e quindi la cosa diventa impossibile. E' raccontata tutta, e si respira tenerezza, la vita magra dello studente che dalla Sardegna sbarca a Torino. C'è la penna affilata del giovane Antonio che va a scuola dalla classe operaia. C'è l'onorevole Gramsci dirigente comunista che con l'avvento di Mussolini, in carcere diventa la matricola 7047. Andando avanti in questa nuova biografia, in ciascuna delle 387 pagine Angelo D'Orsi ci restituisce con uno stile semplice il politico, lo storico: il gigante Gramsci che con la gioia di un bimbo, chiedendo libri “sostanziosi”, commenta “Sai? Scrivo già in cella... per rifarmi la mano”. E sono passati già tre anni da quel 8 novembre 1926. Traduce le fiabe dei fratelli Grimm, studia il tedesco, il russo, l'inglese. Quelli che per fortuna la censura considera “concetti sconnessi” diventano le 3000 pagine dei 33 “quaderni” tra “miscellanei” e “speciali”. Gramsci procede con una scrittura spesso cifrata. La sua è una lunga e sofferta meditazione sulla sconfitta. Come sottolinea Valentino Gerratana, comprendere le ragioni della sconfitta era per lui l'unico modo di continuare l'opera della rivoluzione. E' proprio nel primo quaderno che Gramsci propone un ampio piano di studio con 16 argomenti da affrontare tra cui il Risorgimento, che diventa filo conduttore, il marxismo, la questione meridionale, l'americanismo e il fordismo, il problema linguistico, il giornalismo. Le tesi di Bucharin intanto parlano di imborghesimento dei quadri della borghesia operaia, della socialdemorazia che passa dalla difesa timida all'appoggio aperto al capitalismo, di sostegno socialdemocratico alla politica di oppressione delle colonie, fino a prevedere un appoggio alla preparazione della guerra contro l'Urss. Nel novembre del 1927 Lev Trockij è stato espulso dal Partito. Stalin vince appoggiato da Bucharin che come sappiamo nel 1938 verrà giustiziato. Insomma siamo alla svolta del Socialfascismo. Gramsci pur guardando il mondo da dietro le sbarre, non cade nella visione catastrofistica, pensa che la crisi è una risposta nazionalistica alla globalizzazione, che il vecchio muore e il nuovo non può nascere, fa una distinzione dalla direzione politica di classe prima e dopo l'andata al governo. Quasi in controluce Gramsci parlando del Risorgimento parla di Marx e della sua analisi del giacobinismo, parla di Trockij e della rivoluzione permanente e quindi anche di quanto sta avvenendo in Urss con l'avvento di Stalin. Non crede al passaggio dal fascismo al comunismo ma ad una fase intermedia di transizione con una “costituente”che raccoglie gli antifascisti democratici. La sua elaborazione ci porta al “blocco storico” al superamento della dicotomia struttura -sovrastruttura. Gli elementi ideali si fondono con quelli materiali. Una filosofia della prassi come storicismo assoluto. Una concezione storica della realtà che si libera da ogni trascendenza ideologica. Pure opposti, Benedetto Croce e Nikolaj Ivanovic Buchain appartengono allo stesso errore: sono ideologizzanti. Per Gramsci, e qui c'è molta vicinanza con Lenin, lo Stato si manifesta come coercizione e egemonia. Sul concetto di egemonia che è insieme politica, culturale, linguistica, intellettuale, morale, scopriamo che sono le ideologie ad organizzare le masse. Ogni stato sociale ha il suo senso comune che è traducibile come filosofia dei non filosofi. Nel Risorgimento italiano, a differenza della Francia, le idee non sono state portate avanti dalla borghesia ma da un ceto intellettuale che ha creato una astratta raffigurazione dello Stato come assoluto nazionale e non ancorato a gruppi sociali ed economici. Camillo Benso conte di Cavour ha diplomatizzato la rivoluzione e ha concepito l'unità come allargamento dello Stato piemontese. La storia del Mezzogiorno è un conflitto città- campagna, Nord -Sud, per certi versi fu ridotto a mercato di vendita semi coloniale.. Nel numero 13 dei quaderni speciali col titolo “Noterelle sulla politica di Machiavelli” il Principe è letto come intellettuale collettivo. La filosofia della prassi trasforma il senso comune di stati sociali vasti quanto disgregati in azione collettiva. Gramsci coglie assonanze tra corporativismo e americanismo. Più del bonapartismo è il cesarismo che agisce con l'apparato di polizia. Sull'americanismo e il fordismo Gramsci non contrappone tradizione e modernità ma parte subalterna e parte egemonica. Una lettura, quella di Angelo D'Orsi: Gramsci una nuova biografia, che arriva come un regalo carico di attualità dopo 80 anni. Era il 27 aprile 1937.
Giorgio Filippi
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