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In ricordo di Tullio Seppilli
Non si negava, mai, a chi gli chiedeva un consiglio, un parere, gli proponeva un progetto…. Perché Tullio era così. Perché Tullio era comunista e sentiva che la cultura – patrimonio principale della specie umana – andava condivisa


Perugia 24 agosto 2017.
Così, quello che ho temuto per anni, guardando quest’uomo che progressivamente invecchiava, alla fine è successo.
Tullio, ieri sera (23 agosto 2017), se ne è andato.
Ricordarlo è facile. Scrivere qualche cosa che non sia banale, ripetitivo di migliaia di ricordi che verranno ora scritti, pubblicati, raccontati, non è facile.
Mia figlia, saggiamente, mi diceva poco fa che i necrologi alla fine si risolvono in autocelebrazioni: “io ero molto amico suo”, “lui è stato il mio maestro”, “cenavamo spesso insieme”, ecc. E già: alla fine avrei scritto la stessa cosa anche io. Come posso fare diversamente: molte delle cose che potrebbero dire gli altri, le potrei dire anche io. E poi il ricordo di una persona, in fondo, è prima di tutto l’elenco di quello che ha fatto o vissuto con te.
Paolo Bartoli davanti al corpo di Tullio, poche ore fa ha detto: “Oggi ci sentiamo tutti un po’ orfani”. Non era una frase di circostanza, Paolo non ne ha e se ce l’ha non le usa. E l’ho sentita mia. L’ho sentita nostra: di tutti noi che l’abbiamo conosciuto, che l’abbiamo apprezzato, che gli abbiamo voluto bene. Lui, che dall’alto della sua intelligenza e della sua sapienza ha voluto condividere idee, progetti, confidenze con noi, senza spocchia, con quell’umiltà che gli veniva dal profondo della sua natura umana. Quei “suoi commenti sorprendenti anche quando si parlava di piccole cose, la sua capacità straordinaria di modificare, e farti modificare, il punto d'osservazione, la sua generosità nell'insegnare, l'ironia con la quale raccontava le trasformazioni dell'età, la sua capacità immediata di sintonizzare con qualunque tipo di pubblico il linguaggio con cui esponeva il suo sapere enciclopedico...” ha scritto Rossella De Leonibus, sintetizzando splendidamente il Tullio che abbiamo conosciuto.
Quel suo interessarsi a te che scioglieva ogni timidezza e ti faceva sentire a tuo agio, scrive Paola Mackowski.
Era un modo d’essere di un uomo e della sua natura. Quella che lo ha portato su un preciso percorso politico: un percorso che lui ha fatto con coerenza e pienezza. Un impegno scientifico che mai prescindeva da quello civile.
Piero Gorza mi ha scritto: “Ci ha fatto scuola su come si possa coniugare generosità e antropologia”.
E l’antropologia gli deve tanto. Gli deve l’aver mantenuto vivo il ricordo di De Martino; l’aver promosso gli studi medico-antropologici, che hanno lanciato la sua persona nel firmamento internazionale; l’aver costituito un esempio, uno grande stimolo, un faro per schiere di ragazzi. Gli deve tanto, per quello che ha fatto in mille battaglie diverse, dalla lotta antimanicomiale, alla creazione della Fondazione Celli, dalla costituzione dell’Istituto di Antropologia, all’appoggio a quell’americanistica che fu il suo primo amore.
E gli deve infatti tanto il “Circolo Amerindiano”. Come faccio a non dirlo, parlando di Tullio? Non voglio parlare qui di me e del mio rapporto con lui. Ma non posso tacere il suo rapporto con questa associazione. La nostra rivista Thule non sarebbe mai nata se lui non avesse preso per mano il progetto, scrivendo anche una ad una le sue norme. Ma nulla di noi sarebbe stato, come invece poi è stato. Tullio ci diede quei fondamentali suggerimenti e appoggi che servirono per trasformare il “Circolo” nel Centro Studi. Gli dobbiamo tanto.
Per questo, mentre il primo giorno che Tullio non c’è più, ormai scivola verso il suo finire, ci sentiamo tutti un po’ orfani.
A volte, quando squillava il telefono nel suo studio all’università o, anni dopo, alla Fondazione, il vecchio gattone dell’antropologia italiana, sbottava nervoso di essere stato interrotto nel lavoro. Ma poi rispondendo sorrideva e non si negava, mai, a chi gli chiedeva un consiglio, un parere, gli proponeva un progetto….
Perché Tullio era così. Perché Tullio era comunista e sentiva che la cultura – patrimonio principale della specie umana – andava condivisa.
Era piacevole parlare con lui. Come ha scritto Carlotta Bagaglia poco fa: fare due chiacchiere, non era mai fare due chiacchiere. Ce ne rendevamo conto tutti. Lui ascoltava molto, come bravo antropologo, ma poi pennellava perle di sapienza che sgorgavano, magari inaspettate dalla pieghe della sua enorme esperienza e straordinaria intelligenza.
Gli dobbiamo anche questo e anche per questo, questa notte andremo a dormire sentendoci un po’ orfani.
Dire che ci mancherà, lo so, suona banale. Ma ci mancherà. Tanto. Oggi sono confuso e mentre passano le ore lo sono ancora di più. Ma come credo lo siano in tanti. Oggi capisco pienamente quanto questa figura era grande.
Vicino al suo corpo, guardavo quella fronte osservata tante volte in questi quasi quaranta anni di amicizia e mi chiedevo dove fosse volata via quella grande mente. Dove starà viaggiando? in quale universo?
Non lo so. Non so dove stia ora viaggiando il pensiero di quest’uomo grande.
Ma – pensavo cercando di consolarmi - dovunque sia, oggi la sua vita di ricerca, comunque sia, è arrivata all’ultima conoscenza.
Riposa in pace Tullio, maestro unico, amico indimenticabile.



Romolo Santoni

Inserito lunedì 28 agosto 2017


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