Aridatece gli spacciatori
Sulla questione degli schiamazzi oltre l'orario: difendiamo il campo di pallacanestro, ma che dire della musica sparata a tutto volume?
Ho partecipato, senza palla ma con assoluta convinzione, alla manifestazione nel campetto del pallacanestro a piazza Grimana. C’erano tanti giovani di tante nazionalità, alcuni anziani come me e addirittura qualche bambino. E’ stata la prima risposta -spero non l’ultima- alla petizione di quaranta cittadini (diversi dei quali residenti a centinaia di metri dal campetto) infastiditi dal rumore della palla che rimbalza. Certo, come alcuni non si vergognano di ammettere, sono preferibili spacciatori e tossici che non fanno rumore al chiasso di giovani che giocano e si divertono invece di farsi di droga e di cellulare. Non risulta, invece, che gli stessi amanti della quiete abbiano protestato contro l’infame trasformazione della piazzetta adiacente in parcheggio per poche auto che ha sottratto ad anziani e a bambini un luogo dove sostare, giocare, chiacchierare (a bassa voce, per carità). Trasformazione avvenuta, peraltro, con la tipica ipocrisia all’italiana: prima sono state fatte sparire (da chi?) le colonnine e la catena che impedivano l’accesso alle macchine, poi automobilisti incapaci di fare quattro passi hanno iniziato a parcheggiare i loro mezzi, infine -tana liberi tutti!- lo spazio è stato ufficialmente adibito a parcheggio, e tanti saluti alle panchine riverniciate di recente. C’è un filo rosso che collega questo obbrobrio alla proposta di proibire il gioco del canestro, anzi un filo nero che è quello di mortificare i pochi residui spazi di socialità e di integrazione che resistono alla prepotenza del traffico privato, all’aggressione dei supermercati, e alla trascuratezza delle passate e presenti amministrazioni. Seguendo questo filo nero si incontrano, per fare solo uno dei numerosi esempi possibili, le tante automobili parcheggiate ovunque (l’altra sera il duomo ne era completamente circondato sui due lati praticabili), specialmente ove tristi e inutili divieti di sosta rendono più eccitante il trasgredirli, senza che nessun vigile si dia la pena di elevare qualche multa. A quanto mi risulta nessun amministratore locale, nessuna autorità di polizia ha avuto il garbo o l’ardire di spiegare ai cittadini il perché di questa misteriosa tolleranza. Così, mentre mi preparo a inerpicarmi sulle scalette del duomo con la mia nuova jeep a trazione integrale, mi permetto di avanzare due proposte che, se attuate, avrebbero almeno il merito di svelare l’ipocrisia di Perugia città a misura d’uomo: proposta 1 dichiarare urbi et orbi che si può parcheggiare ovunque perché questa è la città della libertà dove ognuno fa quello che gli pare (purché non faccia rumore con l’odiosa palla da canestro); proposta 2 spianare, riempendolo con una colata di cemento, l’invaso del campetto in questione per ricavarne altri posti macchina in felice e moderna continuità con quelli della piazzetta adiacente. E gli anziani, i bambini, i giovani sportivi? Circolare, circolare! (ovviamente in auto) Paolo Bartoli N.d.R.: Pubblichiamo volentieri l'articolo del prof. Bartoli, che condiviadiamo in lagra parte, ma non nella premessa: a quanto ci risulta, infatti, i firmatari della lettera non chiedevano di proibire il pallacanestro, ma di rispettare il limite orario previsto dalla normativa, oltre il quale invece denunciano il protrarsi di schiamazzi e soprattutto musica a palla, cioè, per non creare equivoci, a tutto volume. Questo della musica sparata tutta la notte (dai bar, dalle sagre, dai locali...) è un problema serio, che colpisce le fasce deboli della popolazione (anziani, bambini, malati) oltre a chi lavora e quindi la notte deve riposare. Ignorare queste fasce non è "essere moderni", e fare più rumore non è "dare vita". Il rumore è prepotenza. Tanto che quando i deboli, i poveri, gli ultimi, riescono a ribellarsi, cercano di fare più rumore possibile: ma è un rumore del tutto diverso: a noi sì che quello sembra musica, non quella di consumo sparata a tutto volume e imposta a chi non la vuol sentire. Continuiamo perciò a discutere, evitando se possibile di mettere un diritto contro un altro, una categoria di deboli contro un'altra.
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