Elezioni amministrative: restare a guardare o fare qualcosa?
I partiti si ricompattano: ma se non facciamo niente, neanche nel prossimo Consiglio comunale ci sarà la voce dei comitati e delle associazioni
Mano a mano che le elezioni si avvicinano, si chiarisce sempre più quello che sarà il quadro della competizione: dopo una fase di sbandamenti, passaggi repentini da un gruppo all’altro, proposte (ma soprattutto rifiuti e rinunce) di primarie, pare che i due schieramenti andranno alle elezioni avendo ricompattato le forze del proprio campo. Cerco di fare il punto di una situazione che continua ad evolversi, per trovare comunque un orientamento, secondo le convinzioni che sono venuto maturando nelle discussioni di questi giorni. La destra è riuscita a far uscire dall’oblio Pino Sbrenna, già opaca figura del sottobosco democristiano, che però oggi porta alla destra la capacità di agganciare gli ambienti che contano e dà perciò alla destra qualche possibilità di pensare, se non a un ribaltamento, almeno ad un forte ridimensionamento del centro-sinistra. Accanto a Sbrenna, la autocandidatura di Carla Spagnoli si configura ormai come lista civetta, buona semmai (dietro congrua compensazione) in caso di eventuale ballottaggio. Nel centro sinistra, dopo la proclamazione di Wladimiro Boccali quale candidato del Pd, senza tante lungaggini di primarie e di confronto su contenuti e scelte, si era avuto un periodo di incertezze tra i partiti di sinistra, per la rottura dei partiti esistenti (Prc e Pdci) e la nascita di varie aggregazioni e formazioni. Oggi abbiamo da un lato una formazione che raccoglie ciò che resta dei due partiti, dall’altro una ri-aggregazione tra vendoliani, fuorusciti Pdci e residui di Sinistra democratica, che a livello nazionale per le europee, insieme a Verdi e Socialisti, hanno dato vita alla lista Sinistra e libertà. Entrambe le formazioni, dopo vari tentennamenti e distinguo, si sono aggregati alla candidatura Boccali; rimane il mal di pancia dei Verdi, che non se la sentono di presentarsi nella stessa lista insieme ai Socialisti locali. La lista Di Pietro ha abbracciato da subito l’idea di mettersi con Boccali, rinunciando alla pregiudizialità delle primarie e dei distinguo sul programma. Fuori dalla coalizione restano gli amici di Grillo e i radicali. I primi, adottando quasi mimeticamente il programma nazionale, sono andati avanti per conto proprio, come una formazione politica tra le altre. I secondi si sono rifugiati nella testimonianza di bandiera. Sembra invece ormai definitivamente tramontata l’idea di una lista civica che fosse espressione dei movimenti e comitati civici. Qualunque sia l’idea che se ne potesse avere, mi pare estremamente negativo il fatto che a Perugia il dissenso civico non riesca a coagularsi e a trovare una espressione organizzativa, a riconnettersi in una visione complessiva della città. Eppure, un’area civica e ambientalista esiste a Perugia; e potrebbe raccogliere e canalizzare lo scontento che emerge in città, spesso anche in forme disorganiche e spontanee, ma anche con una forte capacità di mobilitazione e di incisività su temi quali la cementificazione e la speculazione edilizia, lo svuotamento del centro, la pressione della mobilità privata... Su aspetti specifici, come il progetto del mercato coperto, quello del Santa Giuliana, l’occupazione della Piazza da parte di bancarelle e baracconi, i Perugini si sono espressi con grande chiarezza e, insieme alla forza degli argomenti, hanno mostrato anche la forza della persuasione e del numero. Tuttavia, in tutti questi casi, la mancanza di punti di riferimento politico ha indebolito la pressione dal basso e non ha portato al successo. Certo, rimane tutto il valore della presenza culturale e associativa dei comitati e delle associazioni: questa presenza va ben al di là della scadenza elettorale, e arricchisce la città con la molteplicità delle voci di dissenso e di critica. Ma l’esperienza di questi ultimi cinque anni ci insegna che, senza una presenza di interfaccia in Consiglio comunale, le istanze e le proposte di associazioni e comitati non trovano una sponda, un ascolto reale: anche nel momento più alto della mobilitazione civica, quella contro il progetto del Mercato coperto, solo dopo le tante iniziative dei comitati (convegni, raccolte di firme, assemblee) si è avuto un primo ascolto da parte di alcuni consiglieri; in precedenza, il progetto incontrava la pressoché totale adesione sia della maggioranza che della minoranza. Questo ritardo ha impedito che la mobilitazione ottenesse il successo che meritava, ed ha anzi portato alla frantumazione dei gruppi e associazioni che l’avevano promossa. Allo stato attuale, rischiamo di ritrovarci con lo stesso risultato. Ciò che serve perciò è di inserire nella stessa campagna elettorale degli elementi di trasparenza, di partecipazione e di attenzione all’ambiente (sappiamo bene che le dichiarazioni dei partiti servono solo in campagna elettorale, perché poi le cose vanno ben diversamente); e di avere in Consiglio comunale presenze ambientaliste capaci di mettere in discussione l’unanimismo del cemento e dell’asfalto. E allora, visto che una lista civica autonoma non ci sarà, che cosa si può fare? Oggi, una posizione astensionista (“saltiamo il giro, restiamo a guardare, tutti i partiti sono uguali, la sinistra fa peggio della destra”, ecc.) rischia di rimanere sterile, e di lasciar fare. Lasciar fare le forze che si appoggiano agli interessi forti, lasciar fare i piani di cementificazione della città e di desertificazione dei rapporti tra cittadini, lasciar fare l’uso della città da parte dei vari eurocioccolati, lasciar fare i progetti di grandi opere inutili e dannose, come il termovalorizzatore, lasciar fare le forze che hanno abbandonato la ferrovia centrale umbra a favore delle autostrade e superstrade, lasciar fare quelli che autorizzano nuovi centri commerciali (lontano da tutti i servizi)... Io credo che non si può rinunciare a una presenza che, per quel che può, non lasci fare senza riportare alla partecipazione popolare le scelte su questi temi. Se questo significa rinunciare a una lista autonoma e entrare nella coalizione, per tentare di far rispettare ai partiti le belle parole che usano per ottenere i voti dei cittadini: partecipazione, fine del ciclo del mattone, raccolta differenziata..., credo (anche se con un certo sforzo) che comunque questo sia meglio che rinunciare in partenza ad essere presenti con contenuti civici ed ambientalisti. Io sono convinto da sempre che con gran parte degli elettori di centro-sinistra sia possibile e proficuo discutere sui temi che ci stanno a cuore, e che su di essi sia possibile attivare attenzione e interesse. Una lista di bandiera, se più soddisfacente sotto il profilo della chiarezza delle posizioni, potrebbe innescare un meccanismo di emarginazione dei temi ambientalisti: non tanto in termini di risultato elettorale (su cui non ci possiamo fare illusioni), ma soprattutto in termini di interlocuzione con l’insieme dei cittadini democratici e sensibili ai diritti ed all’ambiente, che ci vedrebbero come quelli che sottraggono voti al centro sinistra e favoriscono la destra. In un clima di appiattimento e schiacciamento sulle polarità, ci deve interessare soprattutto mantener vivo il dibattito. Chiedo ai lettori e alle lettrici di dire che cosa ne pensano: per questo, possono anche utilizzare lo spazio dei Commenti qui di seguito.
Renzo Zuccherini
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