Perugia1416: tra curiosità e perplessità
Se Perugia dovesse cercare una data da festeggiare, non potrebbe che essere il ricordo di quei 5 giorni e mezzo, dal 14 al 19 giugno del 1859, in cui Perugia pregustò il sapore della libertà dopo tre secoli di dominio pontificio. Quale sentimento di appartenenza potremmo trovare meglio di quelle speranzose giornate?
Da perugino verace partecipo sempre con piacere alle attività e agli eventi culturali che vengono organizzati dal Comune di Perugia in città. E anche per Perugia1416, visto che sarò a Perugia, sarò a passeggiare per Corso Vannucci. Non nascondo che a spingermi sarà un mix di curiosità e perplessità. I primi legati all'enorme campagna, a tratti spropositata, montata per un evento cultural-turistico che da due anni viene sbandierato come il momento della rinascita di Perugia. L'evento in ricordo della battaglia di Sant'Egidio, dove Braccio Fortebraccio diventa signore, di fatto, di Perugia è interessante e ha visto, come per nessun altro evento, l'arrivo in città di studiosi e ricercatori di ogni dove, permettendo a molti giovani (e appassionati di storia come me) di scoprire aneddoti, storie e fatti di una Perugia medioevale che non conoscevo. E che molti non conoscono. Dunque, ma lo dico da appassionato, ben vengano dibattiti e conferenze legate alla storia della città. Ben venga la storia e gli incontri di studiosi su questo guerriero che sognava di costruire uno stato con Peugia al suo centro, nell'Italia centrale del 1400, e che morì in combattimento nell'assedio dell'Aquila. Ben vengano infine taverne e associazioni rionali che lo celebrano e lo pensano come ad un condottiero morto prematuramente che ha condizionato la storia della città. Certo, le perplessità su questa rievocazione non mancano. La prima, è che di fronte a questo mega evento (se non sbaglio il Comune ha stanziato 3-4 volte i soldi che ogni anno stanzia per Umbria Jazz) riguarda il coinvolgimento della città. Perché, mi chiedo, non coinvolgere da subito, nella progettazione, quelle poche Associazioni rionali rimaste a Perugia? Voglio dire, perché presentare un pacchetto (prendere o prendere) già pronto, fatto di giochi, sfilate e incontri, ad associazioni che hanno nel proprio dna la storia della città e che durante tutto l'anno organizzano quasi senza nessun finanziamento attività e momenti di partecipazione fondamentali per la civitas perugina? Negli ultimi 15 anni queste Associazioni sono nate, o rinate, con l'idea di costruire momenti di aggregazione, di partecipazione e di sviluppo dei quartieri, in un mondo sempre più globalizzato, sempre più veloce e spesso sfuggente. Perché dunque estrometterle in quella fase e chiederne l'appoggio successivamente? La seconda perplessità sul mega evento è che se Perugia dovesse cercare (qui aggiungo anche FINALMENTE!) una data da festeggiare, beh, quel momento non potrebbe che essere il ricordo di quei 5 giorni e mezzo, dal 14 al 19 giugno del 1859, in cui Perugia pregustò il sapore della libertà dopo tre secoli di dominio pontificio. Secoli che come ben sappiamo hanno contraddistinto diverse chiusure, mentali ed economiche, che ancora oggi segnano, rispetto a regioni vicine, leggi Toscana, il carattere e la storia di Perugia e dei perugini. Quale sentimento di appartenenza potremmo trovare meglio di quelle speranzose giornate, che da un lato videro circa un migliaio di giovani perugini partire dalla città per partecipare ai moti risorgimentali e dall'altro un altro migliaio di difensori rimasti, con tanto di schioppo e poco altro, a difesa della nostra libertà? Sappiamo bene come finì: una strage, quella del 20 giugno, con annessa facoltà di saccheggio della città come "extra" (come se trecento anni non fossero bastati!) per l'esercito papalino del colonnello Schmidt. Paradossi della storia: tutto ciò avviene nel 1859, pochi mesi prima dell'impresa di Giuseppe Garibaldi e dei mille. La terza perplessità riguarda invece l'idea e l'immagine di Perugia. Io sono cresciuto immaginando una città capoluogo, perché quella è stata l'idea e l'immagine, al di là del colore politico, che la classe dirigente di Perugia ha avuto, dal 1860 ad oggi, della nostra città. Neri, rossi, bianchi, tutti con questa idea fissa. Una città capace, nonostante le sue paure e le sue chiusure di aprirsi al mondo e che seguendo questa filosofia ha visto crescere eventi di richiamo internazionale quali il Festival del Giornalismo e Umbria Jazz, che oggi ci permettono di far conoscere la città nel mondo. Una città aperta. Eventi non facili da replicare e che necessitano di idee e risorse per poter crescere bene, farsi conoscere e identificare la città fuori dal proprio contesto. Una città attrattiva e innovativa, che con quest'evento e il suo grande costo stona. E' la perplessità più grande. Non riesco a immaginare un tedesco o un americano, che non siano già in città, venire nel centro dell'Italia a vedere Perugia1416. La mia paura, ma spero di sbagliare, è di un ripiegamento su se stessi, proprio ora che la città, seppur lentamente, sta uscendo da una crisi economica che dal 2008 ha segnato il paese e l'occidente intero, oltre che Perugia.
PS. segnalo per il prossimo fine settimana gli eventi commemorativi del 20 Giugno, frutto del lavoro volontario delle associaizoni organizzatrici.
Un socio della Società Mutuo Soccorso Perugia
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