La demolizione della fornace, e altre demolizioni
Fontivegge, ex Perugina, e via del Macello, ad Ellera la ex Saffa, A San Marco nello spazio liberato dalle fornaci: esempi di come non andrebbero fatte queste riconversioni
11 Dicembre 1848: è la data della delibera dei rivoluzionari che si erano insediati nel Municipio della città per la distruzione del mastio e dei baluardi della Rocca Paolina. Nel Giugno del 1849, con la restaurazione del governo pontificio, la demolizione fu sospesa. Quando Perugia fu annessa al Regno d'Italia, il Consiglio comunale autorizzò la definitiva demolizione per togliere "dinnanzi agli occhi un monumento di cotante ingrate ricordanze": era il 17 dicembre 1860, e della Rocca Paolina rimase quello che i nostri occhi vedono oggi. Senza addentrarci nelle motivazioni che allora giustificarono quelle decisioni, mi chiedo se è cambiato qualche cosa nel corso del secolo che è trascorso, nella testa dei perugini che si trovano a prendere decisioni sul futuro di manufatti industriali abbandonati, che aspettano lì, senza dare fastidio a nessuno! Si, perché, le decisioni che si prendono quando ci si trova a valutare il nuovo uso da destinare alle aree ex industriali, non prevede mai il loro riutilizzo senza includerne la loro demolizione. A Perugia, zona stazione ferroviaria, ci sono due macro esempi di come non andrebbero fatte queste riconversioni. Fontivegge, ex Perugina, e in via del Macello, dove si trovavano numerosi insediamenti produttivi, hanno cambiato destinazione d'uso, cioè da zone di produzione industriale-artigianale, a zone di uffici ed abitative. Modificarne la vocazione per cui erano nate, senza riflettere sulle conseguenze, ha mostrato a tutti la fragilità con cui il territorio e gli individui che ci abitano le hanno dovuto subire. Ad Ellera, la riconversione dell'ex Saffa in Galleria Commerciale e abitazioni, non ha avuto un bell'esito. Spazio commerciale mai decollato, palazzi anonimi che non sanno di niente. A San Marco, nello spazio liberato dalle fornaci, c'è il solito centro commerciale, degli anonimi tristi palazzoni e una solitaria ciminiera che non aiuta a ricordare un niente! Solo un'iniziativa lodevole ha trovato posto in mezzo a questo niente, il Museo del Giocattolo. Si può produrre cultura dove un tempo si lavorava producendo manufatti? Credo di si. La distruzione dello stabilimento ex Tabacchi, in via Cortonese, riproduce questa cecità di visione del futuro della nostra comunità: negozi, uffici, abitazioni, e così avanti fino alla prossima riconversione. Piscille?
Sandro Bellu
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