Guardare e sentire Perugia con gli occhi del civismo
Civismo è una parola bellissima che coniuga cittadinanza e civiltà. quando si pensa ad una città bisogna immedesimarsi in lei, pensare i suoi pensieri, essere in grado di regalarle parole giuste accompagnate da gesti e sguardi adeguati, stabilire con lei un rapporto sentimentale entrando in relazione con quella che Raffaele Rossi chiamava psicologia della città
Queste pagine sulla mia città … espongono alcuni punti di vista dai quali ho guardato e sento la città. (Aldo Capitini) Per la persistente crisi dei partiti e la conseguente disaffezione al voto da tempo in Italia c'è un proliferare di cosiddette liste civiche; quasi sempre legate alle ambizioni di singoli, di corporazioni o di politici che, riciclandosi come civici, tentano di mantenere privilegi. Sono forme di autocivismo. Un brutto costume che ha portato all'abuso della parola civismo, con il risultato che questo termine piegato ad ogni egoismo, interesse ed intenzione ha finito per non contenere più alcun significato. Civismo, invece, è una parola bellissima che coniuga cittadinanza e civiltà. Un termine che non dovrebbe avere plurale al quale deve essere restituito senso e dignità. Significa aver coscienza come cittadini dei propri doveri e responsabilità nei confronti dello stato e della collettività, non essere concentrati solo su se stessi, far prevalere il noi rispetto agli interessi individuali, sentire il bisogno di essere vicino agli altri. Proprio per il significato ed il senso profondo che il civismo ha, quando si pensa ad una città bisogna immedesimarsi in lei, pensare i suoi pensieri, essere in grado di regalarle parole giuste accompagnate da gesti e sguardi adeguati, stabilire con lei un rapporto sentimentale entrando in relazione con quella che Raffaele Rossi chiamava psicologia della città. Ed allora, se si vuol pensare a Perugia, la prima cosa da fare è guardarla con gli occhi del civismo gettando su di lei uno sguardo affettuoso. Ci si accorgerebbe che non è una città con un centro storico circondato da un'indistinta periferia, nemmeno un centro storico con altri centri secondari che gli girano attorno come satelliti ma una città policentrica con centri che hanno tutti pari dignità. Uno di questi è la “Città vecchia” che oltre al centro storico comprende le periferie, oramai storiche anch'esse, a ridosso delle mura medievali, poi ci sono la zona intorno a Pian di Massiano, San Sisto, Ponte san Giovanni ed i ”Ponti” tenuti insieme dalla striscia d'acqua del Tevere. Ognuno di questi luoghi ha le sue peculiarità, simboli nei quali si riconosce, bisogni da individuare e soluzioni ad essi che non potranno limitarsi alla riqualificazione edilizia ma anche a quella sociale e culturale. È per questo che è indispensabile frequentarli, viverli, guardare i volti di chi ci abita, sentire i desideri e le aspettative che quei volti esprimono. Facendolo certamente si percepirà anche la necessità che hanno di sentirsi parte di un'unica comunità, di una città non solo di monumenti e mura – magari considerati vacuo fondale scenografico buono per una carnevalata in costume - ma di una città con un'anima che, come ha scritto Salvatore Setiis, "cammina con noi, dentro di noi". È dopo un percorso sentimentale di questo tipo che le cose diventano più chiare e le strade da percorrere visibili. Uno di questi cammini di senso si chiama cultura. Perugia è la città di due università e di altri istituti superiori di cultura. Ciò significa studio, ricerca, nuove tecnologie, nuove forme di comunicazione. Vuol dire anche giovani, sia quelli di Perugia che, grazie ai coetanei iscritti come fuori sede, hanno da sempre avuto un'importante occasione di crescita vivendo una specie di “Erasmus” nella loro città. Sia quelli venuti da fuori, verso i quali si dovrebbe sentire il bisogno d'essere accoglienti, grati e protettivi per tutto quello che dal punto di vista sociale, economico e d'immagine rappresentano per Perugia. Altra strada comune è quella della storia coniugata all'arte, di sentire il dovere di preservare per consegnarlo alle future generazioni ciò che si è ricevuto: la Fontana, il Palazzo dei Priori, i vicoli di Perugia, il diffuso patrimonio artistico e quello etrusco. A proposito di quest'ultimo aveva iniziato a parlare di esso come Patrimonio dell'Umanità Michele Bilancia, poi il Comune di Perugia aveva esteso questa intuizione a tutta la “Dodecapoli etrusca”. Chiedere che un proprio bene storico-artistico diventi assieme a quello di altri comuni italiani Patrimonio Unesco è un atto di civismo con il quale si dice a chi abita in altri luoghi del Mondo “guarda che questa cosa è anche tua, è di tutti noi, è dell'Umanità”, e risulta veramente incomprensibile che la proposta sia finita in fondo ad un cassetto. E poi c'è il XX Giugno, un giorno che è simbolo di libertà nel quale ci si può ritrovare tutti. Chi era nelle barricate di Porta san Pietro mica lo faceva per una rivoluzione anticlericale? Stava lì perché da persona del suo tempo voleva vivere in un'Italia libera, unita, con una Costituzione. Così come in un Paese libero volevano vivere Mario Grecchi e gli altri Partigiani fucilati in Borgo XX Giugno. E fu per mantenere un filo ideale con il bisogno di libertà di queste persone che Aldo Capitini, che il Venti Giugno sentiva nascere in sé un “sentimento civile”, scelse di far partire la prima “Marcia della Pace” da quel Borgo. È per questo che sarebbe bello che lo spiazzo davanti alla porta san Girolamo venisse chiamato “Largo Marcia della Pace” e che i cipressi nella scarpata venissero mano a mano sostituiti con ulivi intestati ad umbre ed umbri che possano essere indicati ai viventi come esempi per quello che hanno fatto, per come hanno vissuto, per ciò che hanno subito: un ulivo per Raffaele Rossi, uno per Roberto Abbondanza, Mario Grecchi, Giorgio Battistacci, Aldo Capitini, Mario Angeloni, don Luigi Piastrelli, Claudio Spinelli, Pietro Scarpellini, Barbara Cicioni di Marsciano, Enzo Baldoni della Valnerina, Torquato Secci di Terni e così via. A dimostrazione di una città che sa guardare e sentire se stessa e la regione di cui è capoluogo con gli occhi del civismo.
Vanni Capoccia
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