Perugia 1416: la sconfitta della città, l'inizio del declino
Con l'occupazione di Perugia da parte di Braccio, si festeggia la vittoria dei nobili e dei papalini sul popolo perugino. Una settimana prima del XX Giugno. L'assessore e il sindaco, ostaggi dei professoroni revisionisti
Noi siamo cresciuti alla scuola del Bonazzi, di Binni e Capitini, per i quali i secoli d'oro della città furono quelli della crescita impetuosa del libero comune e delle sue istituzioni: il Duecento e il Trecento, tempi in cui le grandi decisioni erano prese dal popolo in Piazza o nella Sala del Popolo (poi ridotta a Sala dei Notari). Perciò ci fa una certa impressione leggere, sulle cronache cittadine, di gran professori che, revisionando la storia a loro piacere, hanno scoperto che il secolo d'oro di Perugia è il Quattrocento, il secolo della decadenza della repubblica perugina, dell'arrivo del governatore pontificio (nominato dal papa in successione a Braccio), della fine dei lavori per il Duomo, che infatti non è mai terminato, e si contrappone tristemente allo splendore dei gioielli della repubblica perugina come la Fontana e il Palazzo dei Priori. Prima, una sola volta, nel 1370, il papa aveva tentato di mandare un suo governatore (l'abate di Monmaggiore), ma dopo pochi anni i Perugini l'avevano fatto scappare di corsa dal baluardo di S. Antonio e non se ne era parlato più, fino a quando Braccio, dopo aver occupato con la violenza la città, non ebbe la bella idea di farsi nominare vicario papale: da quel momento, dunque, non c'erano più dubbi, la città era suddita del governo ponteficio. E la debolezza e incertezza politica di Braccio è dimostrata anche dalla brevità del suo dominio, terminato con la sua morte all'assedio dell'Aquila: Braccio cioè rimase fino ala fine condottiero di ventura, senza riuscire a costruire una visione politica del suo potere. Ma i professoroni revisionisti vedono dappertutto le opere di Braccio, il quale certo, come tutti i regimi forti, non mancò di realizzare opere utili (ma più che altro, Braccio si preoccupò di costruire il suo palazzo, oggi scomparso); e vedono i segni di Braccio dappertutto, persino nello stemma dipinto in cima alla Sala dei Notari alla fine dell'Ottocento. E si inventano addirittura una polemica contro chi sosterrebbe che Braccio non fosse perugino: in realtà nessuno sostiene una cosa del genere; certo che Braccio era perugino, talmente perugino che i Perugini dovettero cacciarlo dalla città (lapalissiano: se non fosse stato perugino, non ci sarebbe stato bisogno di cacciarlo come nemico del popolo). E l'assessore ha creduto ai professoroni, e intanto spera di ricavare un bel "grande evento", con tanti turisti in giro per la città e persino tanti posti di lavoro in più. Auguri. Noi da tempo andiamo sostenendo che la città non ha bisogno di altri "grandi eventi", ma di cura, di manutenzione, di promozione e di riscoperta del suo (ricchissimo) tessuto culturale; e invece vedremo gualdrappe e crinoline. Colpisce però la data scelta: una settimana prima del XX Giugno. La rievocazione medievale con tamburi e chiarine, promossa e sbandierata su tutti i mezzi di comunicazione, non potrà che offuscare ancor di più la vera ricorrenza identitaria e fondativa della città, quella "sconfitta" del 1859 che la città visse con dignità ed orgoglio ed in altri tempi fu occasione di "festa grande": festa della libertà e del riscatto, come altre grandi "sconfitte" storiche, quella di Cestio Macedonico, quella di Ercolano... . Con la rievocazione medievale, si vorrà festeggiare una sconfitta senza gloria e senza orgoglio, la vendicativa rivalsa dei nobili sul popolo perugino, la fine della grandezza della repubblica perugina. Con tamburi e chiarine, con bandiere e gualdrappe, appunto. Intanto, sempre a leggere le cronache, pare che la Sassaiola non si farà. Gioco plebeo e popolare, adatto ai tempi della grande repubblica perugina, ma non certo a quelli dell'ossequio alla nobiltà e al papa-re. Vuoi scommettere che si finirà per scegliere un gioco equestre, cioè un gioco adatto ai signori, ai cavalieri, cioè ai possessori di cavalli? Certo, sarebbe più coerente al nuovo corso perugino (quello di oggi, non quello medievale).
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