Fiera dei Morti, la manifestazione storica di Perugia
Una manifestazione legata al passato, con un solido presente, che i futuri cittadini porteranno con loro nel futuro. Cosa che rende ancor più anacronistica la pervicacia con la quale a Perugia s'insegue una fanta-storica rievocazione del passato
Quelli che vedete sono il primo (sotto) e l'ultimo (sopra) dei documenti sulla Fiera dei Morti di Perugia. L'ultimo è di quest'anno ed affisso ai muri della città. L'altro è dell'11 Ottobre 1260, quando la fiera si chiamava d'Ognissanti ed era una delle fiere più importanti del Centro-Italia; luogo “di incontro di mercanti di professione, che vi effettuavano ingenti contrattazioni delle più svariate mercanzie, il cui pagamento, in genere, non veniva effettuato in contanti, ma attraverso l'emissione di particolari 'lettere di fiere', riscuotibili in successivi raduni.”. (Alberto Grohmann, Note selle fiere umbre in età medievale e moderna).
Testimoniano che la “Fiera” accompagna da secoli Perugia. Per centinaia d'anni svolgendosi nel cuore del Centro storico. Poi, quando nuovi stili di vita hanno indotto tante famiglie ad abbandonare i vicoli della città le ha seguite. Spostandosi in Corso Cavour, al Campo boario di Borghetto di Prepo, in via Ripa di Meana, per finire a Pian di Massiano dove attualmente si tiene. Ora con una sua parte è tornata in Centro, aiutata in questo dal Minimetrò che diventa una specie di cordone ombelicale grazie al quale i perugini e le migliaia di visitatori possono spostarsi dall'antico luogo del commercio a quello contemporaneo. E mentre con il mutare dei tempi la “Fiera” mutava, in un reciproco specchiarsi mutavano i perugini che vi si recavano. Cambiavano i loro vestiti, i loro bisogni, i loro gesti. Ai loro volti incominciarono ad aggiungersi quelli dei nuovi abitanti: prima dei contadini che si inurbavano, poi di chi da altre regioni si trasferiva a Perugia, ora quelli di chi ha attraversato confini in fuga da guerre e povertà. Quello che rimane costante è il sentimento che lega i perugini alla fiera, il bisogno di andarci, la necessità di acquistare qualcosa e di farsi incantare una volta da giocolieri, saltimbanchi, cantastorie, adesso dai moderni giochi del Luna Park che del passato hanno conservato il nome di “Baracconi”. Insomma, una Fiera dei morti (o d'Ognissanti) viva, con le radici nella Perugia medievale, che si evolve diventando quello che gli impone il comune sentire di generazioni di perugini ed i bisogni del loro tempo. Una manifestazione legata al passato, con un solido presente, che i futuri cittadini porteranno con loro nel futuro. Cosa che rende ancor più anacronistica la pervicacia con la quale a Perugia s'insegue una fanta-storica rievocazione del passato che essendo, a differenza della “Fiera”, priva di radici storico-sociali e continuità con il passato non potrà che essere né culturale, né storica.
Vanni Capoccia
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