Il palio della vispa Teresa e di Braccio Fortebraccio
Perugia città della guerra e del cucito. Nell'operazione ci sono, evidenti, un taglio sociale e un sostrato ideologico nettamente conservatori
L'annunzio ai Perugini risale a metà aprile. Lo propagano festanti giornali e notiziari: “Ci siamo. Il 2016 sarà l'anno della sperimentazione della prima edizione della rievocazione storica de Il Grifo e il Leone”. Vediamo di che si tratta. Nel 2011 una associazione cittadina, “Acropolis”, aveva presentato al Comune la proposta di un Palio medievale, che avrebbe avuto il suo cuore in una rievocazione in costume e il suo stomaco nelle taverne dei rioni cittadini. Una mozione del Consiglio Comunale espresse apprezzamento per l'idea, ma la giunta Boccali si guardò bene dal seguirne le indicazioni, che sembravano contrastare con l'immagine che s'era scelta nel concorso per la Capitale Europea della Cultura. La nuova giunta di centrodestra guidata da Romizi ha cambiato idea e l'assessore Teresa Severini ha sposato il progetto con un entusiasmo degno di miglior causa, convinta che il “Palio” porterà turismo e rafforzerà nei perugini coesione e voglia di partecipazione. E' verosimile che nel fare la sua scelta, più che alla Quintana di Foligno o al Calendimaggio di Assisi, feste medievali nate diversi decenni or sono in una diversa temperie storico-culturale, abbia guardato alla manifestazione delle “Gaite” di Bevagna, priva di tradizioni ma costruita non molti anni fa con una certa attenzione alla qualità e con un successo di pubblico ampio e crescente. Dopo un paio di mesi, in una intervista al “Corriere dell'Umbria” del 30 giugno è proprio lei, la vispa Teresa, a dar conto dello stato dell'arte. Secondo l'intervistatrice, Sabetti Fiorelli, l'assessore parla e polemizza impetuosamente, con la spada sguainata, neanche fosse una guerriera. Il momento di cui si progetta la rievocazione è il 1416, l'anno della cosiddetta battaglia di Sant'Egidio in cui il capitano di ventura Braccio Fortebraccio da Montone sconfisse con i suoi mercenari quelli di Giovanni Malatesta. La cosa determinò il prevalere in città della fazione “braccesca”, antipapale, e la decisione di assegnare a Braccio la signoria della città. La ricorrenza del sesto centenario sembra a Severini beneaugurante. Le dà man forte sullo stesso giornale il 19 luglio lo scrittore Marco Rufini, il quale dice di non voler entrare nella “parte folk, sagrale”, utile però a valorizzare una grande operazione celebrativa, realizzata con convegni e mostre. Rufini vuole un museo per Braccio su cui si sarebbe scagliata una sorta di damnatio memoriae, dice che “è stato un genio, concreto e lungimirante, amato dal popolo”, che ha anticipato di quattrocento anni il 20 giugno, ricorda che diceva di essere “la spada di San Francesco”. Rufini disegna un percorso che comporti il recupero di oggetti e documenti e abbia conclusione in un museo. La manifestazione non si svolgerà in luglio per evitare sovrapposizioni con Umbria Jazz, ma nella prima decade di giugno e si baserà su una “sana competizione” tra i cinque Porta Eburnea, Porta San Pietro, Porta Sant’Angelo, Porta Santa Susanna e Porta Sole. Oltre a un corteo in costume e a vari giochi si ripristineranno le “sassaiole” che Braccio indiceva tra i giovinotti per forgiarne lo spirito guerriero. E' il tema che ha fatto più discutere, non solo per le implicazioni ideologiche belliciste, ma anche per i rischi che comporta: è vero che non saranno sassi veri, ma gomitoli di stracci, ma si sa che ad Ivrea, dove per Carnevale si scambiano tiri di arance, il pronto soccorso dell'ospedale per l'occasione lavora a pieno ritmo. La Severini difende la sassaiola: “In moltissimi la vogliono, si tratta di vedere in che modo verrà riproposta . Era anche un allenamento alla guerra, alla sopravvivenza”. Rufini dice che “in questo c'è una tradizione forte che va valutata per la sua valenza catartica”. Una critica non sguaiata, ma penetrante era venuta al “Palio” da Renzo Massarelli, che nella sua rubrica sul “Corriere” ricorda che Perugia, pur orgogliosa della sua storia, guarda all'Europa e al mondo e che le manifestazioni che ne caratterizzano il successo e l'attrattiva (inclusa la discutibile Eurochocolat) rifuggono dalla nostalgia e dal provincialismo. Ma l'assessore non sente ragioni: “La Rievocazione, intanto, porterà nuovi posti di lavoro, creerà movimento per ridare forza all’artigianato perché sono previsti dei mercati in centro e nei rioni con prodotti di eccellenza sia nell’oggettistica sia nell’agroalimentare. Coinvolgeremo anche le scuole, come l’Istituto Ipsia per realizzare i costumi nei corsi di cucito. Questa non è nostalgia ma impresa”. La parola magica, “impresa”, è pronunciata ed essa dovrebbe essere garanzia non solo di modernità, ma addirittura di postmodernità. E tuttavia nell'operazione ci sono, evidenti, un taglio sociale e un sostrato ideologico nettamente conservatori. C'è - dichiarata dalla stessa Severini - l'idea di “ricucire”, cioè di riannettere, quello che chiama “contado” al centro cittadino, e c'è l'idea di ridimensionare il 20 Giugno, caro a Capitini, a Binni, a Lello Rossi, celebrazione della rivolta contro un potere ingiusto di un popolo mal armato e senza guida. Si valorizza, al contrario, un capo non privo di ingegno ma spietato, un sanguinario uomo d'armi. Io sospetto che in tutto ciò ci sia lo zampino di Alessandro Campi, che dei destrorsi locali è il faro culturale. Fu lui che, a suo tempo, definì “eroi dell'italianità” i mercenari italiani sequestrati e poi barbaramente uccisi in Iraq (i contractors, non Enzo Baldoni) ed è stato lui, di recente, a organizzare nel nome di Machiavelli una mostra sui capitani di ventura. Sarà contento che a simboleggiare la città sia Braccio e non più Capitini con la sua nonviolenza e con le sue marce della pace e sarà contento Colajacovo che allargherà i cordoni della borsa della Fondazione Crp. Suggerisco che, mentre ci sono, intitolino l'Aeroporto di Sant'Egidio (luogo di una battaglia, che il Dizionario delle battaglie Rusconi, ahimè, trascura) a Braccio di Montone. E' vero che lo hanno già stato intestato a San Francesco, neanche molto fa, ma il Poverello non dovrebbe dispiacersi, anche lui ha bisogno di una spada.
(da micropolis del 27 luglio 2015, a. XX n. 7-8)
Salvatore Lo Leggio
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