Il Mercato contro il mercato (coperto)
Si potrebbe dire che la questione del mercato coperto di Perugia sta tutta dentro l’opposizione evocata da Galeano: possono e debbono prevalere per una volta le ragioni del mercato con la minuscola invece di quelle del Mercato con la maiuscola? Si può definire il mercato (con la minuscola) uno spazio “vernacolare”, un bene umile radicato nella comunità e aperto alla socialità
Molti ricorderanno 1984, il romanzo profetico e agghiacciante di George Orwell, dove lo scrittore immagina che il regime dittatoriale che si è imposto nel super-stato chiamato Oceania (di cui fa parte anche la Gran Bretagna), per rendere inattaccabile il proprio potere ha inventato e imposto una Neolingua, una lingua artificiale che consente di esprimere soltanto concetti, valori, opinioni coerenti con la ideologia del regime e che di fatto rende impossibile ogni altra forma di pensiero; la Neolingua deve sostituire l’Archelingua, la vecchia lingua in uso prima dell’affermazione del potere del Grande Fratello. Nel 2004 il grande scrittore uruguayano Eduardo Galeano, scomparso proprio pochi giorni fa, riprende questo tema in un breve scritto intitolato Ladri di parole, pubblicato nel libro Le labbra del tempo; stigmatizzando alcuni dei termini della “neolingua” propria della globalizzazione sotto il segno del capitalismo trionfante scrive: “le buone azioni non sono più i nobili gesti dell’anima ma le azioni quotate bene in Borsa, e il ‘mercato’ non è più quel bel posto dove si compra la frutta e la verdura; adesso si chiama ‘Mercato’ [con la maiuscola] un temibile signore senza volto che dice di essere eterno e ci tiene d’occhio e ci castiga. I suoi interpreti annunciano: ‘Il Mercato è nervoso’, e avvisano ‘Non bisogna irritare il Mercato’. In effetti sono diventate ormai comuni espressioni come: il mercato vuole, il mercato reagisce, ecc., quasi si stesse parlando di una persona o di un’entità intoccabile al di sopra della storia, e nascondendo invece il fatto che l’onnipotente Mercato è soltanto una particolare realizzazione storica della attività economica finalizzata a rispondere a specifici interessi. In questo senso, si potrebbe dire che la questione del mercato coperto di Perugia sta tutta dentro l’opposizione evocata da Galeano: possono e debbono prevalere per una volta le ragioni del mercato con la minuscola invece di quelle del Mercato con la maiuscola? In questa prospettiva, scomodando il grande pensatore austriaco Ivan Illich, è forse possibile definire il mercato (con la minuscola) uno spazio “vernacolare”, un bene umile radicato nella comunità e aperto alla socialità (Illich direbbe convivialità), estraneo al mondo delle merci e dei bisogni standardizzati rappresentati e promossi dal Mercato (con la maiuscola).
Non è la prima volta che la questione del mercato coperto di Perugia diventa oggetto di discussione pubblica e anche di aspra polemica. Nel 2007, si ricorderà, la amministrazione comunale di allora tentò di far passare un progetto che prevedeva la sua trasformazione in un nuovo e luccicante centro commerciale: dal rendering del progetto elaborato da esperti architetti si poteva evincere che si sarebbero sfrattate le patate e le mele, sarebbero spariti invece che moltiplicati i pani e i pesci, e che al loro posto sarebbero subentrati Armani, Gucci e altri mirabolanti alfieri del lusso; addirittura, nel corso della presentazione pubblica del progetto (sala dei Notari, 17 aprile 2007) fu annunciato che per venire incontro alle esigenze dei giovani si sarebbero realizzati una palestra di fitness e un disco- pub. Le associazioni di cittadini e ambientaliste (fra cui Italia Nostra e in prima fila l’attuale vicesindaco), insieme agli stessi operatori del mercato coperto, ultimi pellerossa asserragliati in quel luogo disastrato, si sono mobilitati contro tale progetto dando vita, fra le altre iniziative, a una grande assemblea pubblica al Teatro Pavone: la partecipazione attenta di tanti cittadini è stata liquidata dai fautori del progetto come un’adunata di nostalgici del passato, di nemici del progresso e della modernità, dando così a intendere che la modernità, anche secondo taluni amministratori sedicenti di sinistra, si dispiega nella supremazia del mercato (non quello coperto, ma quello con la M maiuscola) sulle relazioni e sulla vita sociale. Come si sa, il progetto è stato poi abbandonato, un po’ per l’opposizione di tanti cittadini e un po’ perché i conti sembravano non tornare agli investitori, e al suo posto non è stato messo in campo nessun altro progetto se non quello, non detto ma ottusamente coltivato, di lasciare il mercato al suo destino di degrado e di abbandono. Finalmente l’anno scorso le azioni dei giovani di Umbria Grida Terra hanno squarciato la cappa di silenzio e di rassegnazione che gravava sul mercato coperto - altrimenti avviato a passare silenziosamente dal coma alla morte - mostrando, con pochissimi mezzi a disposizione e con molto entusiasmo, che un “altro mercato è possibile”. Sottolineo che si è trattato di giovani perché questo ha segnato una differenza importante con i protagonisti delle azioni messe in campo nel 2007: allora eravamo per lo più persone di mezza età e forse per questo i giovanotti progressisti che amministravano la città hanno avuto buon gioco a tacciarci di passatisti e nostalgici del bel tempo che fu (forse avevano in mente Jerry Rubin, militante negli anni ’60 nel movimento di opposizione alla guerra in Vietnam, che ammoniva i suoi coetanei a diffidare di chi aveva più di 35 anni). Ora i giovani di Umbria Grida Terra, immuni dal sospetto di essere dei laudatores temporis acti, sono tornati alla carica, insieme a molti altri, per contestare il progetto della nuova amministrazione, e in particolare l’idea di affidare a un privato la gestione e i profitti di una parte importante degli spazi del mercato coperto. Senza entrare nei dettagli del progetto mi limito a proporre su tale questione qualche osservazione di carattere generale:
1. l’idea di violentare un mercato popolare ficcandoci dentro un supermercato o qualcosa del genere, rappresenta l’ennesima espressione, anche se minuscola nella sua dimensione provinciale, di una tendenza generale del capitalismo contemporaneo che consiste, per dirla con Bourdieu, nel “trasformare in merci e in fonte di profitto tutte le attività di servizio” (Pierre Bourdieu, Controfuochi 2. Per un nuovo movimento europeo, Roma, Manifestolibri, 2001, p. 98);
2. vista anche la recente tendenza alla chiusura di molti centri commerciali negli Stati Uniti che pure li hanno inventati (si veda in proposito il sito deadmalls.com), sembrano molto più innovative le proposte lanciate nell’incontro promosso pochi giorni fa da Umbria Grida Terra per rivendicare e motivare il carattere pubblico del mercato coperto; molto spazio ai piccoli produttori locali (il progetto dell’attuale amministrazione prevede 13 - tredici! porta pure sfortuna! - banchi di alimentari) e ai prodotti di qualità del territorio (si potrebbe avere la lungimiranza di immaginare qualcosa di simile, ovviamente in formato ridotto, a quanto ha scritto Vázquez Montalbán a proposito del mercato della Boquería di Barcellona: “La Boquería è una visita obbligatoria perché è la migliore vetrina delle materie prime della città; qui si trova quello che non si trova in nessun altro posto di Barcellona”);
3. oltre ai produttori locali, potrebbero trovare posto negli ampi spazi del mercato botteghe di artigiani, piccoli punti di ristorazione (street food per gli amanti della modernità a tutti i costi), negozi etnici, esposizioni temporanee di creazioni di giovani artisti che avrebbero così modo di farsi conoscere. Un’idea davvero moderna di un’area così grande, invece di prevedere l’ennesimo banale supermercato, punterebbe a farne “luogo meticcio” dove non solo si vende e si compra ma si creano occasioni di incontro e di partecipazione, si mettono a disposizione spazi per le associazioni, anche di stranieri, per i gruppi che fanno musica o fotografia o scultura o qualsiasi altra attività che non sia riunirsi in un pub a bere birra;
4. è facile immaginare l’obiezione dei pensosi amministratori: non ci sono i soldi per mettere a nuovo il mercato senza l’intervento del privato. Sarà certamente vero, come non ci sono soldi per eliminare le buche delle strade, per le frane, per le scuole, per migliorare il servizio di trasporto pubblico (ma si sono trovati i soldi per l’inutile e costoso minimetro e per continuare a pagarne il passivo). Non ci sono mai i soldi per rispondere ai bisogni dei cittadini, ma ci sono (anzi, ormai sembra: ci sarebbero stati) per trasformare la E45 in autostrada che i cittadini non vogliono, ci sono sempre i soldi per gonfiare a dismisura il costo delle opere pubbliche (vedi, per ricordare solo gli ultimi, Mose a Venezia, Expo a Milano, Mafia Capitale a Roma), non mancano mai i soldi per pagare ricchi stipendi ai politici (tra i più alti in Europa). Si dirà che queste sono considerazioni antipolitiche: sì lo sono, perché non se ne può più di vedere le facce fintamente contrite dei politici di qualsiasi partito (di quei partiti che non hanno voluto prendere provvedimenti efficaci contro la corruzione, contro l’evasione fiscale, contro lo strapotere economico delle mafie) che ci vengono a dire: bello e valido questo progetto ma non ci sono i soldi per realizzarlo (ma sarebbe più corretto se dicessero: da qui non si cavano profitti per gli amici, e gli amici degli amici);
5. la battaglia per difendere il carattere pubblico del mercato coperto e impedirne la trasformazione, anche solo parziale, in centro commerciale non è dunque una battaglia di retroguardia, malinconicamente rivolta verso un passato ormai sepolto; al contrario, proprio perché cerca di contrastare la finta modernità stracciona e provinciale dei supermercati, si ispira a una prospettiva realmente moderna che sa guardare alle pratiche più avanzate e innovative sperimentate in altri Paesi.
Nome: Costanza Ciabatti Commento: Per i barellieri, quello che Barelli appena eletto vicesindaco scriveva di sé vantandosi: "Dell’azione di contrasto alla trasformazione del Mercato Coperto nell’ennesimo centro commerciale ..."
Nome: Costanza Ciabatti Commento: Per i barellieri dalla memoria corta quello che dichiarava Barelli in campagna elettorale criticando Boccali: "Ancora nel 2010, in un articolo apparso su Corriere dell’Umbria del 24 febbraio 2010, il Sindaco dichiarava di considerare il progetto di trasformazione in centro commerciale del Mercato coperto una “pietra miliare per il rilancio del centro storico”, a fronte della tesi del sottoscritto che proponeva di realizzare un progetto legato alle esigenze mercatali, espositive e culturali finalizzato a ridurre il sempre più diffuso disagio sociale soprattutto di giovani e studenti".
L'esatto contrario di quello che vuol fare ora come vicesindaco
Nome: Andrea Dozi Commento: Fatto caso che sul mercato i barellieri non hanno il coraggio di aprire bocca?