La sindrome di Ikea
Si tratta di operazioni che denotano una politica miope della città, dell’economia, dell’ambiente e della salute, una politica chiusa alla partecipazione dei cittadini
Alla voce “IKEA SYNDROME” nel “Urban Dictionary” (www.urbandictionary.com), si dice che sei colpito da questa sindrome quando “ti rendi conto che la vita è come un prodotto di Ikea perché, malgrado le istruzioni che ti hanno dato per iniziare, non hai la più pallida idea di cosa farai alla fine …”.
E non mancate di leggere la spiritosa storiella dei due ragazzi a letto che arricchisce la definizione …
La stessa sindrome, però, colpisce politici, dirigenti di enti pubblici, giornalisti ed anche molti cittadini non già a letto, come i due ragazzi di Urban dictionary, bensì nell’esercizio delle proprie funzioni.
Sì perché la complessa vicenda della nuova sede Ikea umbra sembra improntata ad una grande chiarezza di intenti e risultati attesi, nuove infrastrutture, servizi per la collettività, posti di lavoro, opportunità di sviluppo, ma l’impressione è che nessuno abbia un’idea davvero chiara di ciò che accadrà alla fine.
Mentre ciò che accadrà davvero è chiarissimo.
Ma procediamo con ordine.
In primo luogo ciò che non è chiaro è dove verrà realizzata l’opera: da un’iniziale collocazione in un’area del comune di Perugia compresa tra San Martino in Campo e Deruta, contro la quale si sono scagliate le liste civiche durante le scorse amministrative (e che oggi vantano un vice-sindaco) nell’incontro del 12 maggio 2013 dal titolo “Grandi opere, grande distribuzione e grandi affari: la vicenda Ikea - Opere Pie”, si è passati a nuove e mutevoli posizioni tra i comuni di Corciano, Magione e Bastia Umbra: la caccia al presunto affare Ikea è appena all’inizio.
Inoltre non è chiaro quale dimensione dovrebbe avere: il progetto nell’area perugina prevedeva l’occupazione di una superficie di circa 32 ettari, mentre nulla è dato sapere delle altre eventuali collocazioni.
Ed ancora non è chiaro quali siano le opere infrastrutturali ed i servizi per la collettività previsti, diversi da quelli indispensabili e funzionali soprattutto (o esclusivamente) alla stessa Ikea.
Quindi non è chiaro quanta nuova occupazione Ikea dovrebbe portare: si parla di 240 nuovi occupati senza precisare se si tratterà di posti stabili o precari/saltuari (come spesso accade).
Infine non è chiaro quali dovrebbero essere le opportunità di sviluppo garantite dalla presenza della megastruttura della multinazionale svedese.
Vediamo per contro quali sono le cose chiarissime che, invece, certamente accadranno.
Verranno sottratti (almeno) 32 ettari di suolo agricolo pregiato, ciò nella collocazione perugina, per far posto ad un complesso di edifici e parcheggi che definire non indispensabile è un cortese eufemismo.
Verranno realizzate nuove strade, svincoli, rotatorie, rampe e servizi alla mobilità asfaltando (come direbbe Renzi) terreni pregiati che garantiscono l’equilibrio idrogeologico della zona. Inutile sottolineare che si tatta di opere che hanno senso, e scopo, solo in relazione alla nuova sede Ikea e nessuna in relazione alle necessità del territorio circostante. E che dire poi dell’inevitabile incremento del traffico, e del conseguente incremento esponenziale dell’inquinamento dell’aria nelle zone interessate? È un caso che il Piano Regionale per la Qualità dell’Aria, nel tentativo (già abbastanza) disperato di rispettare i parametri imposti dalla direttiva comunitaria omonima, non ne faccia menzione?
Verranno creati pochi posti di lavoro temporanei e poche aziende dell’indotto verranno attivate in Umbria (forse nella logistica). Ciò perché la produzione italiana per Ikea (8% circa del totale) è concentrata in distretti strutturati con aziende specializzate del nord-est, Veneto in particolare. Pertanto Ikea avrà un effetto depressivo sulla produzione locale, fatta di artigiani ed aziende di dimensioni piccole o piccolissime che realizzano prodotti di qualità, ma privi di qualsivoglia strutturazione in distretti produttivi o dotati di servizi infrastrutturali adeguati.
In sintesi Ikea, ovunque dovesse sorgere in Umbria, porterà alla perdita di suolo pregiato, al peggioramento dell’equilibrio idrogeologico e della qualità dell’aria, costerà molti posti di lavoro in più di quanti, teoricamente, creerà o contribuirà a creare, con un saldo nettamente negativo per un’economia, e per dei settori produttivi, che versano già in una crisi gravissima.
Insomma siamo costretti a ribadire, come già fatto per il villaggio Decathlon, che si tratta di operazioni che denotano una politica miope della città, dell’economia, dell’ambiente e della salute, una politica chiusa alla partecipazione attiva dei cittadini.