Quando c'era chi pensava che il Palazzo dei Priori...
...non dovesse essere un aristocratico e vanitoso fortilizio. La breve stagione di "Marcia, piede", associazione dei pedoni, e della partecipazione
Il foglio che vedete sotto l'ho ritrovato tra le mie cianfrusaglie. E' la copia, della copia, della copie che facevo di “straforo” nell'unica fotocopiatrice che una trentina d'anni fa c'era in tutto il Policlinico di Monteluce: chiedevo il permesso di farne una, e le impiegate della Direzione sanitaria fingevano di non accorgersi che mentre uscivo ringraziando i fogli che avevo in mano erano un po' più di uno.
MARCIA,PIEDE, contrariamente a quello che potrebbero far pensare il nome e le impronte nel foglio, non era il marchio di un negozio di scarpe, ma quello dell'associazione per i diritti del pedone. Venne fondata da un gruppetto di perugini tra i quali il presidente Giangiacomo Biadene, il senatore Raffaele Rossi e lo storico dell'arte ed ambientalista Pietro Scarpellini fondatore di Italia nostra a Perugia. Ci riunivamo dove capitava, in genere davanti ad un bicchiere di vino all'Enoteca (che non c'è più) di via Ulisse Rocchi. Istituti scolastici ci invitarono a parlare ai loro studenti di Perugia, di Centro storico, di piste ciclabili, aree e percorsi pedonali, dei diritti dei cittadini compresi quelli di chi riteneva (pensate un po' che stranezza!) che le gambe ed i piedi servissero anche per camminare. Andavamo a parlare di una città: non solo di monumenti e mura - un vacuo fondale scenografico buono, magari, per una carnevalata in costume - ma di una città con un'anima. Una città invisibile ma concreta che "cammina con noi, dentro di noi" (Salvatore Settis), che non poteva né fermarsi né tornare al passato perché la Memoria, per poter rimanere a far parte di noi e portare nel futuro ciò che si è stati, ha bisogno del mutamento. Dicevamo che il futuro, in una città che iniziava ad essere assediata dal traffico, stava anche nel dare la possibilità in alcune aree cittadine, sia nella città vecchia che nelle periferia, di sentire i segreti che quei luoghi hanno da comunicare, di poter ascoltare le proprie voci ed il rumore dei propri passi. Ci invitarono a far parte di commissioni comunali nelle quali si prendevano decisioni sul traffico automobilistico e pedonale. E questo accadeva non perché c'erano altre maggioranze, ma perché nella Giunta e nel Consiglio comunale di Palazzo dei Priori c'erano alcune persone che ritenevano che il Palazzo dei Priori dovesse essere quello che era quando è nato: non un aristocratico e vanitoso fortilizio ma il Palazzo del Popolo, un luogo aperto ai cittadini ed alle loro associazioni che dovevano essere ascoltate ed avere il diritto di partecipare alle scelte che li riguardavano. Pensavano, come noi di Marcia,piede, che il nuovo ed il vecchio non si misurano solo in base a criteri economici ma che il bilancio deve essere di "valori o, se si vuole un'altra e più appropriata metafora economica, di 'Capitale civico'.". (Salvatore Settis) Fu una stagione breve quella della partecipazione. Andò esaurendosi con le giunte di sinistra Locchi-Boccali rispetto alle quali l'attuale giunta di destra Romizi-Barelli è più in sintonia e continuità di quanto si pensi, tanto è vero che le recenti scelte sul traffico nel Centro storico sono simili a quelle che avrebbe voluto attuare l'assessore di Rifondazione comunista Ciccone.
Vanni Capoccia
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