A Vedelago di Treviso la raccolta differenziata è al 99%
Tratto dal foglio informativo dell'associazione Le Vie della Salute n.9 - 2/2009
Bottiglie
di plastica per colorare i tessuti, granulati derivati dal rifiuti
secchi per produrre sedie e bancali, avanzi della cena che diventano
concime. Riciclare al 100% i rifiuti è possibile. A dirlo è Carla
Poli, titolare del Centro riciclo Vedelago in provincia di Treviso.
Per lei il rifiuto non esiste. Al suo posto una straordinaria
risorsa, una grossa opportunità di business da utilizzare, proprio
come avviene al Centro di Riciclo di Vedelago, che si occupa di
separazione e riciclaggio di rifiuti, riuscendo a riciclare circa il
99% degli scarti trattati.
Sembra
impensabile, in un'epoca contrassegnata dall'invasione della
spazzatura nelle strade di Napoli, dalle difficoltà crescenti
incontrate dalle diverse amministrazioni per aprire nuove discariche
e dalle polemiche (motivate) che sempre più si accompagnano alla
presenza degli inceneritori e di altre fantomatiche macchine. Per
Carla Poli il processo virtuoso proposto dal Centro di riciclo
Vedelago si può innescare in ogni città: basta un'accurata
separazione dei rifiuti, ma soprattutto una raccolta differenziata
che sia mirata al riciclo. Troppe volte, invece, si misurano le
percentuali di raccolta, senza controllare, poi, quanti di questi
"materiali" raccolti vengano effettivamente riciclati.
La
sua azienda è riuscita a realizzare, a Ponte nelle Alpi, un riciclo
del 98,5% dei rifiuti raccolti. Ma non si è fermata qui. In questi
mesi, infatti, sta cominciando ad operare in Sardegna, a Colleferro
(a sud di Roma) e persino a Torre del Greco, che non è esattamente
un paesino veneto. Un risultato ancora più straordinario se si pensa
al contesto culturale in cui si muove. Merito anche di una nuova
tecnologia che permette di recuperare anche gli scarti plastici, o il
rifiuto secco, per produrre un granulato di plastica che può essere
utilizzato nell'edilizia, e tutto con un procedimento di estrusione
che non emette sostanze nocive nell'ambiente. Al di là dei
risultati, è interessante anche la filosofia dell'imprenditrice: "Io
non voglio più nemmeno chiamarli rifiuti: per me sono materiali -
spiega la Poli, citata dal sito http://www.terranauta.it/
- .
Non temo di restare senza lavoro perché, per quanto uno risparmi, ci
sarà sempre qualcosa da riciclare. Questo qualcosa, questa frazione
residua che è conferita al servizio pubblico, non si deve né
bruciare, né seppellire: è tutta riciclabile". Semplice,
efficace, risolutivo. Questo accade quando gli uomini usano l'ingegno
e il buon senso. Anche gli umbri potrebbero riuscirci, all’inizio
soffrendo un po’, forse, ma con enorme vantaggio sia personale sia
di una regione che lo merita.
Michele Pietrelli
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