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La Canzone Italiana tra fine Ottocento e il primo ventennio del XX secolo
La Canzone Italiana tra fine Ottocento e il primo ventennio del XX secolo
Il melodramma, le canzoni dialettali popolari, i canti politici e sociali in una originale "antologia" e storia della canzone italiana
LA CANZONE ITALIANA all’alba della Grande Guerra
Carissimi,
in occasione della ricorrenza e delle celebrazioni che stanno per cominciare sulla Grande Guerra (nel nostro Paese inizieranno a Gorizia tra il 23-25 maggio p.v.), quella Prima Guerra Mondiale che iniziò nel luglio del 1914 (e in Italia il fatidico 24 maggio del ‘15) per terminare soltanto nel 1918, la “Società Generale di Mutuo Soccorso fra gli artisti e gli operai di Perugia”, nelle persone degli amici Vanni Capoccia, Cesare Barbanera e Primo Tenca, mi hanno invitato a preparare una raccolta di canti e canzoni italiane che tra la fine dell’ottocento e la fine della Grande Guerra, andavano in voga, sia nei due lustri che la precedettero sia durante lo svolgimento della stessa, sino al 1920, a guerra da poco finita, prima in altre parole dell’avvento di uno dei periodi più brutti della nostra storia. Tale raccolta voleva e vuole essere un contributo a quell’evento drammatico e a ricordarlo in maniera diversa, meno traumatica e forse più lieve. Mi sono così “messo all’opera”, e grazie a quanto ho reperito in casa, grazie all’ausilio ormai quasi imprescindibile di Internet, grazie alla collaborazione di Andrea, Leonardo e Simone, amici che operano presso la preziosa Fonoteca Regionale di Perugia, ho preparato una raccolta che contiene 53 canzoni, suddivise in due CD, 25 e 28 rispettivamente nel I e nel II Compact Disc. Al doppio CD sono allegate alcune pagine che vanno intese come una sorta di guida all’ascolto delle medesime canzoni, sia per comprenderne la scelta sia per spiegarne la successione selezionata. Il doppio CD è consultabile presso i locali della “Fonoteca Regionale Oreste Trotta”, sita a Perugia, in via del Verzaro 35 (dietro il Teatro Comunale Morlacchi), che presenta i seguenti orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 13; il martedì e il giovedì anche dalle ore 15 alle ore 18. Il telefono è 075 5723308. Rammento che i CD sono ascoltabili in Fonoteca e la stessa ne fornisce il prestito gratuito per un periodo di tempo limitato.
Grato a tutti dello stimolo che mi hanno dato a redigere questa raccolta musicale, mi auguro che tale selezione sia da voi gradita ed apprezzata, pur nella sua limitatezza e semplicità. Cordiali e amichevoli saluti a tutti,
Daniele
La Canzone Italiana tra fine ottocento e il primo ventennio del XX secolo
a cura di Daniele Crotti
con la collaborazione della Fonoteca Regionale “Oreste Trotta”, Perugia
La scelta non può non cadere sul criterio della “popolarità”, sebbene il nostro interesse non può non essere maggiormente attento alla tradizione e ai canti correlati alla Grande Guerra. La scelta del criterio della popolarità è vincolato a canzoni non necessariamente di grande pregio, vuoi nei testi vuoi nella melodia, ma erano le canzoni più ascoltate, cantate e ballate. Molte, oggi dimenticate, sono state a lungo popolarissime; alcune – non necessariamente le migliori – sono celebri in tutto il mon do, in lingua originale o tradotte, e continuano a rappresentare l’immagine dell’Italia, o, meglio, di un’Italia un po’ stereotipa e scontata, non necessariamente la più vera e la più complessa. La cultura italiana, di cui anche la musica è espressione, si caratterizza per il suo policentrismo, dovuto soprattutto al fatto che il nostro Paese è pervenuto tardi all’unificazione politica, e ancor più tardi a quella linguistica, caratterizzandosi così, e ciò è un bene, è storia, in dialetti locali o regionali, espressione di una cultura popolare assai intensa e ricca; a dire della esistenza, nel passato di allora, di distanze, fratture, diversificazioni tra lingua e cultura “dotta” e lingue e culture popolari da nord a sud e isole. Alle origini della canzone italiana, dopo l’Unità, ci sono tre filoni assai diversi: 1) il melodramma; 2) le canzoni dialettali popolari; 3) i canti politici e sociali in senso lato.
Il melodramma Il melodramma (l’opera lirica), nato in Italia nel Settecento, toccò le sue vette nell’Ottocento, quando le sue “romanze” e “arie” più celebri erano popolarissime, anche perché in quell’epoca si andava a teatro spesso. A fine Ottocento comparvero anche le “romanze da salotto” per pianoforte e voce, scritte da celebri compositori, ed esse contribuirono a diffondere nei salotti borghesi il gusto aristocratico del concerto in casa. All’inizio del Novecento, l’invenzione del grammofono e del disco in vinile (il 78 giri fino al secondo dopoguerra) permise di incidere quelle romanze e canzoni, e diede fama internazionale a grandi tenori: Enrico Caruso nel primo ventennio, ad esempio, cui subentrò il suo “erede” Beniamino Gigli. In voga in quegli anni, tra le tante, ancora il Va pensiero di Giuseppe Verdi (dal Nabucco, 1842), abilmente cantata da Caruso; sempre Caruso canta E lucean le stelle (dalla Tosca di Giacomo Puccini, 1900) o la “vecchia” Santa Lucia (Cossovich-Contrau, 1848). Tra i canti da salotto annoveriamo Occhi di fata, del 1884, e Ciribiribin, scritta nel testo da C. Tiochet e musicata da A. Pestalozza nel 1898, con parole che raccontano un amore e la musica a ritmo di valzer: lanciata dalla soubrette austriaca Mitzi Kirchner in quegli anni, questa canzone ricomparve in voga successivamente dal tempo del Trio Lescano sino ad alcuni decenni a seguire. Poco dopo la metà Ottocento, alla grande tradizione dell’Opera si aggiunse una versione più frivola e leggera: l’Operetta. Da questa, tra fine Ottocento e inizio della I Guerra Mondiale, si affermò il café-chantant, sempre sulla moda proveniente dalla Francia. Da noi si inquadrò come caffè concerto (che già a ridosso della Grande Guerra, e quindi successivamente, si trasformò in teatro di varietà, di avanspettacolo e rivista, con tutto e di più). Nella maggiori città italiane nel volgere di pochi anni aprirono numerosi locali di questo tipo ed il pubblico che li frequentava era in maggioranza popolare ma con una significativa presenza di nobili ed intellettuali che lo preferivano al teatro borghese di prosa, all’opera lirica e al balletto classico. In un ambiente popolare che manteneva ed esaltava la prevalenza del dialetto, la canzone di café-chantant era di volta in volta vicina all’operetta, alla romanza da camera, alla canzone popolare, al cabaret. In particolare, al nord c’era Trieste (con l’influsso mitteleuropeo), Milano (con tanti locali), Torino (con le prime esperienze futuriste); al centro Firenze e Roma con l’omologo “Salone Margherita” di Napoli, regina del sud. Il café-chantant scomparve con la guerra e poi con l’avvento del cinematografo. Quali erano le canzone del caffè-concerto? Eccone alcune: Torna a Surriento (dei De Curtis, 1904), L’edera (del 1905), La spagnola (Di Chiara, 1905), Il balbuziente (1906), Il collettivista (1906), E girala la rota (1908), Algerina (1910), L’ingenua (1910), Ninì Tirabusciò (1911), Frou frou del Tabarin (1912), Stornelli del cuore (1912), Reginella (1917), Un garofano rosso (1918). Con la guerra tutto finisce, e appaiono alcune famose canzonette, che esprimono il crollo della spensieratezza della belle époque, con la comparsa di un’atmosfera pregna di delusione; ed ecco allora Scettico blues e Come pioveva (1918).
La canzone popolare-dialettale La canzone dialettale aveva origini antichissime nelle diverse città e regioni, ma tra tutte, allora, quella napoletana era di gran lunga la più prestigiosa, con un suo festival, già dal lontano 1839. Nata nel Settecento in forma di “serenata” o di “villanella” (canzone agreste), assorbì la tradizione della tarantella, danza di fatto di origine pugliese dal ritmo vorticoso, accompagnata da nacchere e tamburelli, e vide il passaggio alla canzone d’amore già prima della metà dell’800 con Te voglio bene assaie sino alle successive, tra cui, ‘A cammesella (1875), e poi Oilì Oilà, ‘A vucchella (testo di D’Annunzio), Funiculì funiculà (ancora del 1880), Marechiare (1885), ‘O sole mio (con la sua pittoresca origine nel 1898) e tante altre ancora. E molte avevano nomi di autori illustri, vedi S. Di Giacomo, L. Bovio, A. E. Mario. Insomma fino alla Grande Guerra la grande fama canora dell’Italia (considerata il Paese dei mandolini e del bel canto) si identificò con la canzone napoletana, diffusa anche dai milioni di emigranti, e valorizzata dalla voce inconfondibile, anche oltreoceano, di Caruso. Però ogni regione aveva le sue tradizioni di balli e di canti dialettali: la tradizione romana (sonetti e stornelli), quella milanese e lombarda, quella siciliana dei cantastorie (si pensi a Ciuri ciuri, del 1883), e così via. Ma queste erano essenzialmente canzoni popolari d’autore, firmate, per dirla chiaramente. A noi preme sottolineare l’importanza culturale, storica e sociale (come più oltre diremo a proposito di canti specifici) dei canti di tradizione (un tradizione sempre in movimento, in cammino, come nella nostra Umbria oggigiorno), quel tipo di canto che, come intuì Costantino Nigra a fine ‘800, “nel trasmettersi di bocca in bocca, il popolo rinnova e modifica costantemente nelle forme dialettali e nel contenuto, e finalmente anche in parte nella melodia e nel metro, e queste continue modificazioni costituiscono in realtà una perpetua creazione della poesia popolare; creazione che passa per molte e varie fasi, e le cui condizioni di vita e di perfezione, o di degenerazione e di oblio sono intimamente legate con quelle del popolo autore e conservatore”. In Umbria, anche in Umbria, vi sono balli e canti tradizionali. Al nord, su influenza toscana e romagnola, predomina il trescone; a sud, con l’influenza marchigiana e sabina, è presente il saltarello. Per quanto riguarda i canti non abbiamo notizia di specificità di quel trentennio che abbiamo preso in considerazione, che precedette di fatto la I Grande Guerra. Ma molti canti datano da lontano, in una regione strettamente contadina, alcuni dei quali ci riportano addirittura all’ultimo medioevo. Abbiamo così scelto tre brani che riteniamo congrui a quel periodo perugino ed umbro in particolare: un Canto a Vatoccu, tipico delle nostre vallate cantata durante la mietitura allora a mano, una Donna Lombarda che verosimilmente arrivò da noi già a fine XIX secolo, e Scendendo giù dai monti, cantato dall’assisano sino allo spoletino.
La canzone politico-sociale La canzone politico-sociale nacque in un italiano aulico e letterario, come canzone patriottica durante le guerre del Risorgimento, le tre guerre di Indipendenza nella fattispecie, sino alla Grande Guerra, da alcuni interpretata come IV guerra di Indipendenza. Sopra tutte spicca: Addio mia bella addio, nata nel 1848 ma protrattasi nel tempo sino al Novecento. Il canto sorse nel 1848 come canto risorgimentale e il titolo originale era “Addio del volontario all’innamorata” (autore delle parole originali era C. A. Bosi, e musica di ignoto): fu pubblicata nel 1859, e la sua grande popolarità si trascinò sino alla Grande Guerra e oltre. Prima di addentrarci nello specifico, si vuole portare a conoscenza dell’episodio (forse anche un’impresa, quella dei Garibaldini in Francia alla battaglia delle Argonne) che vide coinvolte numerose camicie rosse provenienti soprattutto dal nord e dal centro-nord, ma tra cui sembra anche alcuni umbri da Perugia e da Foligno. Da tale vicenda ha preso spunto questa iniziativa celebrativa dei cent’anni dall’inizio della I Guerra Mondiale da parte della Società di Mutuo Soccorso di Perugia.
Garibaldini in Francia: la battaglia delle Argonne Nel 1914, allo scoppio della Guerra, l’Italia formalmente parte della Triplice Alleanza, si astenne dal conflitto restando neutrale per quasi un anno. In Francia, già dai primi giorni di settembre, cominciarono ad affluire agli uffici di reclutamento volontari sia dall’Italia che dal territorio francese dove erano emigrati. La destinazione degli stranieri combattenti era la Legione Straniera. A Londra negli stessi giorni si riunirono i figli di Ricciotti Garibaldi, Bruno, Ezio, Costante, Sante, Ricciotti jr e Peppino, per elaborare un piano di campagna dove tutti gli Italiani, inquadrati in una Legione Garibaldina, avrebbero attuato uno sbarco in Dalmazia attaccando direttamente gli Austriaci dai territori irridenti. Ai primi di ottobre la Legione, denominata IV reggimento stranieri, iniziò il ciclo di addestramento. Il 21 dicembre nelle Argonne il reggimento venne mandato all’assalto delle trincee tedesche. La richiesta di combattere con la camicia rossa non fu accettata perché ormai in questo tipo di guerra la visibilità significava morte sicura. Sotto la giubba però, piano piano, cominciò a prendere posto il camiciotto rosso della tradizione. Le cose andarono male; molti perirono. Altri vennero arrestati e traslati in Italia...
La canzone politico-sociale si sviluppò in diverse direzioni: a) canti popolari dell’emigrazione: accompagnarono con dolore, a volte con rabbia, il dramma dell’esodo di ben 20 milioni di italiani tra gli anni ’80 del XIX secolo e la I Guerra Mondiale. Emblematico è Mamma mia dammi cento lire (1920), canto che narra il sogno dei giovani emigranti che vogliono andare verso una “terra promessa” (la miseria, all’inizio del secolo, per i più, per la povera gente, è durissima). Così Trenta giorni di nave a vapore (siamo sempre ai primi anni del XX secolo) racconta il dramma della “fuga” in mare verso le Americhe. b) canti del lavoro: sia in italiano che in dialetto. I canti legati alla paludi malariche maremmane (Tutti mi dicon Maremma Maremma, di fine ottocento), i canti legati agli Scariolanti che bonificarono le paludi del Po (sempre di fine ottocento), i primi canti legati al lavoro in risaia, cantati dalle mondine emiliane e lombarde nelle risaie piemontesi: Le otto ore (1906), importante canto di rivendicazione sindacale, Se ben che siamo donne (inizio ‘900), che racconta della nascita delle prime leghe contadine, così come il canto di protesta Sciur padrun da li beli braghi bianchi. c) canti rivoluzionari: canti di tradizione socialista o anarchica che alternavano i toni dolenti per l’oppressione subita come lavoratori sfruttati, alla fierezza di una “coscienza di classe” antagonista. Nel 1886 nasce l’Innodei lavoratori di F. Turati; nel 1894 Addio Lugano bella; nel 1895 Stornelli d’esilio; nel 1900 Sante Caserio; e tanti, tanti, tanti altri. d) canti di guerra: canti legati alla guerra, contro la guerra, canti anche celebrativi (vedi Le campane di SanGiusto del 1915), e ad essi strettamente legati i canti di montagna e alpini. Ecco allora Tripoli bel suol d’amore (la campagna di Libia: uno dei tanti esempi di contaminazione in tal caso tra canzone politica, operetta e caffè-concerto. Questa canzone politica del 1911, di esplicito significato nazionalista, fu lanciata dall’avvenente stella dell’operetta Gea della Garisenda che si presentò sul palco avvolta in una bandiera tricolore); O Gorizia (1916: le 12 battaglie di Gorizia e dell’Isonzo tra il 1915 e il 1916); Era una notte che pioveva (nata nel corso della Grande Guerra è evocativa dell’alpino di guardia: è stata creata probabilmente su vecchi frammenti o spunti già esistenti); O Dio del cielo (son note antiche versioni venete, romagnole e toscane di questo canto popolare cantato dai soldati nella guerra del ’15-’18); Ta-pum (canto di guerra vero e proprio: su un originale preesistente dei minatori del Gottardo, anche questo canto venne adattato alle vicende dei combattenti del ’15-’18); Quel mazzolin di fiori (canto alpino di inizio ‘900, con una storia del tutto particolare che arrivò sino in Umbria e a Gubbio divenendo parte dei canti legati alla Corsa dei Ceri); La leggenda del Piave (1918, di E. A. Mario: quasi un inno nazionale, reverente omaggio alle migliaia di morti nella battaglia del Piave); Le rose rosse (sempre di Mario e del 1919, è una canzone antimilitarista).
SUCCESSIONE DEI CANTI Abbiamo selezionato 53 canti relativi a quel particolarissimo periodo storico (il fine ottocento e l’Italia giolittiana, essenzialmente), che ebbe il suo culmine nella disastrosa I Guerra Mondiale, cui seguirono grandi emigrazioni e l’avvento del fascismo. 1 Addio mia bella addio (Coro Monte Cauriol) 2 Va pensiero (Coro della RAI di Roma, dir. F. Previtali) 3 Santa Lucia (Enrico Caruso) 4 E lucean le stelle (Giacomo Lauri Volpi) 5 ‘A cammesella (Roberto Murolo) 6 Te voglio bene assaie (Sergio Bruni) 7 Oilì oilà (Roberto Murolo) 8 ‘A vucchella (Enrico Caruso) 9 Funiculì funiculà (Luciano Pavarotti) 10 Marechiare (Luciano Pavarotti) 11 ‘O sole mio (Enrico Caruso) 12 Ciuri ciuri (Otello Profazio) 13 Alla mietitora (canto a vatoccu) (La Brigata Pretolana) 14 Donna lombarda (Giovanna Daffini) 15 Occhi di fata (Giuseppe De Luca) 16 Ciribiribin (Trio Lescano) 17 Torna a Surriento (Luciano Lualdi) 18 Tutti mi dicon Maremma Maremma (Caterina Bueno) 19 Scariolanti (Gruppo Padano di Piadena) 20 Inno dei lavoratori (Gruppo Popolare dell’Oltrepo Pavese) 21 A Lugano (Addio Lugano bella) (Coro Anarchico di Ancona) 22 Stornelli d’esilio (Coro Anarchico di Ancona) 23 Il cestino… rotto (Nella Vandea) 24 Sante Caserio (Cecilia Bertelli) 25 La spagnola (Anita Di Landa) 26 Scendendo giù dai monti (Cantori di Assisi) 27 L’edera (Tonina Torrielli) 28 E girala la rota (Yvonne De Fleuriel) 29 Le otto ore (G. Costanzi, C. Cerrati, A. Spadaccino) 30 Se ben che siamo donne (Anna Spadaccino) 31 Il balbuziente (Roberto Murolo) 32 Il collettivista (Roberto Murolo) 33 Algerina (Maria Campi) 34 L’ingenua (Nella Vandea) 35 Ninì Tirabusciò (Graziella Ciaiolo) 36 Tripoli, bel suol d’amore (Orchestra e Coro Amici della Musica) 37 Frou frou del Tabarin (Ines Talamo) 38 Stornelli del cuore (Olimpia D’Avigny) 39 Trenta giorni di nave a vapore (Cecilia Bertelli) 40 Le campane di San Giusto (Orchestra e Coro Amici della Musica) 41 Era una notte che pioveva (Coro La Baita) 42 O Gorizia (Gruppo Padano di Piadena) 43 O Dio del cielo (Orchestra e Coro Amici della Musica) 44 Ta-pum (Orchestra e Coro dir. M. Valci, V. Taborra) 45 Reginella (Roberto Murolo) 46 Sciur padrun da li beli braghi bianchi (Giovanna Daffini) 47 Quel mazzolin di fiori (Orchestra e Coro dir. M. Valci, V. Taborra) 48 Un garofano rosso (Antonio Vasquez) 49 La leggenda del Piave (Orchestra e Coro dir. M. Valci, V. Taborra) 50 Come pioveva (Armando Gil) 51 Scettico blues (Milly) 52 Le rose rosse (Milly) 53 Mamma mia dammi cento lire (Cecilia Bertelli)