Piovono medaglie
Com’è vecchia e triste e povera e priva di attrattive la scuola delle medaglie che quella proposta configura
Si celebra con pubblicazioni e trasmissioni tv il Maestro Alberto Manzi, quello che, assieme a tanti maestri e maestre Mce, si rifiutava di dare i voti e scriveva su tutte le pagelle dei suoi alunni “Fa qual che può, quel che non può non fa”. Intanto si viene a sapere di un progetto sostenuto dal Ministero che si chiama “Mimerito” consistente nella distribuzione di medaglie ai “migliori”. Un articolo (1) su La Stampa riferisce che sono in arrivo in ogni classe “40 distintivi metallici, smaltati e dal disegno accattivante. Ci sono gli Scudetti d’eccellenza riservati al rendimento scolastico, le Stelle di condotta d’oro e d’argento e i Brevetti di impegno personale come riconoscimento per la buona volontà e l’impegno… la confezione comprende anche i tabelloni da appendere in classe sui quali per tutto l’anno vanno scritti i nomi degli alunni che hanno conquistato i premi. La cerimonia di assegnazione dei premi avviene periodicamente, il distintivo viene indossato sul grembiule nelle scuole primarie o appuntato sul diario nelle secondarie di primo grado.” L’articolo riporta anche l’opinione dell’ideatore di Mimerito che sostiene che poiché oggi “si vive di status symbol del tutto slegati dal merito” lui intende, con questa iniziativa, “restituire un contenuto, un senso agli oggetti che amiamo avere ed esibire.”
Senza ripetere discorsi fatti mille volte sul dovere della scuola di base di includere tutti e tutte rispettando la dignità e la diversità di ciascuno (la povertà di pensiero che sta dietro la promessa pioggia di medaglie non lo merita) mi limito a condividere una prima impressione. Com’è vecchia e triste e povera e priva di attrattive la scuola delle medaglie che quella proposta configura. Triste perché somiglia troppo a una pista grigia e spoglia in cui si corre tutti nella stessa direzione come in un girone infernale. Triste perché ci sono i primi e gli ultimi che spesso restano tali per sempre, perché l’ allenamento non può modificare sostanzialmente la muscolatura di cui ciascuno è dotato. Triste perché molti non si appassioneranno mai a gareggiare per una misera medaglia e altri si sentiranno a disagio pensando che ogni medaglia vinta è una medaglia sottratta al vicino. Triste perché chi inciampa e cade rimane fuori gioco e chi corre per la medaglia non può fermarsi a soccorrere chi inciampa e cade.
Senza spendere parole su cos’è la scuola per noi (perché l’abbiamo spiegato mille volte e perché la povera proposta delle medaglie al merito non merita una risposta articolata) direi solo che la scuola che cerchiamo di fare vorremmo somigliasse non a una pista ma a un grande giardino. Un giardino in cui si può andare in tante direzioni. Un giardino in cui ognuno/a può muoversi e esplorare secondo il suo ritmo, correre ma anche camminare e saltare, e fermarsi e arrampicarsi. Un giardino da esplorare per il piacere di esplorare, in tanti modi diversi, in cui correre per il piacere di correre, anche insieme, fianco a fianco. Un giardino in cui chi non ce la fa a camminare viene sorretto e aiutato, in cui l’impresa di uno è festeggiata da tutti e la nuova scoperta di ognuno messa a disposizione degli altri. Senza bisogno di medaglie.
(1) 31 gennaio 2014, “Scuola, una medaglia per i migliori”