Quando scappa, scappa
Potrebbe diventare la metafora di ciò che s’intende oggi per cultura in Italia
riprendiamo da fb: Nonostante che ogni anno segnali la cosa perché almeno l’anno successivo non si ripeta, puntualmente, all’apertura dell'eurocioccolato rispuntano i gabinetti davanti a Porta Marzia e, di fronte alla Fontana e al Duomo, compaiono, come i funghi, improbabili contenitori sempre più ingombranti e invadenti. In nome di cosa? In nome di un evento che, nascendo per sua stessa natura, come “bagno di folla” dovrebbe avere la sua unica, vera giustificazione nel far puntare l’attenzione del mondo sulla città. Ma quale città? Questo è il punto. Se non fosse per la sua bellezza, per il suo valore artistico, per la sua pregnanza identitaria (insomma, in una parola, per la sua valenza culturale), da tempo, si sarebbe scelto il Pian di Massiano o Ponte San Giovanni come degnissima cornice di tale evento, di tale chermesse. Se la si vuole in centro, quindi, questa manifestazione, è perché si ritiene che sia il contesto, l’intorno, l’alto profilo ciò che fa la differenza. Di fronte a questa scelta, peraltro condivisibile, almeno in linea di principio, non sfuggirà di certo a nessuno che un qualsivoglia atteggiamento che si configuri ancor meno che rispettoso di ciò che conta e che dovrebbe essere preminente, finisca per diventare, oltre che una contraddizione in termini, anche un doloroso boomerang per l’immagine della città. Ci verrebbe da carpire – indegnamente – una frase di chi la sapeva lunga sull’ipocrisia dell’animo umano: “Se fanno questo al legno verde, che ne sarà di quello vecchio?” E allora, che si abbia almeno il coraggio di dichiarare pubblicamente che Eurochocolate è, né più, né meno, che un’operazione di marketing e che la scelta del centro storico è soltanto una scelta ruffiana per fare cassa. Scelta legittima, per carità. E, per certi versi, anche apprezzabile, se fosse più rispettosa o meno arrogante. Ma non s’invochi la cultura, per favore! Menomale Umbria Jazz, allora, che sceglie Porta Marzia come cassa di risonanza di buona musica e non come gabinetto per fare pipì. Colpevoli? No, non ce ne sono. Almeno per come siamo ormai abituati a giudicare, poiché è la società nel suo complesso a restare indifferente, a essere malata, tanto da non riuscire più ad arrestarsi di fronte alla deriva culturale e all’indolenza che di quella deriva è compagna e amica. Una prova? Semplice: quei gabinetti avrebbero dovuto essere già stati tolti a furor di popolo! Vorrà dire invece che, se, come mi auguro ancora, Perugia dovesse diventare città della cultura nel 2019, ebbene, potremmo sempre organizzare una mostra delle migliori rappresentazioni di pubbliche latrine davanti a Porta Marzia, almeno da dieci anni a questa parte. Potrebbe diventare la metafora di ciò che s’intende oggi per cultura in Italia. (N.d.R.: la foto è di anno scorso...) Perugia 22 ottobre 2013 Il presidente di Radici di pietra
Michele Bilancia
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