AGENDA 21 locale o la democrazia apparente.
Il IX Forum di AGENDA 21 del Comune
di Perugia di lunedì 7 ottobre 2013 sul tema “L’acqua in Umbria”
conferma quella che avevamo già individuato in altre occasioni: la
tendenza ad affrontare le tematiche ambientali senza analizzare in
concreto i problemi che quotidianamente vive la cittadinanza. È, quindi,
un esempio di democrazia apparente che va contro lo spirito su cui si è
costituito il significato di AGENDA 21. AGENDA 21 è, come recita
l’articolato, “un processo di azione” lanciato da Rio De Janeiro nel
1992. Deve essere “un processo partecipativo e democratico per definire
degli obiettivi ambientali e di costruzione delle condizioni per
metterli in pratica” a partire dalla necessità di “aprire un dialogo con
cittadini, associazioni, imprese” sulle cose da realizzare nel XXI
secolo. E, quindi, la democrazia partecipativa non è un optional.
Tutt’altro che stabilire un percorso personalistico e autoreferenziale,
mettendo insieme una lunga serie di sigle di associazioni ed enti che
non offriranno mai un vero contributo. Mentre si escludono di fatto i
cittadini e le loro organizzazioni di base, come i tanti comitati e i
loro coordinamenti, che non si sentono motivati alla partecipazione. Non
c’è alcuna costruzione condivisa e alcun confronto, così le decisioni
in genere vengono preconfezionate. Per quanto riguarda, poi, il
patrimonio idrico regionale, ad esempio, sono molte le domande che
richiederebbero una risposta in tutta l’Umbria come a Perugia. Come
affrontare seriamente la questione della pubblicizzazione del servizio
secondo l’assunto referendario. Come definire concretamente un programma
di salvaguardia del fiume Tevere attraverso l’attivazione dei
“Contratti di Fiume” e la realizzazione del Parco Fluviale Regionale.
Come risolvere l’annoso problema, che si ripete nel tempo,
dell’inquinamento delle falde acquifere derivato dai nitrati delle
attività zootecniche e da tetracloroetilene delle attività industriali.
Come recuperare le forti perdite intorno al 40% degli acquedotti vecchi e
obsoleti ecc.
Perché i monitoraggi ci raccontano di una situazione acque non buona. Infatti dal 2008, secondo quanto richiesto dal Piano di Tutela Acque della Regione (PTA), si è proceduto all’Analisi delle Pressioni e all’Analisi di Rischio, in base alle quali sono state individuate le maggiori fonti di impatto sui nostri corpi idrici (dati ARPA Umbria, Marzo 2008):
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Carichi inquinanti derivanti da impianti di depurazione di reflui civili
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Carichi inquinanti riversati da attività industriali nei corsi d’acqua
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Presenza di vaste aree fertiirrigate
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Carichi inquinanti riversati nei corsi d’acqua dagli impianti di itticoltura
Per
quanto riguarda le acque sotterranee, con particolare riferimento
all’area della valle umbra sud, il problema maggiore è ancora
rappresentato dall’elevata concentrazione di nitrati in falda, dovuti
agli eccessivi carichi suinicoli, che non riescono ad essere tamponati
dalla realizzazione di impianti fognari e di depurazione secondo quanto
previsto dal piano d’azione basato sulla Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE (WFD) recepita a livello nazionale con il D.lgs. 152/06.
Entro il 2015 secondo la WFD si deve raggiungere uno STATO ECOLOGICO e CHIMICO BUONO (per i corpi idrici artificializzati la Direttiva prevede il raggiungimento del buono stato chimico e del buon potenziale ecologico). La strada è lunga e difficile, ma non impossibile se si agisce secondo l'idea di “Acqua bene comune”.
Anna Rita Guarducci Lauro Ciurnelli
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