La salvaguardia del Creato secondo Benedetto XVI
Tratto dal foglio informativo dell'associazione Le Vie della Salute - n.8 - 1/2009
(Chiunque interessato è
invitato ad intervenire a riguardo inviandoci commenti e/o ulteriori
documenti. Pubblichiamo solo documenti che abbiano un approccio di
rispetto per chi la pensa diversamente).
Da Giocondo Leonardi, direttore
amministrativo del Serafico di Assisi:
La salvaguardia del
Creato non è soltanto un obiettivo cui tendere in ragione di
un programma ecologista dei cattolici, ma è una teologia da
recuperare nell'ambito del progetto di Dio sull'umanità.
Il Papa, denunciando la
distruzione in atto dell'ambiente non intende solamente raccomandare
soluzioni derivate da energie alternative, ma porre in stretta
relazione dottrina cristiana della Creazione e della Rendenzione.
Per questo c'è una
responsabilità che parte dalla nostra capacità di convertire i
nostri stili di vita ad una sobrietà dei consumi e all'attenzione
per l'altro, perché possa godere oggi e nel futuro di un bene comune
quale è la terra e le sue ricchezze. La risposta del Papa al vescovo
di Bolzano esplica in maniera autorevole questo concetto.
Papa
Benedetto XVI sulla Creazone, Redenzione e Responsabilità per il
Creato
Nell’incontro
con il clero della diocesi di Bolzano-Bressanone il 6-8-2008
Domanda
del rev. prof. Karl Golser:
Santo
Padre!
Mi
chiamo Karl Golser, sono professore di teologia morale qui a
Bressanone e anche direttore dell’Istituto per la giustizia, la
pace e la salvaguardia della creazione; anche canonico. Mi piace
ricordare il periodo in cui ho potuto lavorare con Lei alla
Congregazione per la Dottrina della Fede.
Come
Lei sa, la Chiesa cattolica ha profondamente forgiato la storia e la
cultura nel nostro Paese. Oggi però, a volte abbiamo la sensazione
che, come Chiesa, ci siamo un po’ ritirati in sagrestia. Le
dichiarazioni del magistero pontificio in merito alle grandi
questioni sociali non trovano il giusto riscontro a livello di
parrocchie e di comunità ecclesiali.
Qui,
in Alto Adige, ad esempio, le autorità e molte associazioni
richiamano fortemente l’attenzione sui problemi ambientali e in
particolare sui cambiamenti climatici: gli argomenti principali sono
lo scioglimento dei ghiacciai, le frane in montagna, i problemi del
costo dell’energia, il traffico e l’inquinamento atmosferico.
Molte sono le iniziative a favore della tutela dell’ambiente.
Nella
consapevolezza media dei nostri cristiani, però, tutto questo ha ben
poco a che vedere con la fede. Cosa possiamo fare per portare
maggiormente nella vita delle comunità cristiane il senso di
responsabilità nei riguardi del creato? Come possiamo arrivare a
vedere sempre più insieme la Creazione e la Redenzione? Come
possiamo vivere in modo esemplare uno stile di vita cristiano, che
sia durevole? E come unirlo ad una qualità di vita, che sia
attraente per tutti gli uomini della nostra terra?
Papa
Benedetto XVI:
La
ringrazio molto, caro professor Golser: sicuramente Lei potrebbe
rispondere molto meglio di me a tali questioni, ma proverò lo stesso
a dire qualcosa. Lei ha dunque toccato il Tema Creazione e Redenzione
ed io penso che questo legame inscindibile debba ricevere nuovo
rilievo. Negli ultimi decenni, la dottrina della Creazione era quasi
scomparsa in teologia, era quasi impercettibile. Ora ci accorgiamo
dei danni che ne derivano. Il Redentore è il Creatore e se noi non
annunciamo Dio in questa sua totale grandezza – di Creatore e di
Redentore – togliamo valore anche alla Redenzione. Infatti, se Dio
non ha nulla da dire nella Creazione, se viene relegato semplicemente
in un ambito della storia, come può realmente comprendere tutta la
nostra vita? Come potrà portare veramente la salvezza per l’uomo
nella sua interezza e per il mondo nella sua totalità?
Ecco
perché per me, il rinnovamento della dottrina della Creazione ed una
nuova comprensione dell’inscindibilità di Creazione e Redenzione
riveste una grandissima importanza. Dobbiamo riconoscere nuovamente:
Lui è il creator Spiritus, la Ragione che è in principio e dalla
quale tutto nasce e di cui la nostra ragione non è che una
scintilla. Ed è Lui, il Creatore stesso, che è pure entrato nella
storia e può entrare nella storia ed operare in essa proprio perché
Egli è il Dio dell’insieme e non solo di una parte. Se
riconosceremo questo, ne conseguirà ovviamente che la Redenzione,
l’essere cristiani, semplicemente la fede cristiana significano
sempre e comunque anche responsabilità nei riguardi della Creazione.
Venti-trenta
anni fa si accusavano i cristiani – non so se questa accusa sia
ancora sostenuta – di essere i veri responsabili della distruzione
della Creazione, perché la parola contenuta nella Genesi –
"Soggiogate la terra" – avrebbe portato a quella
arroganza nei riguardi del creato di cui noi oggi sperimentiamo le
conseguenze. Penso che dobbiamo nuovamente imparare a capire questa
accusa in tutta la sua falsità: fino a quando la terra è stata
considerata creazione di Dio, il compito di "soggiogarla"
non è mai stato inteso come un ordine di renderla schiava, ma
piuttosto come compito di essere custodi della creazione e di
svilupparne i doni; di collaborare noi stessi in modo attivo
all’opera di Dio, all’evoluzione che Egli ha posto nel mondo,
così che i doni della creazione siano valorizzati e non calpestati e
distrutti.
Se
osserviamo quello che è nato intorno ai monasteri, come in quei
luoghi siano nati e continuino a nascere piccoli paradisi, oasi della
creazione, si rende evidente che tutto ciò non sono soltanto parole,
ma dove la Parola del Creatore è stata compresa nella maniera
corretta, dove c’è stata vita con il Creatore redentore, lì ci si
è impegnati a salvare la creazione e non a distruggerla. In questo
contesto rientra anche il capitolo 8 della Lettera ai Romani, dove si
dice che la creazione soffre e geme per la sottomissione in cui si
trova e che attende la rivelazione dei figli di Dio: si sentirà
liberata quando verranno delle creature, degli uomini che sono figli
di Dio e che la tratteranno a partire da Dio. Io credo che sia
proprio questo che noi oggi possiamo constatare come realtà: il
creato geme – lo percepiamo, quasi lo sentiamo – e attende
persone umane che lo guardino a partire da Dio. Il consumo brutale
della creazione inizia dove non c’è Dio, dove la materia è ormai
soltanto materiale per noi, dove noi stessi siamo le ultime istanze,
dove l’insieme è semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo
solo per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non
riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto
noi stessi; inizia dove non esiste più alcuna dimensione della vita
al di là della morte, dove in questa vita dobbiamo accaparrarci il
tutto e possedere la vita nella massima intensità possibile, dove
dobbiamo possedere tutto ciò che è
possibile
possedere.
Io
credo, quindi, che istanze vere ed efficienti contro lo spreco e la
distruzione del creato possono essere realizzate e sviluppate,
comprese e vissute soltanto là, dove la creazione è considerata a
partire da Dio; dove la vita è considerata a partire da Dio e ha
dimensioni maggiori – nella responsabilità davanti a Dio – e un
giorno ci sarà donata da Dio in pienezza e mai tolta: donando la
vita, noi la riceviamo.
Così,
credo, dobbiamo tentare con tutti i mezzi che abbiamo di presentare
la fede in pubblico, specialmente là dove riguardo ad essa c’è
già sensibilità. E penso che la sensazione che il mondo forse ci
stia scivolando via – perché siamo noi stessi a cacciarlo via –
e il sentirci oppressi dai problemi della creazione, proprio questo
ci dia l’occasione adatta in cui la nostra fede può parlare
pubblicamente e può farsi valere come istanza propositiva. Infatti,
non si tratta soltanto di trovare tecniche che prevengano i danni,
anche se è importante trovare energie alternative ed altro. Ma tutto
questo non sarà sufficiente se noi stessi non troveremo un nuovo
stile di vita, una disciplina fatta anche di rinunce, una disciplina
del riconoscimento degli altri, ai quali il creato appartiene tanto
quanto a noi che più facilmente possiamo disporne; una disciplina
della responsabilità nei riguardi del futuro degli altri e del
nostro stesso futuro, perché è responsabilità davanti a Colui che
è nostro Giudice e in quanto Giudice è Redentore, ma appunto
veramente anche nostro Giudice.
Penso
quindi che sia necessario mettere in ogni caso insieme le due
dimensioni – Creazione e Redenzione, vita terrena e vita eterna,
responsabilità nei riguardi del creato e responsabilità nei
riguardi degli altri e del futuro –, e che sia nostro compito
intervenire così in maniera chiara e decisa nell’opinione
pubblica. Per essere ascoltati dobbiamo contemporaneamente dimostrare
con il nostro stesso esempio, con il nostro proprio stile di vita,
che stiamo parlando di un messaggio in cui noi stessi crediamo e
secondo il quale è possibile vivere. E vogliamo chiedere al Signore
che aiuti noi tutti a vivere la fede, la responsabilità della fede
in maniera tale che il nostro stile di vita diventi testimonianza e
poi a parlare in maniera tale che le nostre parole portino in modo
credibile la fede come orientamento in questo nostro tempo.
Giocondo Leonardi, direttore amministrativo del Serafico di Assisi
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