Le tecnologie nella scuola
Il bambino è circondato, immerso nella tecnologia, è nato con l’occhio del computer sempre aperto sul mondo, è un nativo digitale: possiamo prescindere da tutto questo?
Care e cari,
ci riferiamo all'appello di Franco Lorenzoni al sottosegretario Marco Rossi Doria, pubblicato nella pagina iniziale di Repubblica del 4 dicembre, cui sono seguiti molti interventi e contributi interessanti che egli ha ricevuto da docenti, genitori, educatori, sul tema dell’uso delle tecnologie nella scuola dell’infanzia e nei primi anni della scuola primaria.
Il tema suscita molte riflessioni che vanno al di là di un semplice assenso o diniego: ci pone infatti nella necessità di interrogarci in modo profondo su ciò che intendiamo per educazione, sviluppo della personalità, acquisizione di competenze nella scuola e nella società odierna.
E allora il discorso si espande perché ogni tentativo di ridurre la scuola a un “ problema tecnico”, di strumenti didattici più o meno avanzati, ci fa capire che a un’analisi di questo tipo mancano alcuni aspetti che riteniamo essenziali e basilari in quanto parte della storia del pensiero e della pratica educativa Mce tra i quali:
la necessità di esplicitare l’idea pedagogica di fondo: l’idea di bambino/adolescente nei suoi tempi di crescita evolutiva e personale, come sviluppo di competenze, autonomie, di maturazione di un’identità forte che affronta le difficoltà e riflette nella sua ricerca di senso che deve essere rispettata e non mortificata;
l’importanza di partire nel lavoro con i bambini dall’esperienza e la sua elaborazione, valorizzando le storie e i vissuti personali di ognuno; esperienza che ha un senso, un significato per chi riflette soprattutto se la comprensione è autentica e profonda e non si limita a saperi semplicemente memorizzati.
il rilievo positivo dato al pensiero riflessivo che aiuta a uscire dalla fissità e dal dogmatismo per guardare in modo critico la realtà nella sua dimensione di complessità
l’importanza dell’interazione dialogica nella costruzione delle conoscenze: si impara ad argomentare, negoziare, decentrare il proprio punto di vista sulle cose, sulla realtà. L’elaborazione e la discussione sono presenti nel testo già nella scuola dell’infanzia. Viviamo nel tempo dell’informazione diffusa ma non compresa o posseduta: attraverso la discussione e la riflessione si mettono in moto interazioni cognitive molto produttive anche di pensiero complesso:
l’importanza di un ambiente di apprendimento nel quale si ritrova l’approccio socio-culturale-interattivo Vygotskjano, dove i bambini hanno un ruolo attivo e nel quale vengono coinvolti nel pensare/realizzare/riflettere/valutare lavori condivisi: pensiamo alle pratiche laboratoriali contrapposte alle pratiche trasmissive;
il rilievo da dare alla relazione educativa, intesa non solo come tempo e riflessione sugli aspetti emozionali che pure riguardano la conoscenza, ma anche come cura di sé e degli altri e all’importanza della classe come gruppo inclusivo e cooperativo, base importantissima per l’educazione alla cittadinanza intesa come etica pubblica, etica delle responsabilità verso la comunità di cui si fa parte;
la riproposizione della creatività intesa sia come pensiero produttivo, che guida l’apprendimento per scoperta ed è creativo perché è generativo di idee e pensieri nuovi, sia nel senso del pensiero divergente, perché capace di individuare soluzioni diversificate a problemi.
Ora questi aspetti che abbiamo enucleato sono, come dire, la “cornice” di un discorso sull’educazione e sulla scuola che ci interroga in modo critico sul senso e il significato della nostra azione educativa, e su quell’idea di bambino che scaturisce da questa riflessione. Altrimenti riduciamo tutta l’azione educativa a tecnologie sì/no.
Dobbiamo invece tentare di addentrarci in questa problematica tenendo in serio conto che, se non c’è uno sfondo di valori pedagogici da esplicitare , qualsiasi operazione di maquillage tecnologico nella scuola è fuorviante.
Siamo consapevoli che il bambino oggi apprende in una società complessa con un pensiero analogico che, rispetto al pensiero lineare, ha un andamento reticolare, per cui piuttosto che i confini delle discipline si devono ricercare i nessi, le relazioni, le interdipendenze.
Egli è circondato, immerso nella tecnologia, è nato con l’occhio del computer sempre aperto sul mondo, è un nativo digitale: possiamo prescindere da tutto questo? Non è proprio la scuola che si deve far carico di mettere ordine nel fiume di informazioni che investono il bambino fin dalla più tenera età? Non è forse la scuola che deve assumersi la responsabilità di accogliere dentro lo spazio scolastico questi strumenti per favorire una conoscenza critica? Non è forse lo spazio della scuola uno spazio culturale, dove si costruisce la cultura dei bambini ? Ma soprattutto come, con quali strategie metodologiche, con quali riferimenti pedagogici?
E forse l’uso delle tecnologie a scuola può favorire un pensiero complesso e articolato, nuove dimensioni del conoscere, acquisizione di saperi non inerti, saperi dinamici che non sono solo i contenuti, le informazioni ma chiavi interpretative per leggere, decodificare, raccontare la realtà.
Siamo interessati ad aprire un dibattito, una riflessione profonda anche sulla natura di processi ideativi, cognitivi che intervengono nell’atto dell’apprendere e se questo può portare ad un miglioramento della nostra azione educativa e questo pone l’accento sulla didattica, sugli aspetti metodologici, sulle tecniche che ne conseguono ma non solo!
Perché anche il complessino tipografico Freinet, il limografo, i materiali strutturati che appartengono alla storia dei maestri Mce, se non avessero indotto a riflettere sul senso del linguaggio come comunicazione ed espressione di storie e vissuti, di emozioni, di racconti di vita e molto altro, non avrebbero avuto quella capacità di incidere profondamente nella formazione di maestri e bambini e darci la possibilità di vedere che esiste una buona scuola che si interroga continuamente, in modo critico,consapevole, che sperimenta e ricerca nuove strade, perché una sola non le basta.
E quindi ben vengano altri sguardi, altre idee, altri punti di vista sul tema: li accoglieremo volentieri, consapevoli di non avere scomode verità ma molti dubbi su cui riflettere insieme.