Noi e loro
Lo scioglimento del Circolo Legambiente di Perugia
Questa memoria va ai circoli Legambiente italiani perché siamo sicuri di non essere l'unico a meritare prima il cigno nero e ora neanche quello. Siamo sicuri che le difficoltà di arrivare ad una sintesi di posizioni diverse che sia in grado di rispettarle tutte sia l'esercizio più difficile che non riesce nemmeno alla nostra democrazia. I dirigenti del circolo di Perugia sono stati ritenuti inadeguati dai dirigenti nazionali, che ne avevano titolo in forza dello statuto, ma secondo noi l'inadeguatezza caratterizza anche coloro che ci hanno giudicato così. Purtroppo le reciproche inadeguatezze non hanno trovato spazi di chiarimento necessari e trasparenti che ci si aspetterebbe da un'associazione di volontariato. Il titolo racconta già di una sconfitta se noi eravamo il Circolo Legambiente di Perugia e loro sono il comitato regionale umbro e il nazionale di Legambiente. Ma come siamo arrivati a questa situazione di separazione delle identità? Questo è un breve e sintetico resoconto delle principali occasioni di divergenza tra “noi e loro” che non siamo mai riusciti a comporre ed elaborare insieme. Ecco perché sentiamo la necessità di esporre le nostre ragioni. Le divergenze sono iniziate in modo pacato nel 1995 quando la presidenza del circolo era affidata al socio storico e fondatore Lauro Ciurnelli e la presidenza del regionale a Vanessa Pallucchi; proseguite più aspramente con la presidenza del circolo di Anna Rita Guarducci e quella del regionale di Alessandra Paciotto insieme ad Andrea Liberati. Abbiamo creduto alla possibilità di intervenire e interferire nel dibattito su certe tematiche e abbiamo cominciato con Ecosistema Urbano diversi anni fa, ma senza successo. Abbiamo sollecitato un incontro con il responsabile nazionale che si è reso disponibile, ma poi non c'è stato riscontro delle nostre proposte. L'idea di monitorare la qualità urbana era interessante ma ci sembrava esagerato definire scientifico uno studio che si basava sull'autocertificazione delle pubbliche amministrazioni. Di fatto è risultato essere un formidabile strumento di promozione dell'associazione presso le pubbliche amministrazioni e la stampa che conta per accreditarsi come soggetti capaci di produrre dossier sui temi prevalentemente ambientali. Lo dimostrano i numerosi temi oggi monitorati. Il che può essere considerato positivo, ma non scientifico se fino a qualche edizione fa la percentuale di risposte fornita dall'amministrazione incideva sulla classifica della qualità urbana tanto quanto l'inquinamento atmosferico. Relegando la città agli ultimi posti della classifica con grande clamore ad uso e consumo della visibilità mediatica dell'associazione. Poi c'è stato il CEA e IL BOSCO DIDATTICO di Ponte Felcino che hanno occupato circa un anno di direttivi a causa della gestione estremamente politicizzata e impossibile da considerare idonea per realizzare progetti a causa delle guerre di potere interne. Il Circolo, dopo numerosi tentativi, fatti anche da persone diverse, di costruire esperienze e progetti ha lasciato l'incarico denunciando pubblicamente la situazione. Per questo è stato letteralmente soppiantato dal regionale e bollato con l'epiteto di integralista non diplomatico. Dopo un anno il regionale sarebbe stato “scaricato” dall'amministrazione comunale. Ciò a conferma delle nostre ragioni, ma anche di un cambiamento, da parte del regionale, dei criteri di scelta dei soggetti preposti alla formazione più orientati alla riduzione dei costi che alla competenza. Agenda 21 Locale del Comune di Perugia è stata una vera esperienza fallimentare dal punto di vista della partecipazione. Abbiamo seguito i lavori con l'entusiasmo e la speranza di vedere istituzionalizzato un contenitore in cui la partecipazione dei cittadini fosse concretamente attuata. La speranza è stata tradita quando abbiamo scoperto che l'amministrazione dava alla partecipazione solo il significato di informazione ai partecipanti di decisioni già prese altrove. Da quel momento il nostro dissenso è stato pubblico e alla riapertura del forum per gli aggiornamenti della Relazione Stato dell'Ambiente e del Piano d'Azione Ambientale abbiamo proposto la nostra ASSENZA pubblica e motivata. Ci sembrava un modo “forte” di farci sentire per sollecitare anche gli altri soggetti a pretendere la vera partecipazione. Siamo stati sostituiti dal comitato regionale con la spiegazione che Legambiente deve comunque essere presente in un processo decisionale, sia pure solo nominale, dell'amministrazione (e poco importa, aggiungiamo noi, se il nuovo strumento della partecipazione ha tradito la sua principale “mission”, quella per cui era stato pensato a Rio). “Tevere day” un progetto del 2009 che ha visto il circolo impegnato con le scuole medie di Casa del Diavolo, Ponte Pattoli, Ponte Felcino, Ponte Valleceppi, Ponte S. Giovanni. E' stato un grande successo che volevamo riproporre negli anni successivi ma la richiesta del comitato regionale di farlo diventare un progetto regionale finanziato dalla regione ci ha impedito di rispettare i tempi con le scuole. Intanto il comitato regionale non è riuscito nell'obiettivo e così abbiamo perso anche la possibilità di ripeterlo l'anno successivo. Non solo, i ragazzi non hanno mai conosciuto la conclusione del progetto, che doveva essere un giudizio sul tratto del fiume analizzato. Quindi il danno è stato oltre che per noi anche per gli studenti e questo ci sembra estremamente più grave. Infine, ma non per importanza, la questione RIFIUTI ha fatto traboccare il vaso. Secondo noi è insostenibile, per chi si definisce ambientalista, la posizione nazionale che Rifiuti Zero è un'utopia e che in Umbria i rifiuti si possono bruciare nei cementifici. Infatti il circolo sosteneva la necessità di adottare la filosofia di Rifiuti zero e il divieto di qualsiasi trattamento termico. Che Rifiuti Zero non sia un'utopia lo dimostrano le numerosissime adesioni di amministrazioni piccole e grandi, il divieto di trattamento termico è nella logica che vuole tenere insieme salute e ambiente, lavoro e salute. Quindi non possiamo neanche accettare l'idea che quella del nazionale sia una posizione politica. In uno degli ultimi direttivi ci hanno anche definito bubbone, sia pure per metafora. Comunque non è bello sentirsi un corpo estraneo, per di più infetto, di un organismo di cui tuttalpiù si può aspirare ad essere parti non pensanti perché quelle stanno a Roma, come ci ha ricordato il presidente nazionale che molto delicatamente ci ha pure informato che non è favorevole all'accanimento terapeutico. Il ruolo dei circoli, come in un franchising, sembra quello di diffondere il verbo del nazionale, sempre e comunque anche se si ha qualche dubbio. Perché è vero che l'unità rappresenta la forza dell'associazione, ma le differenze non possono essere represse o ignorate specie se l'associazione si basa sul volontariato. DAL REGIONALE IN SU si dovrebbe valutare attentamente l'effettiva autonomia di giudizio in merito alle posizioni su tematiche specifiche perché i dirigenti vengono trattati con un rimborso spese equivalente all'incirca ad uno stipendio che spesso rappresenta l'unica fonte di guadagno. I circoli, invece, non hanno questa forma di finanziamento, ma un contributo a campagna e a tessera il che non rende automatica e sicura la disponibilità economica. Questa condizione lascia ai circoli un'autonomia di giudizio indiscutibilmente più concreta, infatti il circolo di Perugia si è sempre ritrovato nella convinzione che il valore del volontariato ambientale trovi in questo aspetto una delle sue ragioni più forti. Per quanto riguarda i candidati nazionali alle elezioni politiche, ricordiamo che Legambiente può vantare ben tre senatori lanciati ed eletti nel PD, questi vengono supportati in campagna elettorale dalla rete organizzativa dell'associazione a tutti i livelli, almeno così è capitato con quello che aveva l'Umbria come collegio, mentre i candidati ai livelli dei circoli vengono sollecitati a sospendersi durante la campagna elettorale. CONFLITTO D'INTERESSI Esperti professionisti su tematiche specifiche (il caso più caldo ora è quello delle biomasse) vengono reclutati come consulenti privati per esprimersi nel merito ma si trascura, per esempio, che loro partono dal principio non scritto che non esiste l'opzione zero cioè la possibilità che in quella condizione specifica sia sconsigliato completamente l'insediamento sia per ragioni tecniche che ambientali che economiche. E' il caso della famosa maxistalla di S. Maria Rossa con relativo impianto a biogas che, oltre ad essere tecnicamente e urbanisticamente impedita dal piano regolatore vigente, si insedia su un contesto agricolo già fortemente sensibile ai nitrati per sopportare anche quelli provenienti dall'impianto. Già ora i pozzi presenti nella zona, che in alcuni casi rappresentano l'unico approvvigionamento idrico, vengono chiusi con frequenza impressionante a causa della concentrazione dei nitrati. E ancora la maxistalla non c'è. L'altro grande tema è l’incoerenza dell’associazione per quanto riguarda le sponsorizzazioni in evidente e forte contrasto con l’affermazione che, riconosciuta nello statuto, dà forza ad una istanza politica, quando si parla dell’impegno per un nuovo ordine economico mondiale, contro la guerra e la fame nel mondo, considerando il fatto che la crisi mondiale che affama miliardi di persone è causata dalle multinazionali, di cui si accettano proprio le sponsorizzazioni. Da questa nostra esperienza dentro alla Legambiente abbiamo capito che l'associazione non è la “ nostra” ma la “loro”, che la testa si trova a Roma mentre le braccia e le gambe sono nei circoli. Franchising è il termine che definisce, nel mondo commerciale, questo genere di rapporto, ma se questo fosse stato più chiaro forse non ci sarebbero stati malintesi salvo decidere se starci o no dentro questa associazione. Comunque, “noi” eravamo ambientalisti prima di iscriverci a Legambiente e lo saremo anche dopo questa grottesca espulsione, più liberamente.