16/07/2024
direttore Renzo Zuccherini

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Senza inceneritori e senza discariche. Si può !
Il Piano dei rifiuti, approvato all’unanimità dai Sindaci della Provincia di Terni, ha accolto la richiesta di rinunciare all’inceneritore

Il Piano dei rifiuti, approvato all’unanimità dai Sindaci della Provincia di Terni, che l’ATI4 propone per l’intero territorio, ha accolto la richiesta di alcune forze politiche di rinunciare all’inceneritore. Tale decisione è condivisibile ed apprezzabile ed anche ad Orvieto si condivide questa scelta, nonostante la cattiva informazione, le polemiche create artificiosamente, forse non sempre in buona fede.
Il problema non sta quindi nell’inceneritore, ma in quello che viene dopo, o meglio in quello che non viene dopo.

Dopo la matura e responsabile scelta a favore di un piano sostenibile senza inceneritori ci aspettavamo altrettanta consapevolezza e attenzione per la discarica.
Essa avrebbe dovuto rappresentare, finalmente, quella funzione residuale e terminale per l'intero ciclo dei rifiuti, in conformità con gli assunti di legge.
Nella sostanza, il Piano non si muove sulla base della lista delle priorità descritte dalla legge, ma si limita ad escludere dal ciclo l'inceneritore lasciando intatto il ruolo centrale e strategico della discarica come risoluzione di tutti i problemi dei rifiuti a livello provinciale. Questo non può essere sostenibile.

Molto sinteticamente ecco cosa dice il Piano a sostegno del no all'inceneritore.

Si limita ad alcune affermazioni generiche, di prospettiva, purtroppo tutte da dimostrare e del tutto infondate rispetto ai comportamenti correnti delle Amministrazioni.
Promette solo, nella teoria, un grande impegno nella raccolta differenziata porta a porta, come se questa possa essere la panacea di tutti i mali.
Una raccolta differenziata porta a porta senza alcuna programmazione o concreta ipotesi di lavoro per il riciclo.
Una raccolta differenziata, e questo è il più grave, che si basa sull’escludere, per il futuro, i conferimenti da altri territori di rifiuti speciali, previsti nel Piano regionale e in tal modo non computati, come dei fanghi da depuratori, dei rifiuti derivanti da casi di soccorso come se questi conferimenti possano trovare in Umbria alternative praticabili.

Altra pretesa irreale appare quella di bruciare in altra località quello che avrebbe dovuto bruciato l’inceneritore di Terni quando non appare affatto scontato che l’altro inceneritore di Perugia segua una vita più facile del nostro, o che a Gubbio sia cosa fatta che i combustibili da rifiuti di Terni possano essere accolti.

Siamo alla declamazione delle speranze.

Inoltre, dato per assodato che venga raggiunto il 65% di differenziata e che la Regione non obietti sulle difformità rispetto al Piano Regionale (cose tutte da dimostrare) sono gli stessi estensori del Piano dell’ATI4 a dichiarare un esubero per 444.000 tonnellate rispetto alla capacità reale della discarica. Nessuno sa dunque dove andare a piazzare questo esubero.

Noi purtroppo abbiamo ben chiaro quello che accadrà.
Non accadrà nulla, come fino ad oggi non è accaduto nulla, in Umbria e in Italia.

In Umbria il riciclo è attività sconosciuta e la raccolta (cosiddetta) differenziata tale non è, dal momento che non viene coordinata con un’adeguata filiera volta al recupero, al riuso ed al riciclo.
In considerazione di tutto ciò ed in mancanza di un ciclo completo e virtuoso del rifiuto, l’azione diventa molto costosa, pagata dai cittadini, che obbedienti e silenti, pagano la tassa dei rifiuti (tariffa solo di nome), e il tutto si tramuta in un altro bell'affare per i soliti noti.

Probabilmente la percentuale della raccolta differenziata, promessa al 65% nel 2015, non verrà raggiunta per cui, oltre al 35% previsto, i rifiuti da smaltire saranno molti di più. Arriveranno poi quelli già previsti dal Piano regionale, si andrà sicuramente in emergenza e si dovrà, aldilà di tanti bei discorsi, ampliare il famigerato 3° calanco, poi anche al 4°, e via dicendo. Il tutto per conferire i rifiuti non solo della Provincia, ma dell’intera Regione.

Questo scenario non sarà in un futuro più o meno vicino, ma sarà a partire da subito visto che lo stesso Piano ATI non è in grado di rispondere, in modo certo, nemmeno alle esigenze dell’oggi.

Quindi non si tratta di mettere in piedi una lite tra ternani e orvietani. Si tratta di ricominciare seriamente a pensare ad un piano che garantisca “NEI FATTI” e NON SOLO A PAROLE e PROMESSE sia la cancellazione dal Piano regionale dell'inceneritore a Terni, sia un uso corretto e civile della discarica di Orvieto che, come accade in tantissimi altri territori dove si affrontano le questioni con correttezza e competenza, dovrebbe accogliere non più del 5 – 10 % della somma dei rifiuti prodotti.

Quello che vogliamo (non in quanto orvietani, ma come forza politica e come cittadini) è raggiungere con progetti e soluzioni chiare il risultato del NO ALL’INCENERITORE insieme, però, alla garanzia di una discarica da utilizzare come termine di un completo ciclo dei rifiuti e che veda conferita una quantità non superiore al 5 – 10% dei rifiuti prodotti. Il tutto in modo da garantire alla discarica una vita di 50 o 60 anni e non di 2 o 3.

Questo per noi è il significato delle parole “chiusura del ciclo”. Per l’ATI invece la discarica rappresenta semplicemente l’apertura e il mantenimento del ciclo.

Si tratta di partire da questi scenari e solo a queste condizioni è possibile poter condividere il progetto.

Infine, un ultimo argomento.

Il Piano si propone di aprire (in fretta e furia) una gara mediante Bando per l'affidamento, ad una ditta unica, della raccolta porta a porta.
Dipersè potrebbe sembrare cosa ragionevole, ma non è così.

Per prima cosa dobbiamo dire che si tratta di una soluzione estremamente onerosa, pagata con le tasse dei cittadini (parliamo di circa 20 milioni di €uro all’anno).
Oltre a questo aspetto (onerosità fuori misura), l'affidamento comporta una durata di quindici anni, che nonostante sia prevista (non è dato sapere per quale ragione) dalla legge italiana, appare del tutto fuori luogo se si tiene conto della rapidità attuale nel campo della ricerca, dell’innovazione e della capacità di riorganizzazione dei servizi. Infine il cittadino viene obbligato ad un salasso senza scampo.

Sappiamo che il servizio della raccolta porta a porta è fattore essenziale per la remunerazione, solo se connesso ad un criterio rigorosamente coordinato con la ricerca del miglior conferimento della materia da rifiuto (vetro, plastica, carta, legno, ferro, ecc) a consorzi e società specializzate. Tale connessione consente il raggiungimento di migliori standard di qualità che permettono l'abbattimento dei costi anche della raccolta e la conseguente riduzione della tariffa, oltre all'incameramento di risorse per la pubblica amministrazione al posto dei costi dello smaltimento.
Questo tema è completamente trascurato, ed è questo che rende il sistema dell’affidamento alla ditta privata in assenza del progetto di riciclo un sistema improduttivo e sbagliato.
Chi si aggiudicherà la gara per 15 anni avrà un interesse preminente per l'incasso delle somme derivanti da tassazione e per l’abbattimento dei costi di gestione a scapito della qualità e non per la ricerca delle migliori soluzioni che attivino il processo di riciclo, creino risorse per l’Ente pubblico e un risparmio per il cittadino.

Per quanto sopra tale soluzione comporta un' arretratezza, possiamo dire “programmata”, dell’intero sistema e l’impossibilità di un abbassamento (che potrebbe ridursi a valori pari a 1/4 – 1/5 dell’attuale) della tassa rifiuti.

 In alternativa all'affidamento del servizio a privati proponiamo di:
• provvedere al servizio di raccolta domiciliare porta a porta direttamente a carico dell’ente pubblico (Comuni, loro consorzi, ecc.)
• procedere immediatamente alla formazione e riqualificazione del personale pubblico, a carico delle amministrazioni comunali, o comunque dell'ente pubblico

Questa soluzione permette:
• flessibilità per l’immediato adeguamento alle innovazioni tecnologiche funzionali;
• un programma di abbattimento della tassazione che consenta il passaggio dalla tassa alla tariffa;
• opportunità di lavoro e sviluppo di una filiera (anche imprenditoriale) del riciclo e del riuso a favore della società intera.
 
Tutto ciò anche mettendo in discussione la presunta maggiore affidabilità, nel nostro Paese, del privato rispetto al pubblico (per piacere ricordiamoci delle battaglie per l’acqua. La situazione e' molto simile).

In conclusione riteniamo che il Piano vada radicalmente riformulato, proprio per garantire concretamente quella qualità ed efficacia che si dice di voler ricercare.

In una parola e per sintetizzare si tratta di avviarci nei fatti verso quella strategia che va sotto il nome di “rifiuti zero”, quale unica garanzia per contenere la gestione delle discariche in termini di sostenibilità e scongiurare, insieme, il ricorso all'incenerimento.

Riteniamo dunque che sia necessario un confronto approfondito per la maggiore condivisione su un tema che appartiene direttamente al campo dei beni Comuni su cui e per cui tante battaglie, anche referendarie, ci hanno visti protagonisti insieme ai cittadini.
Siamo l’unico Partito che ha prodotto un’approfondita riflessione su questo argomento, e pertanto siamo in grado di formulare non solo pensieri e produrre documenti, ma anche proporre soluzioni e ipotesi politiche che consentano di ottenere un vantaggio generale, a partire da questa importante occasione.
Pier Paolo Mattioni – membro del Coordinamento regionale IdV Umbria
Rossella Dell’Anna – Coordinatrice del Circolo IdV di Orvieto
 




Inserito giovedì 18 ottobre 2012


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