Biogas: una operazione di speculazione che non ha nulla a che fare con l’ecologia
se si continuano ad erogare incentivi alle fonti rinnovabili senza una preliminare valutazione della effettiva sostenibilità ecologica del sistema di volta in volta proposto, si rischia di finanziare una ricerca a volte insensata e una imprenditoria industriale senza scrupoli
Politici, imprenditori e progettisti danno grande enfasi alla possibilità di generare energia termica ed elettrica tramite lo sfruttamento delle biomasse, tecnologia in forte espansione anche in Umbria, come sanno bene tanti comitati locali che si oppongono alla disseminazione di impianti a biogas in ogni angolo dell’Umbria.
In effetti, con la tecnologia delle biomasse è possibile recuperare una parte di energia ancora contenuta negli scarti dell’industria agroalimentare (residui di potature, deiezioni animali, frazione organica dei rifiuti ecc…). Ciò è eticamente ed ecologicamente corretto perché si cerca di recuperare una quantità di energia che altrimenti andrebbe persa. Al limite, con una attenta valutazione dei costi/benefici, potrebbe essere tentata la produzione energetica anche con la coltivazione di specie vegetali non alimentari a bassa richiesta irrigua e nutritiva, su terreni dismessi o marginali.
Cosa succede in Umbria Nella realtà si osserva invece che gli impianti proposti in Umbria (Costano, Santa Maria Rossa, Panicale, Narni…) prevedono di utilizzare in prevalenza biomasse provenienti da colture intensive di specie alimentari come Mais e triticale. Ciò fa entrare la produzione di energia da biomasse in netta concorrenza con la produzione alimentare umana e animale.
Questo aspetto non è affatto secondario dato che un impianto a Biogas da un megawatt divora il raccolto di un ettaro al giorno. Per un pugno di energia (veramente poca se rapportata alla effettiva necessità) si rischia di mandare in tilt il già fragile sistema agricolo locale. In Lombardia, dove sono attivi circa 500 impianti a biogas, i prezzi dei terreni agricoli e dei mangimi sono aumentati e gli allevatori sono costretti ad approvvigionarsi all’estero, spesso senza molte garanzie di qualità alimentare.
Economicamente, questo sistema si regge solo grazie ai generosi incentivi erogati per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Senza incentivi non ci sarebbe alcuna convenienza a produrre biogas da colture dedicate. Prova ne è che illustri ingegneri e politici compiacenti sorvolano strategicamente su numeri che dimostrano quanto sia misera l’efficienza energetica di questi sistemi, (dell’ordine dello 0.2-0.6% se rapportata all’energia solare che è all’origine delle biomasse) e quanto sia scarso il valore EROEI (ritorno energetico sull’investimento energetico), sempre prossimo a uno se non addirittura inferiore, dove invece eolico e fotovoltaico presentano valori nettamente superiori.
Penso che se si continuano ad erogare incentivi alle fonti rinnovabili senza una preliminare valutazione della effettiva sostenibilità ecologica del sistema di volta in volta proposto, si rischia di finanziare una imprenditoria industriale senza scrupoli che cannibalizza l'agricoltura.
Si dovrebbe invece incentivare una produzione agricola locale di qualità, soprattutto in un periodo come questo in cui l’import umbro di ortaggi e cereali è aumentato parecchio. Pare anche assurda una politica che non tuteli il nostro bel paesaggio umbro, che da agricolo si sta trasformando in industriale, come se di consumo di territorio ce ne fosse ancora bisogno!
Roberto Pellegrino - Movimento Perugia Civica
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