16/07/2024
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Che fine ha fatto l’inceneritore?
Un silenzio inquietante sul mega progetto: cosa bolle in pentola? Ce ne parla Roberto Pellegrino

Ancora una volta i rifiuti al centro dell'attenzione. Ma questa volta non si parla di raccolta differenziata, riduzione o strategia “rifiuti zero”. La politica Umbra, con l’adozione del Piano Regionale Gestione Rifiuti  del 2009, ha intrapreso una strada in direzione del tutto opposta, perché aver programmato la chiusura del ciclo dei rifiuti con il trattamento termico significa in realtà considerare la partita della riduzione/riciclo definitivamente persa, come dimostrano concretamente le esperienze di Brescia e Puglia.
La questione è molto complessa e controversa e vede interessi di parte che si oppongono, più o meno velatamente, alla buona riuscita della raccolta differenziata: la vera nemica degli “inceneritoristi” che si battono per ottenere, a scapito dell’ambiente e della salute dei cittadini, i propri profitti.
Ne parliamo con Roberto Pellegrino, portavoce di “Cittadini in Rete Umbria”, che spiega come si è evoluta la questione dell’inceneritore nella nostra regione e perché ultimamente non ne abbiamo più sentito parlare.
“L’inceneritore ha sempre fatto gola ai privati: è una macchina che divora rifiuti (trasformandoli in sostanze più pericolose e difficili da controllare) e fabbrica soldi (a spese dei cittadini). Dapprima si era parlato di costruirlo nei pressi del Silvestrini, poi L’Ati-1 ha incaricato un gruppo di esperti per individuare il sito dove costruire l’inceneritore (spesi 180 mila euro  più Iva), infine l’assessore Rometti ha affermato pubblicamente che la parola chiave è “modularità”, lasciando intendere che la regione non intende più realizzare un mega impianto bensì un impianto di taglia più piccola e adeguabile alle esigenze”.

Per fare un po’ di chiarezza vediamo alcuni dati
Un inceneritore di grossa taglia, come quello previsto dal piano regionale, è un impianto che una vola acceso deve rimanere in funzione per non andare in perdita. Ha quindi bisogno di una quantità di combustibile costante per tutto il periodo previsto di funzionamento che di solito è di 20 anni.
Tuttavia, non ci sono garanzie che l’ammontare totale di rifiuti prodotti rimanga costante. Ad esempio, in questo ultimo periodo, sia per l’effetto della crisi che per la discreta riuscita della Raccolta Differenziata, si è osservata una diminuzione dell’ammontare totale della produzione dei rifiuti.
Una corretta Raccolta Differenziata sottrae materiale all’eventuale inceneritore: Carta e Plastica (gli unici materiali con un potere calorifico interessante) sono materiali ottimamente riciclabili, a pari di vetro e metalli. E’ ovvio, quindi, che se si intende bruciare i rifiuti non si può procedere ad una corretta gestione della raccolta differenziata che farebbe venire meno proprio la materia prima che l’inceneritore brucia.
La domanda cruciale che nasce spontanea è: da dove arriverebbero i rifiuti che dovrebbero essere bruciati in Umbria? Forte è infatti il sospetto che per raggiungere le oltre 180.000 tonnellate previste dal piano saranno importati rifiuti da altre regioni, oppure che la raccolta differenziata sarà fatta naufragare.

La direttiva europea quadro sui rifiuti (la 2008/98/CE recepita dall'Italia nel dicembre 2010)
La direttiva, recepita in Italia, indica chiaramente la gerarchia di azioni da seguire nella gestione dei rifiuti.
Questa stabilisce un ordine di priorità nel quale riduzione, riuso e riciclo devono essere preferite al “recupero di energia dai rifiuti”, in quanto rappresentano la miglior soluzione economica e ambientale.
Non possiamo nascondere tuttavia che la direttiva prevede, per una frazione residuale, anche il recupero di energia. La direttiva fissa però una soglia di efficienza energetica che deve superare il 65%, affinché si possa parlare di recupero. Una soglia molto lontana dalla attuale che è ci circa il 10-20%. Di fatto nessun impianto di trattamento termico dei rifiuti oggi in funzione rispetta tali parametri. L’esempio di Trento è eclatante: la gara per costruire un nuovo l’inceneritore voluto dall’amministrazione va ripetutamente deserta: nessun privato è in grado di fare profitto con l’incenerimento dei rifiuti dovendo rispettare gli stringenti parametri della nuova direttiva.

Incontro con l’assessore Rometti
“Stiamo cercando di organizzare” – ci dice Pellegrino – “un incontro pubblico (promosso sia dalla Regione Umbria che dalle varie associazioni e movimenti riuniti in Cittadini in Rete Umbria) per approfondire il tema dei possibili rischi per la salute provocati dal trattamento termico dei rifiuti, dando la parola a studiosi di fama nazionale e internazionale schierati a favore e contro questa modalità di chiusura del ciclo.
Siamo stati però urgentemente convocati dall’assessore il quale dovrà senz’altro comunicarci qualcosa di nuovo. L’incontro è previsto per giovedì 3 maggio prossimo”.

Cosa bolle in pentola
Il  Ministero dell’Ambiente Clini ha annunciato che è in preparazione un decreto che autorizza i cementifici a bruciare il Css, ossia Combustibile Solidi Secondari, che dovrebbe consistere in plastiche non clorurate, pneumatici fuori uso, scarti in gomma, tessili e scarti del calzaturiero, frazioni secche combustibili.
In pratica l'evoluzione nominale di quel Combustibile da rifiuti (Cdr) di cui sono composte le famose ecoballe le quali, se il nuovo decreto verrà approvato, è facile immaginare saranno i primi rifiuti a finire bruciati nei cementifici, diffondendo nell'aria sostanze verosimilmente tossiche.
I cementieri hanno già da tempo mostrato pressioni in tal senso, manifestando la ferma intenzione di bruciare rifiuti all’interno degli impianti.
Si era già detto no a tale proposta nel febbraio di quest’anno in Consiglio Regionale, dove è stata bocciata una mozione di PdL e Lega.
Sul sito di Idv Umbria datato 11 Gennaio 2012 si legge di indiscrezioni che giungono da più parti e dalle quali risulta che l'importante cementificio ha raggiunto un accordo con la governatrice Renata Polverini per bruciare i rifiuti del Lazio. “In questo modo la Colacem non solo aggira le normative nazionali che impediscono ai cementifici di bruciare i rifiuti ma si fa beffe di tutta la politica regionale. 
Questo nuovo decreto risolverebbe la questione inceneritori: toglierebbe alle regioni la pesante incombenza di decidere a tale riguardo e accontenterebbe i forti interessi di parte.
Inoltre, non solo i cementifici non pagherebbero più il combustibile per il funzionamento dei loro impianti, ma addirittura ogni comune dovrebbe pagare una certa somma ai cementieri per smaltire i propri rifiuti.
Ogni tonnellata sono 90 euro, un affare non indifferente.

Chi controlla l’ambiente?
Addetto ai controlli – sottolinea Roberto Pellegrino – sarebbe l’ente Arpa-Umbria, il cui direttore tecnico Marchetti ha più volte dichiarato pubblicamente di essere un sostenitore dell’inceneritore.
È comunque difficile riuscire a controllare sia la composizione di quello che entrerebbe nelle fornaci, data l’estrema variabilità di composizione, sia quello che uscirebbe sotto forma di emissioni aerodisperse: è copiosa la letteratura scientifica che dimostra che nel processo di combustione si formerebbero micidiali particelle di dimensioni ben al di sotto dei famosi Pm-10 e per le quali gli enti pubblici non sono ancora ben attrezzati dal punto di vista analitico.
Dovrebbe comunque prevalere, in assenza di prove certe degli effetti sulla salute del processo col quale si vuole bruciare i rifiuti sotto qualsiasi forma e con qualunque modalità, il Principio di precauzione che è alla base di trattati nazionali e sovranazionali in base al quale: “di fronte al ragionevole dubbio che da un’azione o un comportamento possa derivare un danno grave o potenzialmente irreversibile alla collettività, anche in assenza di prove certe e unanimemente condivise che dimostrino tale rischio, occorre adottare le contromisure per prevenirlo”.



Maria Luisa De Filippo

Inserito venerdì 4 maggio 2012


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