Chi paga per i costi sanitari nelle aree industriali a rischio?
Tratto dal foglio informativo dell'associazione Le Vie della Salute - n.7 -12/2008
Nota
della redazione LeVie della Salute: Prendendo
spunto dal seguente articolo ci chiediamo chi
paga per i danni ecologi in genere?
Le
notizie drammatiche sulle degradate condizioni ambientali e sanitarie
di Taranto - ma possiamo ben dire di tutta la l’area
ionico-salentina - stanno occupando la ribalta dei media ormai da
oltre un anno, cioè da quando l’Agenzia Regionale per la
Protezione Ambientale ha iniziato, anche su sollecitazione dei
movimenti dei cittadini, a misurare le pericolose diossine ai camini
dell’acciaieria. Questa perdurante attenzione, che contraddice le
regole effimere della comunicazione di massa, dimostra più di
ogni altra cosa che la consapevolezza delle conseguenze ambientali ed
umane di certe produzioni industriali, ancorché non recenti,
si sono ora insediate saldamente nella coscienza delle popolazioni le
quali non accettano più di esporre al ricatto occupazionale il
loro diritto alla salute. Accanto all’area di Taranto al cui
inquinamento concorrono l’industria siderurgica, petrolchimica e
cantieristica, anche quella di Brindisi soffre per l’inquinamento
industriale correlato alle attività energetiche e chimiche,
per richiamare le ragioni che indussero il legislatore alla fine
degli anni ‘80 a definire entrambi i capoluoghi, con alcuni comuni
limitrofi, aree ad alto rischio di crisi ambientale. E poiché
gli inquinanti, soprattutto quelli emessi in aria, non rispettano i
confini amministrativi ma si spandono ovunque possono infiltrarsi o
essere trasportati, anche la provincia di Lecce registra dati
sanitari tipici delle realtà limitrofe che ospitano le
predette concentrazioni industriali. Bisogna però chiarire
qualche inevitabile distorsione mediatica: Taranto non è solo
diossina ma molti altri tossici e cancerogeni, ben conosciuti e
censiti negli appositi registri pubblici ma poco noti alla gente
comune che quotidianamente li ingerisce e li respira . E così
anche Brindisi non è più solo CVM o la tanto declamata
CO2 ma benzene ed altri cancerogeni e metalli pesanti.
Dopo
anni di studi e controlli ormai di dominio pubblico si può
tranquillamente affermare che in queste aree le popolazioni si sono
maggiormente ammalate rispetto alle aree meno industrializzate della
regione. Queste evidenze possono essere ben rappresentate da alcuni
numeri. Nel quinquennio 1990-1994 nell’area a rischio di Taranto,
composta da quattro Comuni, sono stati registrati 550 decessi in più
rispetto al resto della Regione, 110 all’anno, nel sesso maschile,
e 180 in quello femminile, cioè 35 all’anno. Nello stesso
periodo, nell’area a rischio di Brindisi , anche questa composta di
quattro Comuni, l’incremento è stato di 180 decessi nel solo
sesso maschile, 35 l’anno. Il dato di Brindisi è confermato
anche in anni più recenti: 30 decessi in media in più
all’anno sono imputabili al suo status di area a rischio. Si
intendono qui decessi per ogni causa e non solo per tumori dato che i
diversi inquinanti sono responsabili di un ampio ventaglio di
malattie. Oltre al numero complessivo oggi siamo in grado anche di
stabilire per ciascun decesso e malattia il grado di probabilità
con cui essi possono essere stati causati dall’inquinamento
ambientale nonchè da quale delle sue fonti.
Ovviamente
tutto ciò è possibile conoscere purché lo si
voglia. Ma le istituzioni sanitarie e scientifiche che insistono su
questo territorio lo vogliono davvero? Questo è il cuore dello
scontro in atto ai più diversi livelli, quello che tende al
controllo ed al comando dei centri della conoscenza per il ruolo che
giocano, studiando questo o quel fenomeno, intervenendo su questo o
quel problema, nella partita tra il profitto e la salute. Le
istituzioni civili e politiche oggi hanno ottenuto dalla scienza, da
quella parte che in questi anni si è faticosamente sottratta
al comando dell’occultamento, numeri precisi sui costi umani di un
certo tipo di industrializzazione.
Finora
purtroppo i costi delle malattie sono stati tutti a carico degli
ammalati e della collettività attraverso gli indennizzi
previdenziali e la spesa sanitaria (l’ultima relazione sullo stato
di salute nella provincia di Brindisi registra nel primo quinquennio
del nuovo secolo un’esplosione del ricorso alle cure mediche). Al
contrario i profitti sono stati solo minimamente scalfiti ed anche i
benefici previdenziali sono stati ottenuti con estrema difficoltà
dai danneggiati, soprattutto dai lavoratori ammalati e dalle loro
famiglie.
La
scienza medica ha cominciato a svolgere la sua parte attraverso
l’epidemiologia ma i medici, soprattutto quelli di famiglia,
possono ancora meglio disvelare le cause dei danni alla salute,
denunciando, come è loro dovere, le malattie lavorative e
ambientali ed i pericoli dell’incenerimento dei rifiuti come hanno
avuto il coraggio di fare i loro colleghi francesi Ma anche i
rappresentanti politici non possono più tacere di fronte a
questi misurabili danni e devono esigere per quanto possibile la loro
riparazione opponendosi alle cause già note di tanta
sofferenza e a quelle incombenti: incenerimento dei rifiuti anziché
riutilizzo, centrali a biomasse e a combustibili vegetali piuttosto
che risparmio energetico e microproduzione di energia.
Brindisi,
31 ottobre 2008
Dr. Maurizio Portaluri di Medicina Democratica. Da www.asinistra.net dell’ 8.11.08
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