Non è un rito, non è una ricorrenza
La marcia per la pace è una grande manifestazione politica
Dal sito www.perlapace.it riportiamo la mozione finale della Marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza dei popoli...
Domenica 25 settembre 2011 Marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza dei popoli
Mozione finale A
conclusione della Perugia-Assisi, che abbiamo convocato a cinquant'anni
dalla prima Marcia organizzata il 24 settembre 1961 da Aldo Capitini,
vogliamo lanciare un nuovo appello per la pace e la fratellanza dei
popoli.
Lo facciamo richiamando il primo articolo della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che proclama: "Tutti gli
esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono
dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri
in spirito di fratellanza".
La fratellanza dei popoli si basa
sulla dignità, sugli eguali diritti fondamentali e sulla cittadinanza
universale delle persone che compongono i popoli. I diritti umani sono
il nome dei bisogni vitali di cui è portatrice ogni persona. Essi
interpellano l'agenda della politica la quale deve farsi carico di
azioni concrete per assicurare "tutti i diritti umani per tutti" a
livello nazionale e internazionale. La sfida è tradurre in pratica il
principio dell'interdipendenza e indivisibilità dei diritti umani -
civili, politici, economici, sociali e culturali - e ridefinire la
cittadinanza nel segno dell'inclusione. L'agenda politica dei diritti
umani comporta che nei programmi dei partiti e dei governi ciascun
diritto umano deve costituire il capoverso di un capitolo articolato
concretamente in politiche pubbliche e misure positive.
Il nostro appello per la pace e la fratellanza dei popoli contiene alcuni principi, proposte e impegni:
Principi Primo.
Il mondo sta diventando sempre più insicuro. Se continuiamo a spendere
1.6 trilioni di dollari all'anno per fare la guerra non riusciremo a
risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro tempo: la miseria e la
morte per fame, il cambio climatico, la disoccupazione, le mafie, la
criminalità organizzata e la corruzione. Se vogliamo uscire dalla crisi
dobbiamo smettere di fare la guerra e passare dalla sicurezza militare
alla sicurezza umana, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza comune. Secondo.
Se vogliamo la pace dobbiamo rovesciare le priorità della politica e
dell'economia. Dobbiamo mettere al centro le persone e i popoli con la
loro dignità, responsabilità e diritti. Terzo. La nonviolenza è
per l'Italia, per l'Europa e per tutti via di uscita dalla difesa di
posizioni insufficienti, metodo e stile di vita, strumento di
liberazione, strada maestra per contrastare ogni forma d'ingiustizia e
costruire persone, società e realtà migliori. Quarto. Se
vogliamo la pace dobbiamo investire sulla solidarietà e sulla
cooperazione a tutti i livelli, a livello personale, nelle nostre
comunità come nelle relazioni tra i popoli e gli stati. La logica
perversa dei cosiddetti "interessi nazionali", del mercato, del profitto
e della competizione globale sta impoverendo e distruggendo il mondo.
La solidarietà tra le persone, i popoli e le generazioni, se prima era
auspicabile, oggi è diventata indispensabile. Quinto. Non c'è
pace senza una politica di pace e di giustizia. L'Italia, l'Europa e il
mondo hanno bisogno urgente di una politica nuova e di una nuova cultura
politica nonviolenta fondata sui diritti umani. Quanto più si aggrava
la crisi della politica, tanto più è necessario sviluppare la
consapevolezza delle responsabilità condivise. Serve un nuovo coraggio
civico e politico. Sesto. Se davvero vogliamo la pace dobbiamo
costruire e diffondere la cultura della pace positiva. Una cultura che
rimetta al centro della nostra vita i valori della nostra Costituzione e
che sappia generare comportamenti personali e politiche pubbliche
coerenti. Per questo, prima di tutto, è necessario educare alla pace.
Educare alla pace è responsabilità di tutti ma la scuola ha una
responsabilità e un compito speciali.
Proposte e impegni
1. Garantire a tutti il diritto al cibo e all'acqua. E'
intollerabile che ancora oggi più di un miliardo di persone sia privato
del cibo e dell'acqua necessaria per sopravvivere mentre abbiamo tutte
le risorse per evitarlo. Ed è ancora più intollerabile che queste atroci
sofferenze siano aumentate dalla speculazione finanziaria sul cibo,
dall'accaparramento delle terre fertili, dalla devastazione
dell'agricoltura e dalla privatizzazione dell'acqua.
2. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti. Un
miliardo e duecento milioni di persone lavorano in condizioni di
sfruttamento. Altri 250 milioni non hanno un lavoro. 200 milioni devono
emigrare per cercarne uno. Oltre 12 milioni sono vittime della
criminalità e sono costrette a lavorare in condizioni disumane. 158
milioni di bambine e di bambini sono costretti a lavorare. Occorre
ridare dignità al lavoro e ai lavoratori, giovani e anziani, di tutto il
mondo.
3. Investire sui giovani, sull'educazione e la cultura. Un
paese che non investe, non valorizza e non dà spazio ai giovani è un
paese senza futuro. La lotta alla disoccupazione giovanile deve
diventare una priorità nazionale. Investire sulla scuola,
sull'università, sulla ricerca e sulla cultura vuol dire investire sulla
crescita sociale, politica ed economica del proprio paese.
4. Disarmare la finanza e costruire un'economia di giustizia. La
finanza, priva di ogni controllo internazionale, sta mettendo in crisi
l'Europa politica e provoca un drammatico aumento della povertà. Bisogna
togliere alla finanza il potere che ha acquisito e ripristinare il
primato della politica sulla finanza. Occorre tassare le transazioni
finanziarie, lottare contro la corruzione e l'evasione fiscale e
ridistribuire la ricchezza per ridurre le disuguaglianze sociali.
5. Ripudiare la guerra, tagliare le spese militari. La
guerra è sempre un'inutile strage e va messa al bando come abbiamo
fatto con la schiavitù. Anche quando la chiamiamo con un altro nome è
incapace di risolvere i problemi che dice di voler risolvere e finisce
per moltiplicarli. Promuovere e difendere sistematicamente i diritti
umani, investire sulla prevenzione dei conflitti e sulla loro soluzione
nonviolenta, promuovere il disarmo, contrastare i traffici e il
commercio delle armi, tagliare le spese militari e riconvertire
l'industria bellica è il miglior modo per aumentare la nostra sicurezza.
6. Difendere i beni comuni e il pianeta. Se
non impariamo a difendere e gestire correttamente i beni comuni globali
di cui disponiamo, beni come l'aria, l'acqua, l'energia e la terra, non
ci sarà né pace né sicurezza per nessuno. Nessuno si deve più
appropriare di questi beni che devono essere tutelati e condivisi con
tutti. Urgono istituzioni, politiche nazionali e internazionali
democratiche capaci di operare in tal senso. Occorre ridurre la
dipendenza dai fossili, introdurre nuove tecnologie verdi e nuovi stili
di vita non più basati sull'individualismo, la mercificazione e il
consumismo.
7. Promuovere il diritto a un'informazione libera e pluralista. Un'informazione
obiettiva, completa, imparziale, plurale che mette al centro la vita
delle persone e dei popoli è condizione indispensabile per la libertà e
la democrazia. Sollecita la partecipazione alla vita e alle scelte della
collettività; favorisce la comprensione dei fenomeni più complessi che
attraversano il nostro tempo, promuovere il dialogo e il confronto,
costruisce ponti fra le civiltà, avvicina culture diverse, diffonde e
consolida la cultura della pace e dei diritti umani.
8. Fare dell'Onu la casa comune dell'umanità. Tutti
nelle Nazioni Unite, le Nazioni Unite per tutti. Se vogliamo costruire
un argine al disordine internazionale, i governi devono accettare di
democratizzare e rafforzare le Nazioni Unite mettendo in comune le
risorse e le conoscenze per fronteggiare le grandi emergenze sociali e
ambientali mondiali.
9. Investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativa. Senza
una società civile attiva e responsabile e lo sviluppo della
cooperazione tra la società civile e le istituzioni a tutti i livelli
non sarà possibile risolvere nessuno dei grandi problemi del nostro
tempo. Rafforzare la società civile responsabile e promuovere la
democrazia partecipativa è uno dei modi più concreti per superare la
crisi della politica, della democrazia e delle istituzioni.
10. Costruire società aperte e inclusive. Il
futuro non è nella chiusura in comunità sempre più piccole, isolate e
intolleranti che perseguono ciecamente i propri interessi ma
nell'apertura all'incontro con gli altri e nella costruzione di
relazioni improntate ai principi dell'uguaglianza e alla promozione del
bene comune. Praticare il rispetto e il dialogo tra le fedi e le culture
arricchisce e accresce la coesione delle nostre comunità. I rifugiati e
i migranti sono persone e come tali devono vedere riconosciuti e
rispettati i diritti fondamentali.
Queste priorità devono essere
portate avanti da ogni persona, a livello locale, nazionale e globale,
in Europa come nel Mediterraneo.
Per realizzarle abbiamo
innanzitutto bisogno di agire insieme con una strategia comune e la
consapevolezza di avere un obiettivo comune.
Per realizzarle
abbiamo bisogno di dare all'Italia un governo di pace e una nuova
politica, coerente in ogni ambito, e di investire con grande
determinazione sulla costruzione di un'Europa dei cittadini, federale e
democratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una Comunità del
Mediterraneo che, raccogliendo la straordinaria domanda di libertà e di
giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest'area di
grandi crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti.
Assisi, Rocca Maggiore, 25 settembre 2011
... e l'intervista ad Alex Zanotelli
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