14/08/2024
direttore Renzo Zuccherini

Home >> Cantamaggio ternano

Cantamaggio ternano
Di sicuro Terni non può rinunciare alle sue acciaierie. E' persino impossibile immaginare questa città senza la fabbrica che porta il suo nome

Certo, non sono più i tempi di una volta che erano, come tutti sanno,  un'altra cosa. Però anche quest'anno qualche carro degno della tradizione s'è visto. Maggio è sempre maggio e i carri rappresentano, in una città come Terni, una delle occasioni più attese per ritrovarsi tutti insieme lungo il corso e nelle piazze del centro. Per il resto, sembra lontana ormai la presenza dei quartieri popolari, che sono uno dei segni forti dell'identità cittadina. Villaggio Italia, Borgo Rivo, Campomicciolo, San Valentino, Cesi, Papigno che sfilavano per corso Tacito con i loro fiori di carta e le api innamorate, e in tempi ancor più lontani le creazioni straordinarie delle fabbriche. Acciaierie, Bosco, Polymer, Fabbrica d'armi. Chi ha mai dimenticato la cascata delle Marmore con l'acqua vera realizzata dagli operai della società "Terni" nello spazio immenso di un grande rimorchio? Un mito. L'età dell'oro è tramontata e di sicuro non torna. E pensare che mezzo secolo fa il rimpianto della città dove c'erano più industrie che case era per i tempi delle scampagnate, dei prati in fiore e della natura vittima nei primi decenni del Novecento della servitù imposta dalle ragioni dell'industria. Terni nostro, dove sei andato? detto e tradotto con il dialetto di Furio Miselli, naturalmente. La Terni dei ternani non c'è più, ne' quella delle grandi fabbriche del secolo scorso ne' tanto meno quella campestre del secolo romantico. Andata, anche se le fabbriche ci sono ancora, non tutte, ma quasi, e i dintorni campestri pure, però oggi nessuno può rispondere alla domanda accorata di Miselli. Dov'è oggi Terni?
Risolto il conflitto tra città e campagna e assorbita, grazie alla bonarietà un po' risentita dei vecchi abitanti, la grande e drammatica fase dell'immigrazione interna, quella dei tempi dell'industrializzazione forzata, Terni vive ancora un po' stralunata l'infinita fase della transizione. Cosa c'è oltre il fumo delle acciaierie e qual è il futuro che l'aspetta? La storia ha i suoi tempi, che sono lunghi come la memoria di un elefante. Ci sono ancora da smaltire le scorie dell'acciaio, delle polveri e della dignitosa agiatezza operaia e c'è ancora tempo per godersi le migliaia di pensioni concesse con largo anticipo e già si deve pensare al dopo, a una nuova rivoluzione culturale. Un'altra svolta, un altro cambiamento? Terni oggi cammina in salita ed ha il fiatone, ma non può fermarsi se non vuol scivolare indietro e tornare, almeno simbolicamente, ai tempi di Miselli e ai carri di maggio fatti con un alberello fiorito, un fiasco di vino e una fisarmonica. L''ultima resistenza rabbiosa, la città tutta intera l'ha espressa quando i tedeschi di Essen, insomma la ThyssenKrupp, si portarono via l'orgoglio della sua cultura industriale, l'acciaio al silicio a grano orientato, l'eccellenza assoluta di una azienda siderurgica nata lì, accanto al lungo viale che porta alla Cascata delle Marmore. Non si trattò, quella volta, di difendere qualche posto di lavoro, ma il linguaggio sofisticato e irripetibile dell'acciaio prodotto nei forni elettrici della vecchia e modernissima azienda ternana. Se non vale neppure l'eccellenza, allora cosa si deve fare per sopravvivere nell'incomprensibile mondo delle multinazionali?
Adesso il problema si ripropone con l'acciaio inossidabile, speciale anch'esso, e splendente come uno specchio alla luce del giorno. Ci sono state, di fronte a questo Blitz Bewegung, questa mossa lampo tedesca, responsabilità locali? Di sicuro, prima fra tutte quella di non aver prodotto un forte impegno per realizzare i cosiddetti servizi all'impresa che, nel caso dell'acciaieria, vogliono dire infrastrutture e energia. Resta però un dubbio. Se si fosse completata la superstrada sino al porto di Civitavecchia e magari persino una centrale termoelettrica per abbassare i costi dell'energia, la ThyssenKrupp sarebbe rimasta? Il dubbio è molto forte perché le dinamiche economiche che muovono il mondo della globalizzazione e gli interessi delle sue figlie naturali che sono le multinazionali, sono un po' più complesse dei pasticci di classi dirigenti locali litigiose e talvolta inadeguate e dell'assenza, persino, dello stesso governo nazionale.
Per questo Terni ora ha il fiatone. Vent'anni fa l'acciaieria ternana era figlia dell'assistenzialismo pubblico e produceva solo debiti. Troppo lassismo e troppe produzioni. Così dicevano. Poi è arrivata la privatizzazione, i tagli al personale e la scelta di produrre poche cose ma buone, anzi, eccellenti. Ora questo non basta. Non basta neppure produrre, in pratica, un solo tipo di acciaio, uno solo, ma di altissima qualità. Non basta che l'acciaio sia speciale e che gli operai siano pagati meno che in Francia o in Germania. Di sicuro Terni non può rinunciare alle sue acciaierie. E' persino impossibile immaginare questa città senza la fabbrica che porta il suo nome.
Tutto questo non assolve, neanche un po', le classi dirigenti locali, i gruppi e le correnti politiche colpite, in questi ultimi tempi, da un avviso di garanzia al mese. Come fanno, se non tornano neanche i conti delle farmacie comunali e quelli di un festival dedicato al santo patrono, a parlare con i puntigliosi manager tedeschi dei bilanci di una delle più grandi aziende siderurgiche del mondo? E come fanno a chiedere al sindaco posti e potere se la cosa che più li preoccupa è quella di raccogliere preferenze elettorali ogni cinque anni e dispensare, per ottenerle, sorrisi e pacche sulle spalle nei bar del centro? Provino almeno a risollevare le sorti del declinante cantamaggio ternano. Così rimediano, tra le api illanguidite sui carri illuminati, qualche altra preferenza da spendere nel mercato orfano di merci commestibili della politica senza politica.
                                                                                                                                  renzo.massarelli@alice.it
(per sabato 21 maggio 2011)   



Renzo Massarelli

Inserito martedì 24 maggio 2011


Redazione "La Tramontana"- e-mail info@latramontanaperugia.it
Sei la visitatrice / il visitatore n: 7161815