Si sta avvicinando il 25 aprile. A noi, a me, piace ricordare questo giorno soprattutto con questo Canto, nella memorabile versione di Giovanna Daffini con l'accompagnamento al violino di Vittorio Carpi:
È già da qualche tempo che i nostri fascisti si fan vedere poco e sempre più tristi, hanno capito forse, se non son proprio tonti, che sta arrivare la resa dei conti.
Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia per conquistare la pace, per liberare l'Italia; scendiamo giù dai monti a colpi di fucile; evviva i partigiani! È festa d'Aprile.
Nera camicia nera, che noi abbiam lavata, non sei di marca buona, ti sei ritirata; si sa, la moda cambia quasi ogni mese, ora per il fascista s'addice il borghese.
Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia per conquistare la pace, per liberare l'Italia; scendiamo giù dai monti a colpi di fucile; evviva i partigiani! È festa d'Aprile.
Quando un repubblichino omaggia un germano alza il braccio destro al saluto romano. ma se per caso incontra partigiani per salutare alza entrambe le mani.
Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia per conquistare la pace, per liberare l'Italia; scendiamo giù dai monti a colpi di fucile; evviva i partigiani! È festa d'Aprile.
In queste settimane, miei cari tedeschi, maturano le nespole persino sui peschi; l'amato Duce e il Führer ci davano per morti ma noi partigiani siam sempre risorti.
Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia per conquistare la pace, per liberare l'Italia; scendiamo giù dai monti a colpi di fucile; evviva i partigiani! È festa d'Aprile.
Ma è già da qualche tempo che i nostri fascisti si fan vedere spesso, e non certo tristi; forse non han capito, e sono proprio tonti, che sta per arrivare la resa dei conti.
Forza che è giunta l'ora, infuria la battaglia per conquistare la pace, per liberare l'Italia; scendiamo giù dai monti a colpi di fucile; evviva i partigiani! È festa d'Aprile.
Furono anni nello stesso tempo difficili ed entusiasmanti. Noi, allora ventenni, non potevamo ancora votare, ma non volevamo esimerci dalla partecipazione. Ci si educava alla democrazia nelle sezioni rionali, si faceva propaganda per la strada. Le campagne elettorali non furono prive di violenza e vivemmo spesso in situazioni difficili, ma ci esaltava l’idea di essere partecipi della ricostruzione. Contemporaneamente si doveva costruire noi stessi. Bisognava ogni giorno sgombrarci della zavorra dell’educazione fascista e soprattutto liberarci con durezza da ogni forma di retorica. In questo sforzo di liberazione si era tentati di azzerare tutto quanto ci era stato trasmesso. Ci sentivamo una generazione nuova, diffidente verso gli adulti perché, tra l’altro, avevamo imparato che l’obbedienza non era sempre una virtù. Nello stesso tempo fragili e compassionevoli perché avevamo capito come fosse facile e possibile vendersi per fame o per qualche indumento. Comunque ancora oggi invidiabili perché abbiamo provato l’esperienza esaltante di chi è nato e cresciuto sotto una dittatura e ha assaggiato per la prima volta il sapore impagabile della libertà”.
[in: F. Pucci Pertusi: “Avevo diciottanni nel ‘43”]
Nome: Vanni Commento: Qua sotto il testo di una lapide che si trova a Scandicci (Fi) in Piazza Matteotti:
25 aprile 1945
ricorda, o cittadino, questa data
e spiegala ai tuoi figli
e ai figli dei tuoi figli
racconta loro
come un popolo in rivolta
si liberasse un giorno
dall'oppressore
e narra loro
le mille e mille gesta di quei prodi
che sui monti, nei borghi e in ogni luogo
sbarrarono il passo all'invasore
né ti scordar dei morti
né ti scordar di raccontare
cos'è stato il fascismo
e il nazismo
e la guerra ricorda
le rovine, le stragi, la fame e la miseria
lo scroscio delle bombe e il pianto delle madri
ricordati di Buchenwald
delle camere a gas, dei forni crematori
e tutto questo
spiega ai tuoi figli
e ai figli dei tuoi figli
non perché l'odio e la vendetta duri
ma perchè sappian quale immenso bene
sia la libertà
e imparino ad amarla
e la conservino intatta
e la difendano sempre
25 aprile 1955