Uno show-room da 5-6 mila metri quadri a ridosso di Ikea. Insomma, una contro-Ikea in salsa umbra per bilanciare gli effetti del gigante svedese sulla filiera locale del mobile. E’ una delle richieste di Federmobili per dare il via libera a quello che viene visto più come un problema per i mobilifici nostrani che una chance per i consumatori.
Vantaggi per tutti Se Ikea ha da essere, che almeno ci siano vantaggi per tutti. E se il semplice cittadino non dovrà finalmente arrivare a Roma o Ancona per comprare un comodino, le associazioni come Federmobili o Confesercenti, pur essendo tutt’altro che entusiaste, chiedono chiaramente di essere della partita per trarne dei vantaggi. In due documenti assai dettagliati presentati dalle due associazioni il 3 e il 15 febbraio scorso, nel pieno della fase di concertazione sull’insediamento del colosso mondiale del mobile low cost a San Martino in Campo, Federmobili e Confesercenti esprimono i loro dubbi, le loro paure e le loro proposte. Durante l’incontro del 3 febbraio scorso tutti gli intervenuti hanno sostanzialmente dato parere positivo, ma da integrare con proposte e richieste.
Tanti lavoratori, pochi affari Federmobili, che rappresenta 120 aziende del settore su un totale di 325 (dati Camera di commercio relativi al primo semestre 2010), traccia prima un quadro della situazione umbra. Un giro d’affari da 288 milioni di euro, 2.068 occupati senza contare l’indotto, consumi pro capite di mobili tra i più bassi del Centro Italia e meno 6% di vendite rispetto al 2007 e al 2008. In una situazione di questo tipo, anche se le aziende del mobile in stile, concentrate perlopiù in Alto Tevere, hanno poco da temere visto il tasso di qualità molto alto dei loro prodotti, per tutti gli altri ci sarà da soffrire con l’arrivo del gigante svedese. In più, guardando a quanto successo nelle altre regioni dove è sbarcata Ikea, alcune promesse non sono state mantenute.
Manterranno le promesse? Nelle Marche ad esempio, spiega sempre Federmobili, la Confocommercio di Ancona sostiene come dei 300 posti di lavoro promessi se ne siano visti solo 150 (molti i contratti part time), mentre non c’è traccia del coinvolgimento della filiera locale. Anche perché, guardando i dati nazionali, si scopre come Ikea assorba solamente l’8% a livello nazionale della produzione italiana in termini di filiera. Difficile perciò pensare, nota Federmobili, che qualche Pmi umbra entri nel catalogo dei fornitori. Le aperture però da parte della multinazionale ci sono state, così come la disponibilità del Comune a farsi interprete di queste esigenze.
Show-room vs Ikea In conclusione, Federmobili sostiene come l’apertura sia «foriera non di benessere economico e occupazionale, bensì inasprirà una situazione economica già fortemente precaria». E se proprio l’insediamento s’ha da fare, l’associazione chiede a Regione e Comune di sostenere la creazione di uno show-room da 5-6 mila metri quadri con prodotti locali, a ridosso di Ikea, per «sottolineare una forte sinergia con le locali imprese commerciali».
Prima gli accordi, poi la licenza Sullo stesso tono le critiche di Confesercenti, che considera il progetto «sproporzionato e non utile alla realtà distributiva dell’Umbria e di Perugia». In più «l’impatto sarà disastroso sul terreno delle piccole e medie imprese» che vendono non mobili ma prodotti per la casa, settore in cui la multinazionale è molto forte. Anche Confesercenti poi ritorna sul «caso» Marche e sul mancato coinvolgimento della filiera locale. La soluzione proposta? Semplice: apertura verso le proposte di Ikea, ma eventuali collaborazioni dovranno essere stipulate prima del rilascio della licenza e dovranno rappresentare «un vincolo all’avvio dei lavori». .