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Il ''Museo del giocattolo'': conosciamolo insieme
Il ''Museo del giocattolo'': conosciamolo insieme
Sabato 2 Aprile (con una poesia di Giovanni Pascoli e un brano di Stefano Bartezzaghi)
‘ Incontri Aperti ’ Appuntamenti socio-culturali per l’Ecomuseo del Tevere L’Associazione “ Ecomuseo del Fiume e della Torre ” di Pretola, le “ Associazioni Culturali Arnati“, e con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Perugia vi invitano
Sabato 2 Aprile 2011 - ore 17,00 / 18,30 RIPA – (PG) – edificio ex Scuola elementare
Il “MUSEO DEL GIOCATTOLO”: CONOSCIAMOLO INSIEME
ne parleranno:
Daniele Crotti , per l’Associazione “ Ecomuseo del Fiume e della Torre ” Giuseppe Tufo, insegnante delle Scuole Medie di Ripa Renzo Zuccherini, animatore culturale di Perugia e del perugino
Presentazione - illustrazione del Museo da parte di: Luciano Zeetti, Presidente dell’Associazione “Museo del Giocattolo”
Coordinerà Lamberto Salvatori, Presidente Pro Arna e capofila “ Associazioni Culturali Arnati“
Seguirà aperitivo presso il Circolo il Montarone di Ripa
I due bimbi si rizzano: uno, a stento, indolenzito; grave, l'altro: il primo alza il corbello con un gesto lento;
e in quel dell'altro fa cader, bel bello, il suo tesoro d'accattato fimo: e quello va più carico e più snello.
Il vinto siede, prova un'altra volta coi noccioli, li sperpera, li aduna, e dice (forse al grande olmo che ascolta?): E poi si dica che non ha fortuna!
Giovanni Pascoli
Noi ci divertivamo di più
Prologo
Quando ero piccolo io non c'era ancora il Game Boy. Non c'erano neppure il computer, la playstation, i videoregistratori, l' "happy meal" di McDonald's, i Pokémon, i cartoni animati tuttto il giorno in tv. Però c'erano già i grandi che mi dicevano che quando erano piccoli loro non c'erano ancora i giochi che avrei fatto io: il Lego, le figurine Panini, i trenini elettrici, il subbuteo...Ai loro tempi c'erano molte meno cose, quelle che c'erano erano più povere, eppure (così finiva sempre il loro discorso) "noi ci divertivamo di più!" Quando vedo i bambini giocare a quei giochi che io non ho avuto non penso che io mi sono divertito di più, o almeno non lo penso proprio tutte le volte. Sono invece sicuro che deve essere bello avere sette anni e un Game Boy in mano. In quanto ai sette anni non ci si può far niente, ma in quanto al Game Boy... Ci si proverà gusto anche da grandi? Per molti è così. La grande novità infatti non il Game Boy: l'invenzione di oggi è che anche i grandi vogliono giocare. I grandi normalmemte non vogliono giocare in giardino, nel cortile della scuola durante la ricreazione: vogliono giocare con il proprrio computer, quando gurdano la televisione, quando parlano di argomenti seri, quando lavorano. Spsso i giochi sono versioni in piccolo di oggetti che fanno parte della realtà quaotidiana dei grandi. Da che esiste l'automobile esistono anche le macchinine, da che esistono i treni esistono i trenini. Bambole, soldatini, figurine, mattoncini, pistolette: così si impara a dominare il mondo. Però se pensiamo al telefono cellulare dei grandi si chiama "telefonino", come se fosse un giocattolo, e i grandi infatti lo usano così: come un giocattolo. Esistono i telefonini giocattolo anche per i bambini. Ma già il telefonino dei grandi sembra un gioco, con i suoi colori, le diverse funzioni, le suonerie spiritose (ora sono in treno e sto scrivendo: davanti a me c'è un signore di cinquant'anni che fa importanti telefonate d'affari con un telefonino da cui, ogni volta che squilla, si sente una musica disneyana, Topolin, Topolin, viva Topolin: poi lui risponde, e parla con vice serissima di euro, di clienti, di appuntamenti, e di molte cose importanti che non funzionano). Cosa ne pensano i bambini di un mondo dove i grandi giocano e vogliono divertirti di più dei bambini? (...) Facciamo il gioco di giocare i giochi di una volta: inventiamo una scuola, con il titolo pomposo e scherzoso di Accademia, per giocare con le biglie, alla lippa, a nascondino, per giocare a ricordarci i giohi che avevamo dimenticato. Spesso questi giochi vanno preparati o anzi costruiti. Io mi ero dimenticato del rocchetto: in un libro che avevo da bambino si spiegava come costruirsi un rocchetto-toboga (sono parole che per me non avevano un significato preciso, ma solo un suono). Questo rocchetto doveva servire per giocare fra le lenzuola, quando ci si ammalava e si stava a casa da scuola. Non sono mai riuscito a costruirlo, e mi sono sempre ammalato invano. (...) Sono giochi che fanno usare le mani, che fanno stare assieme, che mella maggior parte dei casi si fanno all'aria aperta. Né le mani, né lo stare assieme, né l'aria aperta appartengono a un mondo "vecchio": appartengono al mondo, e questo dovrebbe bastare e aver voglia di giocarci.