Il carnevale del 1860 a Perugia
Perugia, 21 febbraio 1860
Verso il XX Giugno e i 150 anni dell’Unità d’Italia
E mentre gli elementi più attivi organizzavano le diserzioni sempre più numerose di soldati pontifici preoccupati del loro avvenire e spaventati dalle previsioni loro fatte da quegli interessati consiglieri, tutta la popolazione si asteneva da ogni contatto con le truppe occupanti e questa civilissima forma di resistenza e di protesta offrì un più evidente spettacolo di fierezza e di dignità quando il carnevale del ’60, contrariamente ai costumi della città, non fu in alcun modo festeggiato ed anzi il 21 febbraio, ultimo di carnevale, quando si seppe che gli svizzeri volevano fare una mascherata, si decise di lasciare deserta la città e duemila persone si recarono al camposanto per portare fiori sulle tombe dei morti del XX giugno. Episodio di commovente bellezza e profondamente civile: le botteghe vennero chiuse in segno di lutto, giovani e donne vestite di scuro scesero a drappelli verso il cimitero, di fronte al quale – poiché il cardinale Pecci aveva dato ordine di chiudere i cancelli e il generale Schimidt aveva inviato pattuglie di svizzeri a mandare indietro quella folla pacifica e inerme – sostavano gettando fiori e carte con scritte ingenuamente ardite che precisavano il significato di quella manifestazione:
21 febbraio 1860
Perugia che ai lieti dì carnevaleschi raccolse l’animo pio amaramente nel desolato suo lutto l’ultimo giorno sentì ispirarsi il conforto di spargere lacrime e fiori sulle tombe dei figli il XX giugno 1859 trucidati
Walter Binni, Il XX Giugno 1859 nel Risorgimento italiano, in “La tramontana a Porta Sole”, Quaderni della Regione dell’Umbria, Perugia, 1984.
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Era da poco giunto in Perugia, quando un caso inaspettato venne ad inquietare l’animo del nuovo Delegato. Si era in tempo di carnevale, e i Perugini… avevano concordemente e fermamente deciso di astenersi da ogni manifestazione tradizionale… il fatto più grave si verificò quando, proprio nell’ultimo giorno di quel carnevale, si vide una gran moltitudine di gente, muta e compunta, recarsi al cimitero e spargere di fiori le tombe delle vittime del 20 giugno. … La manifestazione del cimitero ebbe certamente un valore quanto mai rilevante, ma non fu davvero l’unica espressione dello stato d’animo dei Perugini. Ben altre se ne ebbero, forse meno spettacolari, ma continue sistematiche, implacabili come uno stillicidio…
Averardo Montesperelli, Perugia nel Risorgimento. 1830-1860, Natale Simonelli, Perugia 1959.
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Il carnevale progrediva a rigor di termine come una quaresima, e perfin queste donne che ballerebbero sopra i carboni accesi, si rassegnavano all’apatia ed allo stoicismo dell’intera città. Negli ultimi giorni s’intese vociferare che gli ufficiali di questa guarnigione nell’ultimo giorno di carnevale avessero voluto scorrere la città con carrettoni in maschera e fare un’orgia o un baccanale come per insulto al contegno della città. Ciò fece destar l’idea di lasciare come deserta la città e di andare al Camposanto a visitare gli estinti del XX Giugno. … La polizia, venutane in cognizione … mandò in giro tutti i suoi commessi e ispettori per per avvertire tutti i bottegai a non chiudere nella giornata le loro botteghe se avessero voluto evitare funeste conseguenze ovvero arresto personale … Ciò però non impedì che … le botteghe fossero chiuse quasi generalmente, e che - non ostante il tempo piovoso – circa 1500 individui, fra i quali molte donne vestite in bruno … si recassero al Camposanto … Dalla lettera inviata il 22 febbraio dal Cherubini (testimone oculare) al Vecchi.
In una lettera precedente, sempre il Cherubini a Vecchi: … Il contegno di questa città è sempre grave e dignitoso, ed anche queste vanitose grisettes si rassegnano ad astenersi da balli e allegrie. Un Bonazzi, che aveva cominciato a dare scuola di ballo in casa propria a pochi ragazzi, ne ebbe la porta di casa imbrattata e licenziò gli scolari …
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… Tutte le botteghe del Corso si chiudevano. La gioventù perugina in gran numero, vestita a lutto, si conduceva al Camposanto a compiangere i fratelli che rimasero vittime nel glorioso combattimento del 20 giugno dello scorso anno. … Il generale incaricava persone addette alla polizia, che quelli che non avessero chiuso le botteghe si astenessero dal farlo, minacciando agli inobedienti l’arresto. Poi si chiudevano forte le porte acciò non rientrassero prontamente in città. … Poi il medesimo generale di persona si portava alla porta di Santa Margherita e faceva aprire,, e sembrava che l’ordine di chiudere le porte non fosse di suo moto. … L’E.mo Cardinale aveva dato ordine che non si permettesse l’accesso dei giovani nel Campo-Santo, dove avevano gettato fiori a tre colori. … Il seguente giorno si arrestavono: Lancetti, ebanista; Cittadini, chincagliere; Verdesi, mercante; Sabatino; tagliolinaro; Pagnacca; cappellaro principale; Brugnoli, tagliolinaro in Porta S. Pietro: che, meno questo, si rilasciarono poco dopo, e dicevasi a causa che il figlio Brugnoli aveva acceso, o preparato dei lampioncini entro il Campo-Santo. Più tardi si rilasciava anche Brugnoli.
Fabretti, cronista.
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Il generale iersera ha visitato egli stesso il Camposanto e vi ha trovato molti mazzi di fiori a tricolore e varie epigrafi, delle quali ho potuto per ora raccogliere questa sola:
LE CENERI DEI GENEROSI SACRIFICATI IL 20 GIUGNO 1859 ALLA SANGUINOSA RABBIA SACERDOTALE PER LE MANI DI PREZZOLATI MASNADIERI VERRANNO DEGNAMENTE ONORATE QUANDO PRENDERÀ POSSESSO DI QUESTA PROVINCIA VITTORIO EMANUELE NOSTRO RE.
Stanotte, mi si assicura, ardevano nel Cimitero tre lumi, che componevano i colori italiani. … Domenica gli ufficiali svizzeri fecero una festa da ballo in maschera nel palazzo Massini. Vi presero parte un giovinastro imbecille e 11 donne, tutte mogli e figlie di ufficiali indigeni e svizzeri, eccetto due appartenenti ad una famiglia tedesca che qui dimora da lungo tempo.
G Degli Azzi, L’insurrezioni e le stragi di Perugia del giugno 1859, V. Bartelli, Perugia 1909.
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Già in quel carnevale del 1860 i perugini, rifiutandosi di darsi ai soliti bagordi, se ne erano andati in massa al Cimitero a portare lumi e fiori sulle tombe degli uccisi dell’anno avanti. Si era avuto così lo spettacolo veramente paradossale di un popolo cacciato da un luogo pio di meditazione dalla truppa pontificia, affinché tornasse in città a darsi ai piaceri della carne per compiacere il governo del Vicario di Cristo in terra! Ma alla carne i perugini per quell’anno dissero no, dimostrando anche così che nell’uomo prevale sul senso lo spirito, tant’è vero che c’è più gusto a prendere in giro un nemico che a farsi una bella notte di bisboccia. Al gran ballo ufficiale che chiudeva il carnevale, gli ufficiali svizzeri giravano sconsolati e senza donne tra i pochi funzionari intervenuti con le loro mogli. Perfino le famiglie papaline erano restate a casa, e quei pochi che non osarano disertare se ne pentirono pochi giorni dopo quando il loro nome apparve in tutte lettere su un fogliaccio giunto clandestino da Firenze il cui titolo stesso era un grido sedizioso: “La Nazione”.
Uguccione Ranieri di Sorbello, Perugia della bella epoca, Volumnia editrice, Perugia, 1970.