In bicicletta per Perugia?
Una città negata alle bici
« Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta penso che per l'Uomo ci sia ancora speranza » (H.G. Wells) Tra i numerosi stereotipi presenti nella mentalità cittadina un posto scontato è occupato dall' impossibilità di pedalare in bicicletta nel centro di Perugia. I motivi sono da ricercarsi quasi esclusivamente nella conformazione strutturale del capoluogo Umbro, con salite che al cittadino medio sembrerebbero insormontabili anche se si disponesse di un paio di gambe bene allenate e di una mountain bike con un super cambio a tredicimila marce. Al massimo si può pedalare nella città di valle (o, meglio, di fiume), dove l'andare in bicicletta è elementarmente possibile, mi riferisco ai ponti, San Sisto, Castel del piano etc., ma nel centro storico proporre un giro in bici è pura fantascienza e solo ogni tanto, come un personaggio scappato da un fumetto, si vede qualche meteora, di sicuro un poveraccio che non può permettersi l'acquisto di un motorino, girare affaticandosi inutilmente sul "veicolo a propulsione muscolare umana" che ha le ruote ma non il caratteristico piacevole rombare di una Harley-Davidson, che non inquina i polmoni ma li depura, che non isola in un abitacolo ma fa davvero "vivere" la strada con un diverso approccio relazionale. Viene da chiedersi chi sarà mai questo grande sportivo che riesce ad affrontare cotanta fatica e, soprattutto, chi glielo fa fare, visto che è tanto comodo spostarsi in auto, moto o, al massimo, in minimetrò. A questo proposito vorrei ricordare un principio fondamentale della mobilità sostenibile e cioè che un mezzo sostenibile (la bicicletta) incrementa l'utilizzo di un altro (minimetrò, autobus, scale mobili etc.). In effetti nel progetto originario del minimetrò erano previste opere "ancillari", come la costruzione di piste ciclabili (Cortonese, Madonna alta, Pian di massiano) che con la costruzione sono state tagliate, con il prevedibile risultato che nel vagoncino le bici sono vietate. L'idea originaria era semplice: salire con la bici nel minimetrò, almeno in orari non affollati, girare per la città (università, uffici di interesse, scuola etc.), e ridiscendere in bici verso casa o verso la stazione. Niente da fare. Mi chiedo a questo punto come si voglia parlare di una politica di mobilità sostenibile trascurando i principi basilari di questa rivoluzionaria idea di movimento. L'uso della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano sui percorsi urbani è ostacolato molto spesso da città, Perugia in primis, con sistemi viari progettati per favorire soprattutto il traffico di automobili, con ampie strade in cui spesso si raggiungono velocità pericolose, e l'uso diffuso di rotatorie, pericolose sia per i ciclisti, che rischiano di vedersi tagliare la strada o addirittura essere investiti dagli automobilisti quando questi si apprestano ad uscire dalle rotonde, sia per i pedoni. Questa riflessione nasce dall'esigenza di recuperare pedonalità e ciclabilità e riempire il vuoto di cultura, mentalità e consapevolezza di quel che avviene fuori Perugia nell'ambito della mobilità sostenibile. Chi scrive non è un ciclista professionista ma uno studente ventitreenne non perugino che pedala in Bmx, bicicletta da freestyle che non ha neppure le marce, ma con la quale si circola piacevolmente in molte strade del centro, stando attenti all'incauta apertura di sportelli di auto parcheggiate lungo la strada da chi mai si aspetterebbe la presenza di un ciclista in via Enrico Dal Pozzo, tanto per citarne una. Voglio parlare, magari in una apposita ribrica, dell'utilizzo rivoluzionario di questo mezzo di trasporto analizzandone alcuni aspetti che non vengono notati immediatamente, la situazione ciclistica in Europa, nel mondo ma anche e soprattutto nelle città Italiane e a Perugia, nel tentativo di sfatare vari luoghi comuni, indurre i cittadini a scoprire i vantaggi della bicicletta e riuscire magari un giorno ad effettuare una Massa Critica, cioè una iniziativa di massa dei ciclisti, anche nella verde Umbria.
Ivano Cirillo
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