Eurochocolate e i tre arconi
Se confronto ci sarà, si dovrà prima di tutto riflettere sulla dimensione non più sostenibile di Eurochocolate per un centro storico come quello di Perugia
Prima sono stati scoperti e ripuliti e dopo dimenticati in attesa delle complesse procedure per il mercato coperto del futuro, in via della Rupe. Ora finalmente vengono utilizzati come "location" del festival del cioccolato. Gli arconi, parte di quella opera straordinaria che è il sopramuro e che si vorrebbe trasformare un giorno in ristoranti e che guardano ancora stralunati la radicale trasformazione del vecchio Pincetto, per ora si godono questi pochi giorni di celebrità. Sono più di sette secoli che stanno lì, i tre arconi, ognuno più grande di una caverna e più alto di una galleria delle autostrade di oggi, a far la loro parte a sostegno della piazza vicina e dei palazzi venuti dopo, nel Cinquecento. Ci voleva Eurochocolate per farli rinascere a nuova vita per recitare una loro parte originale, una volta tanto, con i calcinacci che ancora non vogliono andarsene, insieme alla polvere del tempo. Dunque, è possibile, si possono usare queste tre opere per grandi eventi e per fini collettivi, riconsegnarli alla città senza per questo rassegnarsi ad ospitare fornelli e cucine, aspiratori giganti per portar via l'odore del fritto, davanti al vicino e nuovissimo e futuro supermercato. Il primo arcone, in verità, è già da qualche tempo sistemato per accogliere le scale mobili e i passeggeri del minimetrò. Gli altri due, almeno sino a domani, ospitano un pezzettino dell'amato Messico di Emiliano Zapata, il Chiapas, con i suoi frutti esotici e i semi del cacao e irresistibili marmellate. Si può assaggiare tutto e comprare nulla in queste due sale dove si può vedere come nasce la materia prima del cioccolato. Che idea stravagante quella di non comprare nulla nella grande fiera del consumismo e dimenticare lo spreco plebeo dei grandi cubi di cioccolato dove si fanno sculture in corso Vannucci. Ancor più interessante l'allestimento della sala cannoniera alla Rocca Paolina dove vengono esposti prodotti di qualità e non confezioni da supermercato. Si può, si può dare di più e meglio e non mancano gli spazi oltre Corso Vannucci per far convivere offerte non banali e "location" all'altezza di una città come Perugia anche se, alla fine, abbiamo i nostri ambulanti relegati non agli arconi, ma nei borghi della città a vendere artigianato locale e strappare qualche passante perduto ai fortunati gazebo del centro. E' curioso vedere tanta gente con i palloncini in testa nella città della Sagra Musicale e del turismo colto di fine estate ed è facile prendersela con i residenti egoisti strappati al loro tran tran provinciale dalle masse incontenibili di Eurochocolate, ma un po' si dovrà anche capirli. Loro non sono abituati a vivere in un set di Canale 5, con tutti quei giochini da bambini cresciuti troppo poco in fretta, e con tutte quelle musiche che ripetono venti ore al giorno che il cacao è davvero meravigliao. Loro, i cosiddetti perugini, ormai non protestano più. Perché dovrebbero, ancora? Ogni volta che l'hanno fatto, Eugenio Guarducci, il creativo inventore e titolare della manifestazione, gli ha scaricato l'anno dopo altri cinquantamila vacanzieri in più sotto casa. Meglio tacere anche se, ormai, il nemico, non li ascolta. E' vero, ci sono problemi più importanti degli irrilevanti disagi causati a qualche perugino privo di comprendonio. Guarducci ne è convinto. Problemi più importanti, dice. Lui che ha piazzato sdraie e ombrelloni al Frontone e a San Francesco al Prato sotto la pioggia d'ottobre e non la smette con quell'orrendo rito delle sculture di cioccolato con la folla che non riesce a ripulire la pietra serena di corso Vannucci da quintali di cacao sprecato come non farebbero mai i nostri deliziosi ospiti messicani, loro, che conoscono la fatica che costa mettere assieme tanti semi, sino a macinare un quintale di cacao. Dovrebbe ringraziarli, invece, quei quattro residenti che aprono le persiane ogni mattina, per undici mesi l'anno, per mantenere viva e vegeta la città, tra un'edizione e l'altra di Eurochocolate, tra un anno e l'altro, tra un record di partecipanti e un altro. Domani si chiude, con poche polemiche sollevate, peraltro, da quei commercianti che con la città blindata non vedono uno straccio di cliente. A Guarducci, invece, le polemiche piacciono, si capisce che senza un barlume di opposizione non si sente gratificato. Comunque, meglio così perché ciò di cui ha bisogno la città non sono le baruffe da prime donne ma un confronto vero e libero, senza padroni che dettano le condizioni. Se questo confronto ci sarà, si dovrà prima di tutto riflettere sulla dimensione non più sostenibile di Eurochocolate per un centro storico come quello di Perugia o, meglio, per il centro del centro storico. La gente che arriva nei fine settimana, e lasciamo stare i residenti, non vede neanche gli stand perché non c'è spazio per muoversi. Non c'è per camminare e non c'è sulle strade dove il traffico si blocca per ore, sulla superstrada e poi ancora sull'autosole, sino a Roma. Eurochocolate non è più una manifestazione gioiosa ma un'emergenza. Tutti hanno visto che nei borghi c'erano solo sdraie e che gli stand stavano tutti concentrati negli spazi di sempre. E' possibile ripensare, ma sul serio, Eurochocolate? E' realistica una sua riforma, oppure ogni volta dobbiamo semplicemente prendere atto che c'è una sola persona al comando e nessun altro che abbia nulla da dire e da proporre? renzo.massarelli@alice.it (pubblicato sabato 23 ottobre 2010 sul Corriere dell'Umbria)