Acqua pubblica, ma quale pubblico?
In questi giorni la stampa locale umbra è tempestata di notizie
sull’inchiesta in corso nei confronti del Direttore Generale dell’
Az. USL 3 di Foligno, del Sindaco di Foligno, del Presidente di Valle
Umbra Servizi, società in house per la gestione di acqua rifiuti ed
energia dell’ATI 3 dell’Umbria, ora Consigliere Regionale, e i
legami con gli organi della regione.
L’inchiesta si riferisce a scambi di favori nelle assegnazioni di
appalti, assunzioni e assegnazioni di incarichi in cambio di
voti e ha portato alle dimissioni volontarie dell’Assessore
Regionale alla sanità umbra.
I giornali riportano i testi delle intercettazioni telefoniche che
dimostrano come la “cosa pubblica” sia stata gestita con finalità
di clientele politiche.
Nella vicenda della sanitopoli umbra non si può negare che ci
sia stato un vizio di democrazia che al di là delle responsabilità
personali, è insito nel sistema di gestione.
Il sistema aziendalistico imprenditoriale delle aziende sanitarie
accentuato dalla riforma Bindi del ’99, ha affidato ulteriori
poteri decisionali ai direttori, di nomina politica, con l’obbiettivo
di perseguire l’efficienza economica richiesta dal patto di
stabilità, che ben presto si è scontrata con l’efficacia di
eseguire interventi giusti, senza peraltro risolvere il problema del
disavanzo di bilancio, mentre i dati mostrano che la massima
funzionalità del sistema sanitario è avvenuta prima degli anni 80’,
prima cioè dell’idea di aziendalizzazione.
L’arbitrarietà gestionale ha provocato enormi distanze tra i
reali bisogni dei cittadini e un sistema che viene sempre più
considerato inefficiente, sprecone e corrotto. Ha mortificato i
lavoratori creando divisioni tra chi ha potuto conservare certi
privilegi e chi deve correre per garantire il servizio. Questo
sistema non prevede alcuna forma di partecipazione dei cittadini e
relega i sindacati ad un semplice ruolo di contrattazione
integrativa, vincolato alle disponibilità finanziarie, senza entrare
nel merito della gestione. Tutto è accentrato ai direttori
generali nominati dalla Giunta Regionale
(quindi secondo l'apparteneza partitica senza magari valutare le
effettive capacità).
“Ecco come la sinistra umbra si è garantita
il potere in tutto questo tempo….” tuona la destra,
mettendo in discussione il sistema pubblico, mentre la sinistra
partitica rivendica “l’eccellenza delle sanità umbra” di tutti
questi anni!
“Si scrive acqua e si legge democrazia”, dice il popolo
dell’acqua, perché è nella gestione collettiva della “cosa
pubblica” l’espressione di una società democratica. La gestione
pubblica con la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori è il
solo strumento capace di garantire il riconoscimento del diritto, che
si tratti di Sanità, scuola o dell'ACQUA.
Già nella proposta di legge d’iniziativa popolare per la
ripubblicizzazione dell’acqua, presentata nel 2007 il popolo
dell’acqua chiedeva una gestione pubblica e partecipata da
cittadini e dalle comunità locali, e in quell’occasione in Umbria
vennero raccolte 5000 firme.
In Europa e nel mondo si stanno avviando percorsi di gestione
pubblica e partecipata dei servizi pubblici, ne sono un esempio città
come Cordoba, Grenoble, Amburgo, Porto Alegre in Brasile, Cochabamba
in Bolivia.
In Puglia il Comitato Acqua Bene Comune ha condiviso con
l’Amministrazione Regionale il Disegno di Legge per la
ripubblicizzazione di “Acquedotto Pugliese SPA”, nel quale è
prevista la partecipazione e il controllo della gestione da parte di
cittadini singoli o organizzati in associazioni.
In Umbria è stata fatta una riforma endoregionale che ha istituito
gli A.T.I., ambiti territoriali per la gestione integrata dei servizi
pubblici essenziali (acqua, rifiuti, sanità, politiche sociali e
turismo). Una riforma che ridisegna l’assetto territoriale per
spartirsi una gestione che considera solo l’aspetto economico
(principi di efficienza efficacia ed economicità), mantenendo un
modello accentratore che non sfiora nemmeno la concetto di pubblico
partecipato, anzi, riduce ancora di più il potere dei comuni. Una
gestione finalizzata alla soddisfazione di bisogni di cittadini che
possono pagare e non per garantire diritti umani fondamentali come lo
sono il diritto all’acqua e alla salute.
1400000 firme per i 3 referendum contro la privatizzazione dell'acqua
(di cui 15.000 in Umbria) dimostrano che i cittadini non vogliono più
essere relegati nei ruoli di semplice spettatori e consumatori, che
vogliono un modello di gestione fuori dalle logiche di mercato e di
profitto, che sia trasparente, condiviso con i cittadini e non
riservato alle commistioni di lobby politiche e interessi privati,
così come rappresentato oggi da direttori generali o consigli
d’amministrazione.
Per il Comitato Umbro Acqua Pubblica
Elisabetta De Persio (3337826433)
Michel Drouin (3381912990)
Comitato Umbro Acqua Pubblica
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