16/07/2024
direttore Renzo Zuccherini

Home >> Acqua pubblica, ma quale pubblico?

Acqua pubblica, ma quale pubblico?

In questi giorni la stampa locale umbra è tempestata di notizie sull’inchiesta in corso nei confronti del Direttore Generale dell’ Az. USL 3 di Foligno, del Sindaco di Foligno, del Presidente di Valle Umbra Servizi, società in house per la gestione di acqua rifiuti ed energia dell’ATI 3 dell’Umbria, ora Consigliere Regionale, e i legami con gli organi della regione.


L’inchiesta si riferisce a scambi di favori nelle assegnazioni di appalti, assunzioni  e assegnazioni di incarichi in cambio di voti e ha portato alle dimissioni volontarie dell’Assessore Regionale alla sanità umbra.

I giornali riportano i testi delle intercettazioni telefoniche che dimostrano come la “cosa pubblica” sia stata gestita con finalità di clientele politiche.


Nella vicenda della  sanitopoli umbra non si può negare che ci sia stato un vizio di democrazia che al di là delle responsabilità personali, è insito nel sistema di gestione.

Il sistema aziendalistico imprenditoriale delle aziende sanitarie  accentuato dalla  riforma Bindi del ’99, ha affidato ulteriori poteri decisionali ai direttori, di nomina politica, con l’obbiettivo di perseguire l’efficienza economica richiesta  dal patto di stabilità, che ben presto si è scontrata con  l’efficacia di eseguire interventi giusti, senza peraltro risolvere il problema del disavanzo di bilancio, mentre i dati  mostrano che la massima funzionalità del sistema sanitario è avvenuta prima degli anni 80’, prima cioè dell’idea di aziendalizzazione.


L’arbitrarietà gestionale ha provocato enormi distanze tra i reali bisogni dei cittadini e un sistema che viene sempre più considerato inefficiente, sprecone e corrotto. Ha mortificato i lavoratori creando divisioni tra chi ha potuto conservare certi privilegi e chi deve correre per garantire il servizio. Questo sistema non prevede alcuna forma di partecipazione dei cittadini e relega i sindacati ad un semplice ruolo di contrattazione integrativa, vincolato alle disponibilità finanziarie, senza entrare nel merito della gestione. Tutto è accentrato ai direttori generali nominati dalla Giunta Regionale (quindi secondo l'apparteneza partitica senza magari valutare le effettive capacità).


“Ecco come la sinistra umbra si è garantita il potere in tutto questo tempo….” tuona la destra, mettendo in discussione il sistema pubblico, mentre la sinistra partitica rivendica “l’eccellenza delle sanità umbra” di tutti questi anni!


“Si scrive acqua e si legge democrazia”, dice il popolo dell’acqua, perché è nella gestione collettiva della “cosa pubblica” l’espressione di una società democratica. La gestione pubblica con la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori è il solo strumento capace di garantire il riconoscimento del diritto, che si tratti di Sanità, scuola o dell'ACQUA.


Già nella proposta di legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, presentata nel 2007 il popolo dell’acqua chiedeva una gestione pubblica e partecipata da cittadini e dalle comunità locali, e in quell’occasione in Umbria vennero raccolte 5000 firme.

In Europa e nel mondo si stanno avviando percorsi di gestione pubblica e partecipata dei servizi pubblici, ne sono un esempio città come Cordoba, Grenoble, Amburgo, Porto Alegre in Brasile, Cochabamba in Bolivia.

In Puglia il Comitato Acqua Bene Comune ha condiviso con l’Amministrazione Regionale il Disegno di Legge per la ripubblicizzazione di “Acquedotto Pugliese SPA”, nel quale è prevista la partecipazione e il controllo della gestione da parte di cittadini singoli o organizzati in associazioni.


In Umbria è stata fatta una riforma endoregionale che ha istituito gli A.T.I., ambiti territoriali per la gestione integrata dei servizi pubblici essenziali (acqua, rifiuti, sanità, politiche sociali e turismo). Una riforma che ridisegna l’assetto territoriale per spartirsi una gestione che considera solo l’aspetto economico (principi di efficienza efficacia ed economicità), mantenendo un modello accentratore che non sfiora nemmeno la concetto di pubblico partecipato, anzi, riduce ancora di più il potere dei comuni. Una gestione finalizzata alla soddisfazione di bisogni di cittadini che possono pagare e non per garantire diritti umani fondamentali come lo sono il diritto all’acqua e alla salute.


1400000 firme per i 3 referendum contro la privatizzazione dell'acqua (di cui 15.000 in Umbria) dimostrano che i cittadini non vogliono più essere relegati nei ruoli di semplice spettatori e consumatori, che vogliono un modello di gestione fuori dalle logiche di mercato e di profitto, che sia trasparente, condiviso con i cittadini e non riservato alle commistioni di lobby politiche e interessi privati, così come rappresentato oggi da direttori generali o consigli d’amministrazione.


Per il Comitato Umbro Acqua Pubblica

Elisabetta De Persio (3337826433)

Michel Drouin (3381912990)





Comitato Umbro Acqua Pubblica

Inserito sabato 23 ottobre 2010


Commenta l'articolo "Acqua pubblica, ma quale pubblico?"

Commenti

Nome: Angela Cataliotti - Redazione la Tramontana
Commento: l Comitato Umbro Acqua Pubblica attribuisce la responsabilità del difetto di democrazia nel sistema sanitario umbro al modello di gestione aziendalistico. In realtà l'interpretazione del modello che localmente è stata data sia dalla maggioranza che dall'opposizione è improntata ad una supremazia dell'efficienza sull'efficacia (cfr http://www.consiglio.regione.umbria.it/informazione-e-partecipazione/2010/10/25/inchiesta-sanita-riformare-il-sistema-puntando-su-mercato-m). L'efficacia del sistema sanitario può essere misurata attraverso indicatori di salute e benessere della popolazione e può essere perseguita con interventi non necessariamente di carattere sanitario, come ad esempio il controllo delle emissione nocive degli impianti produttivi. E' la politica, nel senso alto del termine, che dovrebbe perseguire tali obiettivi. Sono i cittadini che attraverso i loro rappresentanti eletti dovrebbero chiederne e verificarne il raggiungimento. Da questo punto di vista la nomina politica dei direttori generali delle ASL ha una sua coerenza e il vero problema che si evidenzia è quello della scarsa rappresentatività della classe politica, ma torniamo al modello gestionale. L'ossessione per l'efficienza, a fronte di risorse sempre più scarse e di richieste di prestazioni sempre più numerose, sofisticate e costose, porta ad una diminuzione della disponibilità di servizi percepita dagli utenti nonostante i notevoli sforzi di razionalizzazione e ottimizzazione messi in campo dalle “aziende sanitarie”. Per contro da parte dell'opposizione si è spesso enfatizzato demagogicamente il problema delle lunghe liste d'attesa per l'accesso alle prestazioni sanitarie, senza considerarne l'appropriatezza per il miglioramento della salute e del benessere dei cittadini. Eppure efficacia ed economicità non sempre sono in contrasto. Basti pensare alle campagne di prevenzione dei tumori basate sulla diagnosi precoce che vengono intraprese per prevenire patologie gravi e mortali ma contemporaneamente riducono la necessità delle costosisstime (non solo in denaro) cure di queste malattie. O all'opposto alle campagne mediatiche allarmistiche, lanciate solo per favorire la vendità di determinati prodotti farmaceutici, che enfatizzano l'esistenza di presunte patologie pericolose che si dimostrano poi falsi allarmi. E' quindi ancora un problema di trasparenza e di partecipazione: i cittadini devono poter partecipare alle scelte che riguardano la salute come diritto universale, attraverso una condivisione degli obiettivi di salute, una corretta informazione sui percorsi che le amministrazioni si danno per perseguirli ed una puntuale verifica dei risultati.

Redazione "La Tramontana"- e-mail info@latramontanaperugia.it
Sei la visitatrice / il visitatore n: 7121530