22/12/2024
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Vogliono vendere Porta S. Susanna
Ma la città ha bisogno di spazi comuni


L'allarme è lanciato, ma pochi sembrano averlo raccolto: la Provincia, per rimpinguare il proprio bilancio, mette in vendita alcuni immobili del centro storico, tra cui lo storico edificio di Porta S. Susanna in cui oggi hanno sede numerose e importanti attività culturali e associative.
Si tratta dell'antico monastero di S. Susanna (di cui resta traccia nella denominazione della sala S. Chiara), che nel tempo fu sede dell'archivio di Stato, della Valigeria, e durante la guerra ospitò numerose famiglie di sfrattati; dagli anni '70, ristrutturato in modo egregio, ospita attività importanti (fu sede del Crued, oggi della Università dei Sapori), tra cui l'Associazione Porta S. Susanna, protagonista della riscoperta culturale e identitaria cittadina con i suoi cicli annuali di conferenze sulla storia di Perugia, tuttora in corso; la sala S. Chiara è finora stata punto di riferimento per grandi e significative iniziative culturali, politiche, associative, e persino di un coro.
Che fine farà tutto questo patrimonio? Un patrimonio immateriale, che però arricchisce la città molto più di un conto in banca.
Quanta cultura e quanta partecipazione sono state possibili finora nella sala S. Chiara?
Quante conferenze, iniziative, riunioni, attività, corsi sono possibili grazie alla disponibilità dei bei locali di via Tornetta?
E' praticamente l'unico posto a Perugia in cui si possano fare riunioni dopo le sette di sera: d'ora in avanti, dopocena avremo aperte solo le birrerie. E poi non lamentiamoci.
In un centro storico ormai svuotato di cinema e teatri, sempre più povero di cultura, e in compenso lasciato ormai preda incontrollata delle scorribande consumiste di mutande, birra e cioccolata, la presenza di luoghi di incontro, di divulgazione culturale, di confronto politico, di attività associative, diventa preziosa e impagabile.
Altro che valore economico! IL valore degli spazi pubblici va ben al di là di qualsiasi cifra la Provincia dovesse incassare per integrare il suo bilancio.
E il bilancio di un ente pubblico democratico non può essere fatto di sole voci economiche: la promozione della cultura e lo sviluppo della partecipazione democratica dovrebbero essere le prime e più importanti voci del bilancio. Dovrebbero.
Se questo è un inizio di federalismo, è un brutto inizio. Cominciamo a difendercene.
 




Inserito mercoledì 13 ottobre 2010


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