14/08/2024
direttore Renzo Zuccherini

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La brutta estate
Qual è il limite di velocità sulla E45? non lo sappiamo perché non c'è scritto


                          

Le morti più ingiuste sono quelle sul lavoro perché il lavoro è un diritto e perché guadagnarsi la vita vuol dire, appunto, lavorare. Le morti più assurde sono quelle che avvengono sulle strade perché prive di senso come tutte le cose inaspettate e casuali. E' stata una brutta estate, soprattutto a Terni, ma è stata brutta per tutti. Ogni giovane che se ne va è come un figlio che se ne va per ogni genitore, quei ragazzi non possiamo non sentirli figli nostri perché sono uguali ai figli nostri, stesso sorriso, stesse speranze, stessa incosciente voglia di volare.
I nostri figli non hanno un futuro ma solo un presente incerto e indefinito. Il presente esiste quando c'è un futuro, per questo i nostri figli corrono sulle auto, su internet, sulle onde radio dei telefonini. Corrono per fuggire l'immobilità del loro tempo. Fermi e in movimento. I ragazzi di Terni sono morti di notte mentre tornavano a casa, tutti così, allo stesso modo. Tornare a casa è sempre difficile così come è facile andarsene, per questo la loro casa è l'auto, la prima auto della loro vita. In auto c'è lo stereo, la musica e il gruppo e fuori solo una striscia di asfalto. Non c'è rapporto con l'esterno, non ci sono rumori fuori dell'auto, non si viaggia, si vola. Ed è così che i giovani sperano di definire la loro identità lontani dal resto del mondo finché non arriva una curva che è una curva, una cosa, cioè, che non si può ignorare. 
I ragazzi di Terni che ci guardavano dai giornali in questa brutta estate si possono chiamare solo così. Giovani o, al massimo, studenti. La loro unica identità è quella anagrafica. Non ci sono operai, impiegati, baristi, semmai la loro vita è legata al tempo libero, all'appartenenza ad una squadra di calcio, ad un circolo, ad una palestra.
A questi giovani che se ne vanno così in fretta, a tutte queste tragedie che segnano il territorio come tante croci, non sappiamo cosa rispondere. La nostra vita è fatta di regole ed è solo a queste che sappiamo guardare. Il codice della strada, la polizia, gli autovelox, l'alcotest. Servono? certo, ci mancherebbe, ma non bastano, e questo è sicuro. Dovremmo essere più severi, forse, e chissà se questo basterebbe. Le nostre regole sono spesso un po' patetiche. Funzionano per noi, che abbiamo attraversato già molto tempo e molto spazio e un secolo che è già così lontano, ma con i giovani è diverso. Cosa succede dentro una discoteca? non lo sappiamo. La polizia stradale può capire se hanno bevuto un bicchiere di troppo. Ai giovani di Narni avrebbe potuto fare una multa, ma una multa non li avrebbe salvati. Chissà qual è il limite del bere, del correre, e chissà qual è l'ora giusta per tornare a casa per una generazione che ha rotto con tutte le nostre convenzioni.
 Lungo la E45, dove ci sono spesso degli incidenti mortali, hanno messo delle cassette elettroniche tutte nuove, c'è una luce bianca che lampeggia e che si può vedere da lontano, ma non c'è, come poco prima di Todi, uno traccio di cartello che dica qual è il limite di velocità. Non ci sono i nuovi cartelli, ma restano quelli vecchi. Qual è il limite di velocità per questa amatissima superstrada? non lo sappiamo perché non c'è scritto. E qual è il limite nei tratti pericolosi? a Todi non c'è, però c'è prima della galleria dei Volumni, a Perugia. Se passiamo per Perugia possiamo sapere qualcosa di più delle regole che stabiliscono per noi quelli del ministero, se no, pazienza. E questi sono gli autovelox. Per sapere se un ragazzo può guidare dopo aver bevuto qualcosa si può comprare in farmacia un piccolo apparecchio che, però, non dà gli stessi risultati di quello della polizia stradale. Le nostre regole bislacche i giovani non le prendono sul serio, questo è sicuro, anche se non è giusto, comunque, non rispettarle. E poi i giovani non muoiono sulle superstrade perché quello è il territorio di chi viaggia, lavora, va in vacanza. Il mondo diverso di quelli grandi. I giovani muoiono nelle strade normali o in città e magari a pochi passi da casa, come un vizio assurdo, comunque diverso da quello degli altri.
Cosa c'è oltre le nostre regole? niente, non c'è niente. C'è il nostro modo di vivere, i nostri modelli di comportamento, la speranza di poter insegnare qualcosa a questa generazione così diversa, com'è persino ovvio, da tutte quelle precedenti. Il fatto è che non sono più i genitori, la famiglia, il contesto sociale e i valori comuni che tutte queste comunità producono a influenzare le scelte dei giovani. Non siamo più noi che possiamo decidere. C'è l'industria del consumo che tocca i desideri, le speranze, i sogni, il modo di essere dei nostri figli quando i nostri figli non sono più nostri ed escono di casa per vivere la loro vita, magari per una sola notte che, qualche volta, è anche l'ultima. Ed è qui che si deve tornare, inevitabilmente, al tema del lavoro e lasciare quello del tempo libero perché è nel lavoro che si forma e si definisce l'identità di ogni generazione. Anche in questo versante, però, c'è una diversità rispetto al passato. Oggi il lavoro è solo una parte della vita, almeno nelle aspettative di molti. Il lavoro come desiderio realizzato e non come riscatto sociale, com'è stato per i nostri padri. Se non c'è nel futuro di ogni giovane questo traguardo possibile, ma solo il tempo indefinito dell'attesa e del presente senza speranza, non c'è una giovinezza pienamente vissuta ma una adolescenza senza crescita, l'autismo di chi resta chiuso nella propria auto, qualche volta, per sempre.
                                                      
                                                renzo.massarelli@alice.it

(Pubblicato sabato 21 agosto sul Corriere dell'Umbria)

 



Renzo Massarelli

Inserito venerdì 27 agosto 2010


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