16/07/2024
direttore Renzo Zuccherini

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BRIVIDO CALDO
L'urbanizzazione intensiva della valle cortonese ha spezzato lo scambio virtuoso tra le acque del Trasimeno, le sue zone umide, e la città. Ci ha tolto il nostro ponentino, l'aria fresca della sera

                                 

  A Terni devono esserci rimasti davvero male. Ci sono tanti modi per perdere, ma perdere proprio sul terreno amico, l'afa estiva, è cosa difficile da digerire. Perugia toglie il primato di capoluogo più caldo d'Italia alla città della conca e dei miasmi acri delle ciminiere dopo averla superata  già da molto tempo nel numero degli addetti all'industria. Un bel colpo, davvero inaspettato per una città alta sulle valli, conosciuta come centro climatico, arcigna capitale dei quattro venti.
  Chi conosce e ricorda l'asfalto molliccio della Flaminia colpita dal caldo micidiale di Terni, stenta a crederci. Dove diavolo misurano le temperature a Perugia, in corso Vannucci o a Sant'Egidio? in alto o in basso? Le due città, che non si somigliano per nulla, tanto meno nel fluire delle stagioni, hanno un rapporto particolare con il clima e con tutte le sue bizzarre espressioni, solo che adesso i conti non tornano più. Terni era orgogliosa della sua nebbia invernale, fitta e impenetrabile come una coperta di lana. Una nebbia inglese, che dava ulteriore smalto alla Manchester italiana. Questa nebbia era figlia dei cento canali che dal Nera si disperdevano tra le antiche terre paludose per regalare energia idraulica agli opifici e nutrimento ai piccoli orti degli operai che non avevano dimenticato l'arte dei coltivatori. Spariti i canali, sparita le nebbia. A Perugia la nebbia era figlia del fiume, il Tevere, e dalla valle risaliva lungo i fossi sin alle mura della città antica. Poi si fermava, così che nelle giornate di sole si poteva guardare dall'alto il mare di ovatta fermo come un gatto appisolato. A Perugia la nebbia c'è ancora, ma capita più di rado, casualmente, e poi ha perso la sua vecchia compattezza, è più leggera, e forse per questo qualche volta attraversa le porte medievali, nella zona del Bulagaio o del parco di Santa Margherita, e si avventura tra i vicoli della città. La nebbia nel centro storico è davvero un fenomeno nuovo, inspiegabile quasi quanto il caldo d'estate.
  A Terni nessuno si è mai sognato di dire "è caldo, governo ladro" perché il caldo, o peggio, l'afa, è figlio naturale della città, quasi un titolo di identità, come la nebbia. Solo che anche il caldo, come tante altre cose, non è più quello di una volta, non è più così feroce, così irrimediabilmente insopportabile. Adesso si parla di temperature percepite che sono frutto del rapporto tra i dati obiettivi del termometro e l'umidità. Più c'è umidità più si sente caldo.
  Chissà a quale categoria appartiene il caldo perugino, o meglio, lo sappiamo. Quello percepito è di un grado inferiore, quindi non è l'umidità la nemica dei perugini, ma il caldo caldo, e basta. Sarà un'impressione, ma questo strano fenomeno è cresciuto nel corso degli anni con il crescere della città e la progressiva scomparsa delle aree verdi, diciamo nel corso di una generazione. Tutti possono ricordare, escluso i ventenni, si capisce, come fosse rischioso uscire di casa e farsi una passeggiata la sera per Corso Vannucci in piena estate senza portarsi dietro un pullover. Perugia ha sempre incontrato l'estate vera per una decina di giorni, per il resto clima secco e frizzante, come un brivido caldo. La scomparsa del nostro ponentino, che poi veniva dal nord, non come a Roma dove a ovest c'è il mare, ha segnato un cambio d'epoca, lo strappo definitivo con la campagna. Viviamo ormai in un territorio molto vasto dove case, strade, centri commerciali e direzionali costituiscono un complesso sistema urbano nel quale viene sempre più considerata marginale qualsiasi forma naturale di vita. Ci mancano i parchi, gli alberi e ci manca soprattutto il lago. Non che il mare di Perugia sia scomparso. C'è ancora, anche se l'acqua scarseggia, ma il fatto è che l'urbanizzazione intensiva della valle cortonese ha spezzato lo scambio virtuoso tra le acque del Trasimeno, le sue zone umide, e la città. Ci ha tolto il nostro ponentino, l'aria fresca della sera.
  Va bene, non si può avere tutto nella vita. Abbiamo, lungo l'asse Perugia, Corciano Magione, il più grande centro direzionale dell'Umbria, uno dei più ricchi del centro Italia. Per avere, mantenere e magari ampliare ancora zone commerciali come queste, stiamo mangiando con una voracità insaziabile terreni coltivati, colline, boschi, pinete, oliveti, il nostro patrimonio naturale più prezioso e, allo stesso tempo, senza valore.
  Naturalmente, non tutto comincia e finisce con la zona del lago e con la brezza di Corso Vannucci. C'è ancora molto da fare in tante altre parti. Via Settevalli, che non è una zona residenziale e nemmeno commerciale e nemmeno artigianale ma tutte queste cose messe insieme, crescerà ancora, vittima di un'espansione senza fine, nonostante non ci sia uno straccio di viabilità possibile ma un dedalo di vie di fuga ricavate tra gli spazi rimasti vuoti, tra un condominio e un capannone, a destra e a sinistra dell'unica e vecchia strada esistente.
  Poi sarà la volta dei campi bellissimi di Castel del Piano, tra il Tevere e la E45, prima di Pontenovo e Deruta. Ikea aspetta, e non sarà poi soltanto la grande società svedese ma tutti quelli che verranno dopo a catturare l'attenzione dei consumatori che inevitabilmente si dovranno spostare, da Corciano a Settevalli, da San Sisto a Collestrada, tutti pervasi dal brivido caldo che ci regalerà l'ennesima zona commerciale. Abbiamo perso il nostro ponentino ma abbiamo a disposizione l'aria condizionata di tanti centri commerciali. A conti fatti, siamo pari.
                                                       
                                                  renzo.massarelli@alice.it
(pubblicato sul Corriere dell'Umbria sabato 24 luglio 2010)



Renzo Massarelli

Inserito giovedì 29 luglio 2010


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Commenti

Nome: Stefano
Commento: Verissimo, ahinoi...quella che da sempre era una caratteristica di Perugia, la tramontana invernale (basta leggere Walter Binni, o il caro Sandro Penna), s'incontra sempre di meno in inverno, spodestata da una nebbiolina umida che spesso, da una ventina d'anni, tocca anche l'acropoli. E che dire, come si legge nel bell'articolo di Massarelli, del caldo estivo? Perugia assurta agli onori delle cronache nel corso degli anni per queste temperature record, quando da sempre, come dice mia madre, e come ricordano in tanti, pure in luglio e agosto, di sera tirava quel venticello refrigerante...per non parlare delle zanzare, mai viste in così gran numero nella città alta. C'è chi dice che, oltre all'urbanizzazione selvaggia e vorace la colpa sia stata della costruzione della diga di Montedoglio, o forse nessuno di questi motivi ma un più generale cambiamento climatico che investe tutta la penisola. Quali che siano le vere cause resta la perdita di una delle caratteristiche principali di Perugia (e una delle più belle per chi scrive).

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