Classi ponte, classi di inserimento, classi ghetto
Il Movimento di Cooperazione Educativa sulla scuola esclusiva ed escludente
La Camera ha approvato la mozione in materia di ''accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo'' proposta dalla Lega. Nel testo originario si chiede al governo l'impegno ''a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione e a istituire classi ponte, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti”. Nel corso del dibattito ogni mozione dell’opposizione è stata bocciata, e il testo definitivo ha accolto solo la richiesta del Pdl stesso, di modificare la definizione di ''classi-ponte'' in ''classi di inserimento''. La nuova formulazione approvata dal governo e condivisa da tutta la maggioranza prevede anche la sostituzione del termine ''autorizzare'' in ''favorire'', relativo all'ingresso alla scuola dell'obbligo attraverso un test. SENZA ALCUN CONFRONTO La modalità è ripetitiva e autoritaria: una mozione riguardante la scuola viene presentata in Parlamento senza alcun confronto con esperti, insegnanti, centri interculturali che operano in Italia da vent’anni. Ancora una volta, come nel decreto Gelmini, si va a distruggere qualcosa che, pur migliorabile, è buono e funziona. Infatti la legge italiana per l’inserimento degli allievi stranieri è all’avanguardia in Europa: tutti i minori hanno diritto ad entrare a scuola nelle classi anche se privi di documenti e in qualunque periodo dell’anno scolastico rispettando l’età anagrafica per permettere la socializzazione tra pari. Tutto questo non solo al fine di creare un clima di tolleranza e convivenza, ma per affermare il diritto di ognuno ad avere pari opportunità, partendo dalla propria identità e dalla propria cultura. NO ALLE CLASSI-GHETTO I minori stranieri che arrivano nel nostro Paese, come prescrive la carta dei diritti del bambino, vengono iscritti a scuola, ovviamente, senza dover conoscere preventivamente la lingua italiana. Formare classi separate, frequentate da portatori di lingue diverse fra loro (sono molte le nazionalità presenti nelle nostre scuole) non è certo quello dichiarato di favorire l’inserimento degli alunni stranieri attraverso una rapida ed efficace alfabetizzazione. Tante volte abbiamo constatato che ogni misura educativa che seleziona e separa intere categorie di persone, è foriera di discriminazione. Il metodo più naturale ed efficace per imparare a parlare e scrivere i propri pensieri in un’altra lingua, è la via diretta (full immersion) in condizioni di comunicazione ascolto e dialogo, i soli capaci di dare senso all’apprendimento che si sta proponendo. Chi educa sa che mettere insieme bambini di sesso diverso, di età diverse, di colore diverso, di diverse provenienze linguistiche, culturali, sociali e religiose è la strada consolidata (e più bella) per contribuire a creare un mondo nuovo, capace di scambio, rispetto, convivenza. Esistono già molte leggi che incoraggiano l’utilizzo da parte delle scuole di strumenti e supporti aggiuntivi, quali corsi di Lingua2 per tutto l’anno; la valorizzazione delle competenze pregresse e l’impiego di mediatori culturali; l’uso di librerie interculturali; una programmazione e una valutazione differenziata; la comunicazione con le famiglie, i percorsi di educazione interculturale nelle classi di inserimento per favorire la reciproca conoscenza e il rispetto di tutti. Ma le classi-ponte, dette di inserimento sono un’altra cosa: sono il frutto della malafede di chi soffia sulle paure e sui fantasmi etnico-culturali e costituiscono, di fatto, delle vere e proprie classi-ghetto. Esse finiranno per bloccare ogni sforzo di inter-azione e convivenza delle nuove generazioni, fino a generare l’opposto dell’integrazione che ipocritamente proclamano, cioè mostri di odio, intolleranza, e conflitti. Per il Movimento di cooperazione educativa si tratta di una misura xenofoba, che strizza l’occhio a concezioni discriminatorie, razziste e dunque anticostituzionali, una norma vergognosa che calpesta i diritti internazionali e la normativa italiana precedente. L’idea riproposta in questi giorni non è nuova. Comparsa nel 1928 (Testo Unico Istruzione) prevedeva scuole speciali e classi differenziali per "ritardati e/o indisciplinati" e durò per moltissimi anni, fino alle leggi 517 e 820. Ufficialmente dichiarava un nobile intento: dare più possibilità e più cura a chi ha meno vantaggio in partenza. Ma occultava e nutre una serie di paure : - la paura, inconscia, verso chi è diverso, e ritenuto potenzialmente pericoloso ;
- la paura, nascosta, che gli a-normali compromettano il rendimento dei normali e dei bravi
- la paura, taciuta, da certi insegnanti che pensano di non svolgere interamente i programmi o, peggio, di perdere posti di lavoro.
Nell'anno scolastico 1966/67 i bambini nelle differenziali erano circa 40.000. Nessuna ricerca, analisi, indagine ha mai dimostrato l'efficacia di quelle classi e cioè l'effettivo inserimento nelle classi 'normali' degli alunni provenienti dalle differenziali. Qualsiasi maestra anziana lo può confermare: quei bambini restavano come erano e talvolta la scuola, anziché prendersene cura, se ne liberava bocciandoli. Purtroppo per alcuni, le antiche paure, riciclate per gli stranieri, vanno bene anche oggi. E’ IN GIOCO IL FUTURO DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA Come già emerso in altri contesti europei di più antica tradizione migratoria, il rischio di formazione di sacche di emarginazione e di conflittualità è legato alle condizioni che la società e le sue istituzioni in primis la scuola offrono alle seconde generazioni e alle opportunità di promozione sociale che incontrano. Gravissimi fenomeni come quelli delle cronache recenti dimostrano che il tema ci tocca da vicino e su di esso si addensano contraddizioni e conflittualità sociale. Secondo il Movimento di cooperazione educativa la questione delle seconde generazioni è fondamentale nel definire sia la qualità dell’integrazione sia la qualità della convivenza tra persone appartenenti a culture diverse. La costruzione dell’identità, lo strutturarsi dei processi di integrazione e di convivenza devono partire nella classe come luogo di conoscenza e scambio. Alfabetizzazione linguistica, revisione dei curricula, personalizzazione dei percorsi e valutazione, interventi non solo sul singolo, ma sull’intera classe, sono tutte azioni importantissime e indispensabili per garantire pari opportunità per tutti a partire dalle culture di provenienza NON STIAMO A GUARDARE ! A tutti gli insegnanti che si sentono soli e non adeguatamente supportati in un lavoro di indubbia complessità, ricordiamo che in molte città ci sono Centri interculturali, biblioteche specializzate, siti, cooperative, associazioni e gruppi del Movimento cooperazione educativa, come la Scuola Interculturale di Formazione, il Progetto Aquilone e altri che lavorano da molti anni con le scuole sul tema dell'educazione interculturale. Riaffermiamo insieme l'importanza di una scuola pubblica di tutti e per tutti, e non lasciamo che le scelte di politica educativa nel Paese vengano imposte e decise da chi non conosce la scuola, i ragazzi, le famiglie, le grandi fatiche e le piccole vittorie quotidiane della relazione educativa. Gli insegnanti sono i soli ad avere la responsabilità educativa dei propri allievi e a partire dalla comunità/classe si possono porre le basi per un modello di società solidale e accogliente in cui gli allievi italiani e figli di immigrati imparano a conoscersi, rispettarsi e a cooperare per diventare cittadini con pari opportunità, consapevoli dei diritti e dei doveri di vivere in una società complessa, dove nessuno può essere emarginato, nessuno considerato "extra". Altrimenti saremo destinati a diventarlo tutti: ognuno "extra" per l'altro. Ottobre 2008
Movimento di Cooperazione Educativa
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