IL CAOS ORGANIZZATO
Durante Umbria Jazz, a Perugia non funziona quasi nulla, eppure tutto si aggiusta come per una naturale disposizione
Durante il periodo di Umbria Jazz Perugia sembra più bella, più a suo agio con i suoi nuovi ospiti, più allegra e, soprattutto, comprensiva. Più comprensiva. E' come improvvisamente cambiasse d'umore e si lasciasse alle spalle gli acciacchi dell'età e la irrimediabile solitudine dei suoi borghi. Il fatto è che in questo periodo la ritroviamo così come la vedono e un po' la immaginano i turisti. E' la città così come dovrebbe essere tutto l'anno, vissuta e garbatamente usata da persone che non sono semplicemente i soliti turisti, ma qualcosa di diverso. E' il popolo di Umbria Jazz, unico e irripetibile che ha stabilito ormai da tempo un rapporto speciale con una città così attraente. Questa condizione si può vedere solo ora e qui è il successo di una manifestazione dove il linguaggio così estremo e niente affatto convenzionale della musica si esprime in una città così antica e altera. In realtà, un po' tutta l'Umbria trovò già negli anni settanta un rapporto felice con Umbria Jazz anche se, alla fine, la carovana si ritrovava inevitabilmente in Piazza IV Novembre e in Corso Vannucci, per il concerto finale. A Umbria Jazz i perugini riescono a perdonare tutto, o quasi. La musica che vola sin dentro le valli e più lontano delle case dei borghi a tutte le ore, nel pomeriggio e a tarda sera, le piazze occupate dai concertini, le difficoltà di parcheggio e persino di transito, l''espropriazione non proprio proletaria di ogni spazio, il caos niente affatto calmo che si diffonde un po' ovunque. Durante Umbria Jazz, a Perugia non funziona quasi nulla, eppure tutto si aggiusta come per una naturale disposizione venuta chissà da dove. E' un caos organizzato per la pura magia della musica. Da tempo i grandi concerti non si dispongono più all'ombra dei palazzi medievali ma nei teatri e nel vecchio stadio di Santa Giuliana, eppure il naturale palcoscenico di Umbria Jazz è il centro storico, le sue vie e le sue piazze. Chi abita in questo posto sa cosa lo aspetta e, se non è interessato ai concerti, se ne va in vacanza. Se è in grado di farlo, si capisce. Non ci sono diritti per i residenti in questi giorni e, in ogni caso, quando ci sono? Del resto, la città, a parte l'eccitazione dei gestori di alberghi, bar, birrerie, ristoranti e pizzerie, non si preoccupa un gran che dei suoi preziosissimi ospiti. Caos organizzato e basta. E' curioso vedere, comunque, come i grandi eventi trovino una naturale residenza a Perugia. E' qui che fanno fortuna, e questo è anche il destino beffardo di una città con tanti problemi che improvvisamente scopre di essere il luogo desiderato e desiderabile per tante gente che viene da lontano. Eurochocolate, per dire, è stata quasi ignorata in grandi città come Roma e Torino, ma nel luogo dove l'idea di Guarducci è sbocciata, dopo alcune stagioni freddine, anche se piacevolissime, grandi numeri e grandi incassi. Certo, le due manifestazioni non si somigliano proprio, le ragioni sono note e sin troppo evidenti e forse è per questo che i perugini che con i disagi di Umbria Jazz sono così pazienti, con Eurochocolate non c'è verso. Lasciamo stare le ragioni culturali che nella kermesse del cioccolato sono evanescenti come i bamboccioni di plastica e la mucca Milka. Molta aria e un po' di plastica. Il fatto è che Umbria Jazz produce una grande musica e questo tutti lo capiscono. Le ragioni del cioccolato sono talvolta un po' oscure e in città nessuno capisce come mai tanta gente faccia una fatica bestiale semplicemente per arrivare in Corso Vannucci. Così come il festival musicale si può bere con calma come un aperitivo moderatamente alcolico e fresco al punto giusto, così Eurochocolate è emergenza continua, roba da protezione civile, con le autoambulanze pronte e le strade sbarrate per tutte le necessità di soccorso. Va bene, c'è chi trova piacevole tornare ai vecchi giochi infantili, immergersi nella festa come si fa nel paese dei balocchi. La festa è gratis, perché non farci un salto? Del resto, è come andare al supermercato e trovare i banconi pieni, il posto dove c'è tutto, basta allungare una mano. C'è un evento, infine, che non è così grande, però torna tutti i mesi. Non è una manifestazione culturale e nemmeno una enorme fiera commerciale. Non è esattamente, come la chiamano, la fiera dell'antiquariato, ma una cosa che somiglia al mercato delle pulci. Ci sono i mobili antichi, certo, ma anche vecchie cartoline, libri usati e un'infinità di oggetti scovati in chissà quante soffitte. Alla gente piace e gli ambulanti vengono volentieri, Perugia è pur sempre Perugia, e così per due giorni Piazza Italia si riempie di bancarelle e di visitatori. Va bene, non saranno così eleganti come gli ombrelloni di Piazza delle erbe a Verona, ma che importa. Siamo sempre al caos organizzato, a una interessante rassegna di oggetti poveri ma belli e a un evento non proprio trascurabile, anche dal punto di vista commerciale. Cose così, e molto più grandi, ci sono in tante città italiane e qualche ambulante si può incontrare a Perugia e poi, magari, a Ferrara. Questi mercatini si sposano benissimo con le città d'arte. A Vicenza, da Piazza dei Signori, le bancarelle occupano metà della città antica. E' vero, ad Arezzo fanno le cose ancora più in grande, ma loro hanno una lunga tradizione e una floridissima cultura del mobile antico. A Perugia il mercatino sopravvive in mezzo a tante difficoltà. Non a tutti piace, dicono, neanche al Palazzo e all'assessore competente. Chissà perché. Gli ambulanti non sono così sicuri che nel prossimo ultimo fine settimana del mese potranno tornare. Il mercatino è stato da tempo, è il caso di dire, sloggiato dai portici della Prefettura, poi dai giardini Carducci dove soggiornano tranquillamente i grandi eventi, e non è detto che non debba lasciare anche Largo della Libertà, lo spazio davanti al Brufani. Verrà confinato, se riuscirà a sopravvivere, solo tra le aiole di Piazza Italia e all'ombra del monumento del Re a cavallo. Vietato sconfinare. La piazza monumentale della città, per dire, non si nega neanche ai nani e ballerine, di materiale gonfiabile, si capisce, e a due passi dalla Fontana Maggiore, che non protesta.